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Sul ddl diffamazione sta per suonare il de profundis |
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Il Senato ha deciso di calciare il pallone in tribuna. Il disegno di legge sul reato di diffamazione ha abbandonato l’Aula per tornare in commissione Giustizia. Uno stop del procedimento legislativo in grado di disinnescare l’iter del provvedimento precedentemente licenziato dal parlamentino di Palazzo Madama. L’accordo raggiunto in precedenza tra i vari partiti ha dimostrato la sua gracilità. Alle indecisioni di larghi settori del Partito democratico si sono aggiunti dubbi e ripensamenti del Pdl. Inizialmente il ddl si sarebbe dovuto occupare della mera eliminazione della pena detentiva in caso di diffamazione a mezzo stampa. Una novella in grado di evitare il carcere al giornalista Alessandro Sallusti. Incomprensibilmente, i relatori del testo hanno permesso di far caricare di altre norme l’articolato. Modifiche in grado di rivoluzionare la materia editoriale, soprattutto per quanto concerne la diffusione di scritti attraverso il web. Ieri,i primi problemi si sono registrati sul deposito dei subemendamenti all’emendamento più volte riformulato dai senatori Pdl Balboni e Mugnai sulla modulazione dell’interdizione dalla professione giornalistica. In base all’ultima versione messa a punto dai firmatari e letta in Aula, si sarebbe introdotto il principio della discrezionalità da parte del giudice nell’applicazione o meno dell’interdizione come pena accessoria, valutata la gravità dei fatti. La prima volta in cui il giornalista incorre nella fattispecie della diffamazione, l’interdizione può essere applicata per un periodo da 1 a 3 mesi; successivamente, nel caso nell’arco dei due anni successivi il professionista incorra nuovamente nello stesso reato, il giudice può nuovamente valutare la possibilità di comminare la pena dell’interdizione per un periodo da 3 a 6 mesi. Ad ogni ulteriore condanna per fatti connessi nei due anni successivi alla precedente condanna, la pena possibile va da 6 mesi a 1 anno. Un deciso inasprimentodelle sanzioni in grado, tra le altre cose, di travalicare le competenze dell’Ordine dei giornalisti. Dopo qualche minuto si è optato per il rinvio in Commissione del solo articolo 1. Un espediente utile a favorire un accordo tra i senatori. Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl, ha preteso garanzie precise dalla Presidenza. “È necessario avere certezza rispetto alla convocazione di una nuova seduta in aula martedì prossimo per il provvedimento la cui urgenza è chiara a tutti sia per la libertà di informazione che per la garanzia dei diffamati – ha spiegato l’ex An – Il rinvio sic et simpliciter di tutto il testo non è possibile”. La situazione è però precipitata dopo qualche ora. Uno dei relatori, Silvia Della Monica (foto), senatrice del Pd, si è addirittura augurata lo stop del ddl. “L’Aula ha mostrato l’insofferenza per una legge affrettata fatta sull’onda di un caso concreto - ha spiegato la componente della commissione Giustizia – che può avere altre vie per la suadefinizione”. Insomma, il Pd si chiama fuori dai piani del Pdl. A stigmatizzare l’accaduto è anche la Lega Nord, partito arrivato al punto di definire “incapaci” i relatori di Pd e Pdl. Anche i senatori radicali Marco Perduca e Donatella Poretti hanno criticato l’accordo precedentemente raggiunto tra il Pdl e una parte del Pd. Per i Radicali si rende necessaria la depenalizzazione della responsabilità oggettiva del direttore di testata ma non si può pensare di cancellare dal diritto penale le sanzioni previste per i “diffamatori di professione”. Il sindacato dei giornalisti e le altre associazioni di categoria hanno accolto con favore le notizie provenienti dal Senato. Il Pdl sembra comunque pronto a tutto pur di far arrivare la legge la prossima settimana alla Camera. Eppure, è proprio da Montecitorio che i partiti potrebbero ripartire. Sono state infatti depositate due proposte di legge molto simili e incentrate solamente sul testo del codice penale. Un testo è stato depositatodal Pdl Bruno Murgia l’altro da Antonio Di Pietro insieme ad altri appartenenti al gruppo dell’Idv. L’argomento ha dimostrato tutta la sua delicatezza. È innegabile l’intento punitivo di alcune forze politiche, un atteggiamento pericoloso per i giornalisti e per i comuni cittadini.Matteo Mascia
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