La spending review è legge Via libera definitivo alla Camera
 











Ministro Grilli

Il decreto sulla spending review è legge. L’Aula di Montecitorio ha approvato definitivamente il testo con 371 voti a favore, 86 contrari e 22 astensioni. Presenti 479 deputati, i votanti sono stati 457. Il via libera arriva dopo una mattinata di lavori: prima la fiducia, la 34esima dell’esecutivo Monti, incassata dal Governo con 403 voti favorevoli, 86 contrari e 17 astenuti, poi l’esame degli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto e il voto finale. "Qualche imperfezione c’è, alcune cose vanno riviste sul fronte della spesa sociale" ha commentato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, al termine di un incontro a largo del Nazareno con il segretario socialista Riccardo Nencini. "In autunno, con la legge di stabilità", ha continuato Bersani, "chiederemo che vengano fatte delle correzioni, perché va bene tagliare gli sprechi, ma non la spesa sociale".
Nella mattinata Giorgio Merlo, Pd, aveva parlato di una "fiducia scontata vista ladelicatezza dell’argomento e se fossimo andati a un dibattito parlamentare normale ci sarebbero state parecchie defezioni". E aveva aggiunto: "Auspico che il Pd vigilerà affinché i servizi di base non vengano messi in discussione. Il servizio sanitario dovrà rimanere universale. Dopodiché i tagli sono tanti, ma sui servizi alla persona, garantiremo la tutela dei diritti".
Terminato l’iter del decreto sulla spending review, e dopo l’arrivo di quello sull’Ilva tra stasera e domani,l’Aula della Camera tornerà a riunirsi il 5 settembre, "fatte salve emergenze che richiedano una convocazione durante la pausa estiva". Lo ha stabilito la Conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Le commissioni torneranno invece al lavoro il 3 settembre.
Le misure. Tra le principali novità 1 introdotte durante l’esame parlamentare, le tasse universitarie più alte per i fuoricorso, compensato dal blocco delle tasse per i meno abbienti fino al 2016; l’addizionale irpef più cara per le regioni in deficitsanitario; il tetto a 300mila euro per gli stipendi dei manager e dei dirigenti delle aziende partecipate dello Stato. Nella sanità, tagli ai posti letto negli ospedali: 3,7 ogni 1000 abitanti (oggi è 4). Nella PA, riduzione del 20% dei dirigenti pubblici, -10% del personale non dirigente. Buono pasto non oltre 7 euro.
Arrivano poi 800 mln per i comuni e l’austerity entra anche in Bankitalia: buoni pasto da 7 euro, dal 1 ottobre, e stop alle consulenze esterne ai dipendenti in pensione. Non saranno più retribuite, inoltre, ferie, permessi e riposi non fruiti. Taglio del 50% alla spesa per il noleggio delle auto blu e per i buoni taxi rispetto al 2011. Per quanto riguarda i farmaci, resta l’obbligo per il medico di indicare il principio attivo nella ricetta, ma avrà anche la facoltà di indicare il nome del farmaco, motivando la scelta. La scelta sarà vincolante per il farmacista.
Niente accorpamento, invece, ma ’riordino’ per le province. Restano invariati i criteri minimi:dimensione territoriale non inferiore a 2.500 chilometri quadrati e popolazione residente non inferiore a 350mila abitanti; aiuti per i terremotati: 6 mld destinati a imprese e cittadini. Buone notizie per la ricerca: salta, infatti, il taglio previsto di 30 mln ai fondi.
Le proteste dei sindacati. Per tutta la durata delle votazioni, le categorie del pubblico impiego Cgil e Uil hanno manifestato il loro dissenso, organizzando un presidio con flash mob a Piazza Montecitorio. Per i sindacati, la spending review è una "mannaia del Governo che taglia in modo insensato e iniquo le risorse destinate ai servizi pubblici, mina alla base le radici dello stato sociale, determinando le condizioni per una completa destrutturazione della pubblica amministrazione a vantaggio dei privati senza scrupoli". I sindacati hanno esposto bandiere, palloncini e cartelloni con l’immagini della mannaia su cui campeggia la scritta "nuovi strumenti di Governo".
Lo scontro Pdl-Monti. I deputati del Pdlhanno fatto andare sotto il Governo su un ordine del giorno del decreto per la spending review che riguarda la sicurezza. "Lo abbiamo fatto apposta - spiega il tesoriere del gruppo Pietro Laffranco - per protesta contro le parole di Monti 2 su Berlusconi. Ha detto una sacrosanta sciocchezza e noi abbiamo voluto lanciare un segnale". L’intervista rilasciata dal premier al Wall Street Journal ha fatto infuriare il Popolo della Libertà che già stamattina, durante il voto di fiducia posta dal Governo sul dl per la spending review, ha manifestato malcontento: solo 125 su 209 deputati del Pdl hanno, infatti, votato sì; quindi 84 pidiellini non hanno sostenuto l’esecutivo. Di questi ultimi, 14 hanno espresso voto contrario, 16 gli astenuti, 8 in missione e 46, invece, quelli che non hanno partecipato al voto, tra cui figurano Silvio Berlusconi e il segretario Angelino Alfano.
Le accuse di Di Pietro. "Questo sconosciuto Presidente della Repubblica...! Dico sconosciuto perché queste paroleoggi non le riconosco più". Il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, torna ad attaccare il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Intervenendo nell’aula della Camera nel corso delle dichiarazioni di voto sulla spending review, l’ex pm critica il ricorrente uso dei decreti da parte del Governo. Per farlo sceglie di citare i messaggi di Napolitano alle Camere sulla decretazione d’urgenza: snocciola i rilievi del Colle sull’abuso dei decreti e per ben sei volte si riferisce a Napolitano come "questo sconosciuto Presidente". E sull’esecutivo di Monti: "Il Parlamento ha rinunciato a mantenere la democrazia in questo Paese. Monti sta distruggendo l’economia e lo stato sociale in nome della quadratura dei conti".









   
 



 
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