L’aula del Senato ha approvato il decreto legge editoria, in materia di riordino dei contributi pubblici alla stampa di partito e alle società cooperative nonchè di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale. I sì sono stati 232, i no 18 e 30 gli astenuti. Il testo, che scade il 20 luglio, passa alla Camera in seconda lettura. A favore hanno votato Pdl, Pd, Terzo polo e Lega. Ha votato contro l’Idv, Coesione nazionale si è astenuta. In dissenso dal gruppo Fancesco ’Pancho’ Pardi ha votato sì dicendo: "pur se non perfetto il provvedimento consente di dare un aiuto a un’editoria che altrimenti sarebbe sopraffatta". Altri senatori, in dissenso dai gruppi, si sono astenuti, come Candido De Angelis (Terzo polo-Api-Fli). Svariate le novità al testo rispetto alla versione uscita da Palazzo Chigi, che aveva come principale obiettivo la rideterminazione dei requisiti di accesso ai contributi, in modo da renderli piùselettivi. Il principale criterio per raggiungere l’obiettivo è la correlazione tra entità dei contributi e vendite effettive delle testate, con un determinante salto di qualità rispetto al requisito della legislazione precedente, ed ai livelli di occupazione professionale. La prima è l’abbassamento al 25% (nel testo base era il 30%) del rapporto tra copie vendute e copie distribuite. Dall’anno prossimo, quindi, i giornali che vorranno vedersi riconosciuti i contributi dovranno vendere almeno il 25% del totale delle proprie copie di tiratura in edicola, escluso lo strillonaggio o le vendite in blocco. Attualmente, per aver accesso alla contribuzione basta vendere in edicola appena il 15% delle copie, filtro considerato troppo esiguo. Per le testate locali, invece, il rapporto tra copie tirate e copie vendute in edicola deve essere almeno del 35%. Ancora, abbassamento anche del numero di regioni in cui bisogna distribuire la testata per essere considerati periodico a tiraturanazionale: da 5 regioni a 3. Novità in vista anche sul fronte della pubblicità on line (comprese le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione). Tutti i ricavi rientreranno nel paniere dei ricavi del Sic, il Sistema integrato di comunicazioni, su cui si calcola anche il tetto ’anti posizioni dominanti’ del 20%. Inoltre viene previsto che le concessionarie di pubblicità sul web dovranno essere iscritte nel registro degli operatori di comunicazione. Cambiano le regole anche per le cooperative editrici: per accedere ai contributi pubblici, oltre a garantire il fatto di essere composte esclusivamente da giornalisti, poligrafici, grafici editoriali con prevalenza di giornalisti e di avere la maggioranza dei soci dipendente della cooperativa con contratto a tempo indeterminato, "devono comunque essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l’esercizio di riferimento dei contributi". Per il resto, il requisito occupazionale prevedeche le società editrici di testate quotidiane abbiano almeno 5 dipendenti con contratto a tempo indeterminato per l’intero esercizio di riferimento, mentre per le testate periodiche tali dipendenti scendono a 3. Approvato anche un emendamento che punta alla delegificazione per i ’piccoli’ periodici on line e un altro che introduce semplificazioni in materia di tariffe postali per l’editoria no profit. Con una modifica, chiesta dalla commissione bilancio, si prevede che dalla fine del contenzioso con poste italiane sul rimborso delle tariffe agevolate relative ai primi tre mesi del 2010 devono derivare risparmi per almeno 10 milioni di euro. Infine, il decreto interviene anche sulla distribuzione, imponendo a edicole e rivenditori, a partire dal primo gennaio 2013, la tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali quotidiani e periodici attraverso l’utilizzo degli opportuni strumenti informatici e telematici basati sulla lettura dei codici a barre. Per favorirel’adeguamento tecnologico degli operatori è previsto un credito di imposta per il 2012 nel limite di 10 milioni di euro, da finanziare attraverso risparmi. La disposizione mira anche alla diffusione della moneta elettronica. C’è stata una forte polemica prima dell’approvazione del decreto sulla questione delle "quote rosa". L’Italia dei valori ha votato contro l’emendamento al decreto sull’editoria che prevedeva il 10% in più di contributi per le società che hanno Comitati di redazione (l’organismo sindacale dei giornalisiti, ndr) ’rosa’: "E’ inaccettabile pensare di remunerare la rappresentanza di genere, un principio di civiltà non può essere legato ad una sorta di ricompensa", ha dichiarato intervenendo in aula la senatrice Patrizia Bugnano, dell’Idv. "Ancora più grave - ha aggiunto - il fatto che l’emendamento fosse applicato ai comitati di redazione delle aziende editoriali; gli organi sindacali preposti alla difesa dei diritti dei lavoratori non possono essere soggetti anessun tipo di rapporto economico. Si tratta quindi di una proposta inaccettabile, completamente diversa da quella prevista per le quote rosa nei Consigli d’amministrazione di cui ci siamo occupati qualche mese fa, tanto che il nostro voto in quell’occasione è stato favorevole".
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