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Ddl diffamazione. La vendetta dei moralisti a tinte fosche |
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Alla fine il bavaglio alla stampa è arrivato. Non solo a livello pecuniario ma anche con la carcerazione. Stiamo parlando della riforma della legge sulla diffamazione su cui da tempo i partiti centrodestri e centrosinistri si confrontano. Alla fine dopo tanti cambiamenti, rinvii e peggioramenti della vecchia legge nell’urna segreta c’è stata la svolta: 131 sì e 90 no. L’emendamento vendicativo è stato voluto da Rutelli e dagli esponenti della Lega. Non vorremmo che gli scandali che hanno visto coinvolti quasi tutti i partiti siano la spinta motrice della vendetta degli onorevoli. Rutelli, tanto per rimembrare i casi più eclatanti, è finito nella storia di Lusi. La distrazione di fondi pubblici giacenti nelle casse dell’ex Margherita per affari propri non è che sia stata una bella cosa. Ben 25 milioni di euro sottratti dall’ex tesoriere non sono un piccolo furtarello. E il fatto che Rutelli, primo responsabile del partito, non si sia accorto dinulla è davvero inaccettabile. Anche la Lega è incappata in storie piccole e grandi di malversazione dei fondi pubblici. Probabilmente a Bossi e family non è piaciuto finire sul banco degli accusati per i “furtarelli” di Bossi junior e per le laure comprate con i soldi del finanziamento pubblico al partito. Per non parlare poi degli scandali in Lombardia dove anche Boni, presidente del consiglio regionale è finito nel tourbillon delle tangenti. Non per niente alla fine si è dimesso. Certo anche Penati è ancora sul girarrosto per via delle stesse problematiche: tangenti. Solo che dietro c’è un partito che non ha pagato pegno né nella prima Tangentopoli né ora. Sapremo mai dove sono finite le tangenti? E pensare che tutti quelli che oggi sono sulla graticola, negli anni ’90 erano nelle piazze e nelle aule parlamentari agitando il cappio e plaudendo al pm Di Pietro. Purtroppo parlano i fatti: abbiamo lo stesso problema delle tangenti e dei ladri ma non abbiamo più la politica. Non erameglio tenerci Craxi che avere un Di Pietro o un Bossi? Se siamo in questo precipizio di idee e di perdita di sovranità e credibilità lo dobbiamo anche a quella stagione di Mani pulite che ha spazzato via i politici di razza senza eliminare la corruzione. E il caso Maruccio, ex capogruppo alla regione Lazio, finito in carcere per un furto ai cittadini di 800 mila euro ne è la riprova. Senza dimenticare altri casi simili che vedono coinvolti diversi esponenti del partito di Di Pietro. Anche il ruolo di biscazziere del tesoriere del Lazio dove Maruccio avrebbe “investito” nelle slot parte dei soldi spettanti al gruppo lascia perplessi sull’etica del partito. E per questo l’emendamento dell’Api di Rutelli e della Lega di Bossi e Maroni ha il sapore della vendetta servita fredda. Quindi con questa legge sulla diffamazione fatalmente ci saranno maggiori ricorsi al giudice. E così i giornali saranno maggiormente imbavagliati. Più che il carcere pesa ovviamente il risarcimento checostringerà molti giornali a chiudere. A meno che non si voglia tacere sui fatti di corruzione e di malversazione che hanno visto tanti partiti e singoli parlamentari protagonisti. L’emendamento leghista che prevede il carcere fino ad un anno è passato con voto segreto. La strana sintonia con Rutelli lascia pensar male. michele mendolicchio
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