Privatizziamo tutto, ma sì! Si sa che i privati fanno tutto meglio del «pubblico» intrallazzone, che ruba a man bassa e si fa gli affari suoi. Non siamo impazziti. Il sospetto che dietro questi discorsi mainstream si nascondano interessi corposi e maleodoranti lo avevamo già. Vederseli comparire davanti, mentre alcuni precari protestano davanti alla sede del ministero di giustizia (la «grazia» era già stata abolita da un ingegnere leghista, Castelli), è comunque una sorpresa. La storia dei precari è semplice, nel suo ripresentarsi sempre simile. Ma questi lavorano da anni, almeno otto, nei tribunali. Per conto di due società private diverse - la Insiel e Data Service - dovevano occuparsi di «formare» personale di ruolo nell'utilizzo dei sistemi informatici: scannerizzazione degli atti processuali, archiviazione elettronica, data entry, ecc. Naturalmente si sono ritrovati ben presto a fare lavoro di cancelleria come gli altri (con la giàimportante differenza di non essere entrati per concorso e di non aver dovuto «prestare giuramento di fedeltà» allo Stato) in gangli alquanto delicati come le esecuzioni immobiliari, le procedure fallimentari, gli uffici dei giudici di pace, le corti d'appello sia civili che penali, le stesse procure. Con la finanziaria 2007 (l'anno scorso) sono stati tagliati un po' di fondi anche alla giustizia e loro sono stati i primi a saltare. Fin qui sono andati avanti a forza di proroghe, ma ormai i giochi sono giunti al termine. Per quelli di Data Service c'è la cassa integrazione e poi la mobilità; per quelli di Insiel niente di niente. L'unico sindacato che ha cercato di difenderli è stato finora la Cub-RdB. Domanda: chi sostituirà questi tecnici (visto che al ministero non ne hanno in organico)? Risposta semplice, almeno in alcuni uffici: la Asteimmobili Servizi spa, società «basata» a Biassono, in provincia di Milano. A favore di questa scelta sembra abbia pesato un vantaggiocompetitivo imbattibile: il servizio è offerto gratuitamente. Non avete letto male: gratis. Seconda domanda, perciò: come mai un imprenditore dovrebbe offrire una prestazione gratuita allo stato? Beh, la risposta è seccante: perché la Asteimmobili ecc. è proprietà dell'Abi, l'associazione delle banche italiane, che avrebbe investito 3,5 milioni di euro in questa operazione. Un'offerta veramente generosa, segno inequivocabile di quanto venga sentita la «responsabilità sociale» ai vertici dei nostri istituti di credito. Fatto sta che a Roma, Genova e Milano, all'interno di alcune stanze dei tribunali, si sono già installati un po' dipendenti di questa nuova società - precari, of course, con contratti a progetto e 950 euro al mese - tenuti rigorosamente separati dai «pubblici». I precari vecchi, nonostante fossero ormai altamente qualificati, sono stati scartati dopo un colloquio pro forma in quanto «troppo sindacalizzati». E così si va allargando a macchia d'olio questaoccupazione bancaria - privatissima, ne siamo certi - di attività piuttosto sensibili come la trasformazione dei pignoramenti degli immobili (chiesti al 99% dalle stesse banche!) in vendite all'asta; oppure le procedure fallimentari di società (che devono soldi alle banche, altrettanto spesso); l'archiviazione (o no, si potrebbe anche sospettare, visto che non sempre il deposito di un atto processuale di diritto civile prevede rilascio di una ricevuta) degli atti e delle sentenze. Non c'è dubbio: le banche gestiranno questi servizi con molta più efficienza. Magari con un po' di minore attenzione per l'«interesse pubblico». Come mettere Dracula a gestire la banca del sangue... E' naturalmente possibile affermare che non ci sia qui un «interesse privato in atti d'ufficio» e che le banche si siano convertite alla beneficienza. Ma sarebbe veramente troppo chiedere a tutti noi di crederci. E di chiedere a nostra volta: chi ha preso la decisione politica di fare questo regaloincalcolabile alle banche? E ancora: perché tutti, sindacati compresi, tacciono?da Il Manifesto
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