La scienza in televisione: serva o padrona?
 











Una spruzzatina di scienza in tv conviene a tutti. Superquark, Voyager, Elisir, prove del Dna, informazioni nei Tg sulle ultime scoperte: le emittenti hanno un ingrediente in più da cucinare nei loro programmi. Gli scienziati, d’altro canto, vogliono comunicare al grande pubblico il senso del loro lavoro.
Per giustificare le ingenti richieste di fondi destinati alla ricerca. La televisione rimane di gran lunga lo strumento più efficace per farlo. Eppure, inserita nel flusso televisivo, la scienza è coinvolta in un’interazione che non può controllare. La comunicazione, infatti, non è un semplice travaso di informazioni. Come presume il vecchio modello della divulgazione scientifica. Sta qui la radice del rapporto problematico che lega scienziati e televisione: una relazione ambivalente fatta di amore e di odio, di travolgenti infatuazioni e di brucianti disillusioni.
Gli scienziati riconoscono l’importanza dei media per comunicare con ilpubblico; al tempo stesso li giudicano superficiali. Finiscono per indicarli come la causa principale di atteggiamenti ostili nei confronti della ricerca scientifica. L’accusa ai media è di distorcere il senso e i contenuti della ricerca; di non saper distinguere fra i risultati di valore e quelli privi di fondamento. Gli scienziati vorrebbero dalla televisione spirito di servizio e obbedienza; per diffondere i frutti del loro impegno.
La televisione cerca invece di imporre le proprie regole: poco spazio per l’approfondimento, prevalenza delle immagini sulle parole, sintesi semplificate del complesso processo di ricerca e dei suoi risultati, criteri di selezione dei contenuti e dei personaggi ben diversi da quelli utilizzati dalla comunità scientifica. “Come nella serva padrona di Pergolesi, la scienza credendo di potersi servire della televisione per i propri obiettivi, finisce per essere usata dai meccanismi della comunicazione televisiva”, affermano i sociologi dell’Università diPadova Federico Neresini e Paolo Magaudda, nel volume“La scienza sullo schermo” (Il Mulino).
Programmi di divulgazione e telegiornali, fiction e talk show, mostrano “una scienza priva di riferimenti al processo e al contesto della sua produzione, ipostatizzata nell’universo incorruttibile dell’oggettività scientifica anziché nel mondo controverso della ricerca e in quello ugualmente contraddittorio della vita quotidiana”.
In televisione, sostengono Neresini e Magaudda, “essere fraintesi è il prezzo da pagare per poter comunicare, non un incidente di percorso che si può, volendo, evitare”. Non ha senso andare a caccia degli errori che la televisione compie quando parla di scienza. I programmi tv ignorano il processo della ricerca scientifica; specialmente il suo procedere per tentativi e gli inevitabili passi falsi. Il racconto televisivo punta sui risultati acquisiti e dati per scontati. Una volta entrato come esperto nel circuito della televisione, allo scienziato può esserechiesto di esprimere pareri sugli eventi più disparati. Senza che i titoli scientifici gli riconoscano una qualche posizione di privilegio rispetto a cantanti, attori e altri personaggi dello spettacolo. Nei talk show prevale una dinamica comunicativa basata sulla contrapposizione di parti avverse: impossibile argomentare. La televisione insomma detta regole, temi, ruoli e funzioni. Attribuisce la qualifica di esperto ai soggetti più diversi. La metafora della “serva padrona” vale quindi per entrambi i termini della relazione: sia per la televisione, sia per la tecno-scienza. E le lega l’una all’altra in modo indissolubile.
Il peso delle notizie a contenuto tecnoscientifico sulla durata complessiva dei Tg risulta di un certo rilievo. Sebbene abbastanza contenuto.
Si attesta su un valore medio del 6/7 per cento. Tg1, Tg4, Tg5 sono le testate con maggiore spazio alla tecno scienza: mediamente il 9% della durata totale delle rispettive edizioni. Invece Tg2, Tg3, Studio aperto eTgLa7 si confermano i notiziari con meno spazio: circa il 5% della durata totale delle edizioni. Lo spazio non è trascurabile. Sulle reti Rai il Tg1 abbina ad un’alta percentuale di notizie trasmesse una visibilità del 58%. Propone servizi con una durata vicina alla media. Il Tg2, invece, con una minore frequenza rispetto al Tg1 le premia con una maggiore visibilità. Il Tg3, seppure con frequenze piuttosto contenute, conferisce alle notizie una buona visibilità con una durata media dei servizi tra le più alte (quasi due minuti). In campo Mediaset, il Tg4 non si discosta molto da Tg1 e Tg3: a fronte di un cospicuo numero di notizie rilevanti trasmesse, propone servizi di durata superiore alla media; confermando la tendenza di tali testate a dedicare maggiore spazio a queste notizie rispetto agli altri telegiornali. Il Tg5 mostra un andamento più lineare, abbinando all’alta frequenza di notizie rilevanti un’alta visibilità.
Studio aperto e TgLa7 condividono una distribuzione piuttostoirregolare sia delle frequenze delle notizie trasmesse, sia della loro visibilità.
Per catturare l’interesse dei telespettatori si fa ricorso alle immagini. Ma solamente quattro notizie tecno-scientifiche su dieci utilizzano immagini riferibili alla scienza e alla tecnologia. Il “fare scienza” diviene raramente oggetto di rappresentazione. “Il ricorso a immagini stereotipate, asettiche e rassicuranti ottiene l’effetto comunicativo di rappresentare la tecnoscienza come attività priva di problematiche”. I cui risultati arrivano sulla scena sociale “pronti per l’uso” puramente strumentale, dunque neutrale, da parte di tutti noi. Paradossalmente la “scienza nelle notizie di scienza” è relativamente scarsa. Vi è una complessiva carenza di informazioni e di altri elementi che permettano di contestualizzare la notizia tecno-scientifica come tale.
In tv, avverte nel suo intervento il sociologo Renato Stella, non è rispettato alcun ordine tra saperi o tra competenze. Avviene perciò chescienziati intervengono su questioni non immediatamente scientifiche e non esperti intervengono su questioni scientifiche. Un’attrice, un campione sportivo o un cantante possono discutere con un clinico su aspetti di una certa malattia, a partire dall’assunto che tutti hanno diritto di parola in televisione. La tv non persegue l’obiettivo di ottenere l’informazione più completa. La capacità di “stare in scena” degli esperti a volte prevale sulla competenza tecnica. La tv consente a persone comuni di misurarsi con degli esperti senza avere i titoli e le credenziali necessarie.
Quanto al confine tra scienza e spettacolo, l’analisi di Michela Drusian pone a confronto Superquark e Voyager. Si tratta di due trasmissioni molto diverse, eppure molto simili a livello strutturale. In entrambe c’è un conduttore-cicerone che tiene le fila del programma, presenta e commenta i servizi, intervista ospiti. Quanto ai temi Voyager si occupa di argomenti misteriosi, leggendari, incerti. Capaci moltospesso di evocare atmosfere surreali e di far leva sul desiderio dei telespettatori di conoscere cose insolite. Si enfatizza quindi l’aspetto del segreto e dell’inaccessibilità di un sapere che sfugge ai criteri approvati dalla scienza. I telespettatori sono attratti da ciò che è per loro lontano. E che acquista tanto più fascino quanto più riesce a evocare spiegazioni inammissibili da parte della “scienza ufficiale”. Superquark invece propone servizi sempre nuovi su argomenti diversi. Presenta inoltre numerose rubriche in cui si affrontano materie vicine alla vita quotidiana: cucina, musica, educazione e così via. Offre insomma pezzi di conoscenza scientifica garantiti e legittimati.
La medicina è la scienza più trasmessa e seguita dai pubblici televisivi europei. Essa costituisce un tema di discussione privilegiato per il talk show generalista. La medicina consente uno sfondo scenico che legittima il parlare del corpo e il far parlare il corpo in pubblico. Il corpo introduce unanuova dimensione di veridicità. Conferisce perciò solidità alle argomentazioni. Evita l’astrattezza dei dati scientifici, pur ricavati da accurate ricerche sperimentali. La medicina risulta l’ambito di discussione ideale in cui mettere in scena i meccanismi drammaturgici del delicato equilibrio tra spettacolarizzazione e informazione su cui si reggono i dibattiti della neotelevisione.
I contributi di Stefano Scalchiero, Cosimo Marco Scarcelli, Andrea Lorenzet, Mauro Turrini, Claudio Riva, Marco Rangone, per la varietà dei temi trattati e gli approcci di analisi utilizzati, completano l’inedita e consistente panoramica sul rapporto tra tecno-scienza e tv. Pasquale Rotunno









   
 



 
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