Attivisti cechi dell’associazione “Amici dei serbi del Kosovo” hanno presentato accuse penali contro l’ex capo del Dipartimento di Stato USA Madeleine Albright per incitamento all’odio etnico. Alle origini della denuncia quanto avvenuto a Praga l’ottobre scorso in occasione della presentazione del suo libro “L’inverno di Praga” in libreria Neoluxor Palace quando l’alta rappresentante della “democrazia” americana ha gridato contro gli attivisti cechi: “Fuori, ripugnanti serbi!” Invece di chiedere un autografo sul suo libro, gli attivisti cechi le hanno chiesto di firmare i manifesti che accusavano gli Usa, la Nato e l’Albright stessa dei crimini contro i serbi della Croazia, della Bosnia ed Erzegovina e del Kosovo e Metohija nel 1999. In particolare le hanno chiesto l’autografo da apporre su un manifesto che rappresentava i suoi affari proficui nella provincia serba occupata del Kosovo e Metohija (vuole comprare - contro le leggi sulla proprietà ea costi stracciati - la Telecom serba che non appartiene agli albanesi ma all’investitore serbo). E’ questo il prezzo dell’uccisione di 2.500 civili serbi, del ferimento circa 10.000 altri serbi, dell’esodo di 250 mila ex abitanti della provincia e dei danni materiali di oltre cento miliardi di dollari commessi, a colpi di bombardamenti, contro l’intera Serbia. La simpatica e birichina Madeleine è andata su tutte le furie gridando: “Get out, disgusting Serbs!” (“Fuori, ripugnanti serbi!”). I manifestanti le hanno gridato da parte loro: “vecchia sanguinaria” e “macellaia dei Balcani” e l’hanno accusata dei crimini di guerra. La polizia ceca è intervenuta e ha constatato che “non c’era alcun incidente o alcuna infrazione che ptessero richiedere indagini”, ma Vaclav Dvorzak, il regista del film “Kosovo rapito” ha presentato una denuncia contro Albright per l’offesa ad un popolo, ad una razza, ad un’etnia o ad altri gruppi di persone. Dvorzak ha spiegato ai giornalisti che MadeleineAlbright è stata il simbolo della propaganda antiserba soprattutto durante la guerra del Kosovo: “Qualsiasi odio etnico espresso da parte di un funzionario di altissimo livello nell’aggressione della NATO ai Balcani è da intendersi come cinismo e la mancanza di rispetto delle vittime civili”. Albright dal suo canto si è lamentata di non avere più quella protezione dei servizi di sicurezza che possedeva quando “aveva la funzione del segretario di stato degli USA”. Ha anche negato le accuse. La sua risposta si capisce meglio se si ricorda che lei disse in TV che le sanzioni americane contro l’Iraq non hanno fatto morire un milione di bambini iracheni come insinuava la giornalista “ma solo 500.000, però è servito all’obiettivo”. (per chi non crede, vedere su youtube.com/watch?v =W0aT4oRdHs0). Ma l’ironia vuole che Madeleine e la sua famiglia debbano molto ai serbi. Lei nacque come Marie Jana Korbelová nel 1937 a Praga. Suo padre Jozef fu l’addetto stampa presso l’ambasciata dellaCecoslovacchia nel Regno di Jugoslavia nel 1937/38 e fu grande amico di Pavle Jankovic giornalista di Belgrado e corrispondente di “Le Monde francese”. Alla vigilia dell’occupazione tedesca della Cecoslovacchia (l’annessione dei Sudeti) la famiglia Korbel corse dei rischi di espulsione perché etnicamente ebrea e chiese all’amico Jankovic un sostegno. Aiutata da Jankovic e dai suoi amici, la famiglia Korbel passò in sicurezza alcuni anni nella casa di famiglia Popcic e Madlenka (il nomignolo ceco della Madeleine) di 3-4 anni giocava con Ljubodrag Popcic di 4-5 anni in Serbia a Vrnjacka Banja prima di fuggire in Inghilterra. Nel 1945 Jozef Korbel tornò a Belgrado come ambasciatore fino all’11 novembre 1948 quando Madlenka sbarcò insieme ai suoi genitori nel porto di New York ottenendo l’asilo politico. Ma nel frattempo la giovanissima Madlenka si era innamorata di un serbo che aveva dieci anni più di lei. Il padre di Madlenka non era contento dell’idea pazza delle scelte nonrazzialmente corrette della sua giovane figlia. E Madlenka stessa non avrebbe poi mai perdonato ai serbi il suo amore perduto e, di fatto, non partecipato da un serbo. Ljubodrag Popcic dirà, dopo i bombardamenti della Serbia del 1999: “Potrebbe darsi ch’io sia stato il primo e l’ultimo serbo che lei avesse mai abbracciato di tutto il cuore… Suo padre fu il primo a scrivere un libro su Tito intitolato ‘Il re rosso’. Dopo la II guerra mondiale Koca Popovic (storico funzionario della Jugoslavia di Tito, un comandante partigiano leggendario) disse all’ambasciatore Korbel che la cosa migliore sarebbe stata che lui con famiglia abbandonasse la Jugoslavia se non voleva sparire nel buio. Non so se Madeleine ora odia i serbi a causa di quel buio”. È vero che Josip Broz Tito fu croato e non serbo (la storia però si ripete anche perché a Srebrenica il croato Drazen Erdemovic fucilava i civili musulmani mentre di quei fatti dalla Madeleine e dalla sua amministrazione “democratica” sono statiaccusati i serbi), ma è vero che non cambia neppure il carattere cattivo di questa simpatica e birichina protagonista del male. Per lei i colpevoli sono sempre i serbi. Ora ne capiamo anche il motivo. Ecco perché la nazione serba è per lei così ripugnante. Del suo carattere forse dice qualche cosa questo episodio che riguarda anche l’Italia (nel senso positivo, in un certo senso). Madeleine Albright racconta per “Huffington post”: “Durante la guerra del Kosovo io facevo conferenze via telefono con i ministri degli esteri dei paesi della NATO. C’erano un britannico, un francese, un italiano, un tedesco ed io. ’Perchè non facciamo una pausa nei bombardamenti durante le festività della Pasqua?’, aveva chiesto il ministro degli esteri italiano e quello tedesco aveva risposto: Perchè dovremmo fare una pausa in onore di una religione mentre stiamo uccidendo la gente di un’altra religione? Penso che sia stata una delle dichiarazioni più importanti per quanto riguarda l’identità comune el’importanza di fare decisioni giuste sul piano morale’’. Secondo la Albright l’identità comune e le decisioni giuste sul piano morale richiedono di bombardare contemporaneamente sia crisitani sia musulmani e non solo gli uni. Dopo ragionamenti del genere il giornalismo deve cedere il passo alla psichiatria. Dragan Mraovic (Belgrado)
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