Non diminuiscono le polemiche a livello internazionale sul mancato prestito alla Grecia. Fondo monetario internazionale e Germania restano sulle loro posizioni, mentre l’Unione europea vorrebbe dare più tempo ad Atene – almeno altri due anni (dal 2020 al 2022) – per portare il debito pubblico al 120 per cento rispetto all’attuale 170%. “L’Europa sta dalla parte della Grecia – ha commentato ieri il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn (nella foto), intervenendo all’Europarlamento – ed è necessario andare oltre il mito” che il Paese ellenico “non abbia compiuto alcun progresso poiché tale percezione è ingiusta e dannosa” per l’Unione. Il commissario ha aggiunto dinanzi agli eurodeputati che il tutto, “naturalmente”, dipende dalla “piena attuazione del programma di riforme” imposto dalla troika ad Atene. “Deve essere chiaro che tra le misure credibili che l’Eurogruppo deve adottare” in relazione al caso greco “non si esclude lanecessità di rivalutare la sostenibilità del debito ellenico nei prossimi anni e di adottare ulteriori decisioni, se necessario, alla luce degli sviluppi futuri”, ha proseguito Rehn nel suo intervento dinanzi all’Assemblea di Strasburgo. Sono fiducioso – ha precisato il commissario – che tutti si riuniranno lunedì prossimo a Bruxelles con il necessario spirito costruttivo e che supereranno l’atteggiamento dannoso delle “linee rosse”, precisando di “non vedere ragioni” per cui l’Eurogruppo non possa trovare un’intesa sul pacchetto greco. Ma non vi sono certezze a riguardo. Più cauto e meno lusinghiero infatti il giudizio presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, che ha dichiarato: “Mi aspetto dei negoziati molto difficili” sul nuovo quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea. “Non è che le posizioni si sono avvicinate al punto tale da poter trovare un accordo in tempi rapidi”, ha aggiunto. Le dichiarazioni di Juncker sono state rilasciate al suo arrivo a Bruxelles perpartecipare alle consultazioni bilaterali che precedono l’avvio del vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei Paesi Ue sul nuovo budget europeo per i prossimi sette anni (2014-2020). Tutto è comunque rimandato alla prossima settimana, quando si terrà nuovamente l’ennesimo vertice per trovare una soluzione al problema ellenico. E a questo proposito ieri in mattinata è giunta la dichiarazione del cancelliere Angela Merkel, che ha sottolineato come vi sia “la possibilità che si trovi una soluzione lunedì”. Tuttavia i problemi restano e non sono ancora risolti. Ma sicuramente tutto finirà per gravare sulle spalle del popolo greco che, in qualsiasi caso due anni prima o due anni dopo, dovrà sacrificarsi duramente per ottemperare alle richieste dell’usura internazionale, pronta a lucrare senza vergogna sui debiti presenti e passati – con relativi interessi – di Atene. Artico: la Banca mondiale contro la Russia La battaglia per il dominio dell’Artico prosegueininterrotta e richiede l’utilizzo di tutti i mezzi e pretesti persino di quelli ecologici per impedire che la Russia giunga al controllo di ben 1.200.000 km. quadrati della regione dopo le richieste fatte all’ufficio preposto dell’Onu da parte del Cremlino per rivendicare una più ampia porzione della piattaforma continentale eurasiatica. E così la International Finance Organization, legata alla Banca mondiale, organismo sfruttatore per eccellenza che lucra sulla pelle dei popoli e delle nazioni, ha proposto una soluzione alternativa al posto del petrolio e del gas, il nord dell’Artico russo è in possesso anche di altre forme di energia, in questo caso pulita e non inquinante, a basso impatto ambientale, che consentirebbe di garantire i bisogni energetici del Vecchio Continente: il vento. Proprio la International Finance Organization, ha messo a punto un progetto denominato Rustec, che prevede la costruzione di decine di impianti eolici a terra nella regione di Murmansk, in grado diportare l’energia prodotta all’Unione europea attraverso Norvegia o Finlandia. Ne ha riferito ieri con dovizia di particolari il quotidiano russo Msocow Times, che ricorda come il progetto sia molto ambizioso perché in Russia le energie rinnovabili attualmente sono in uno stadio quanto meno embrionale. La regione di Murmansk al momento non ha neppure una pala eolica, anche se la ditta olandese Willems è pronta a costruirne. E secondo la casa costruttrice le centrali eoliche onshore costruite in luoghi come la regione di Murmansk sarebbero in grado di generare più energia di quanto possono fare i costosi impianti offshore in Europa. Willens ha inoltre aggiunto che, mentre l’Unione europea guarda al raggiungimento dei suoi ambiziosi obiettivi energetici, pagherà profumatamente l’energia eolica russa. L’Ue da parte sua avrebbe previsto la diminuzioni delle emissioni di gas per ridurre l’effetto serra del 20 per cento e portare le fonti rinnovabili al 20 per cento della sua produzionedi energia entro il 2020, mentre la Germania ha un obiettivo di raggiungere l’80 per cento delle rinnovabili entro il 2050. Lo sfruttamento del vento che soffia nell’Artico rappresenta un’ipotesi interessante, ma gli esperti ritengono che, dato lo stato attuale della Russia sulle energie rinnovabili, è ancora molto lontana da poter fare da sola senza l’apporto straniero. Questa della Banca mondiale e del suo braccio operativo non sono altro che dei giochetti per mettere fuori gioco la Russia nei rapporti economico-energetici con l’Unione europea, escluderla da accordi per estrarre idrocarburi nell’Artico come fanno altre compagnie straniere anglo-statunitensi che si permettono di fare il bello e il cattivo tempo in ogni luogo. Attualmente ci sono soltanto una manciata di parchi eolici operanti in Russia. Il più grande, che ha una capacità di 5,1 megawatt si trova nella regione di Kaliningrad, ma produce soltanto 4.7 megawatt, ha detto Anatoly Kopylov, vice presidente dellaFederazione russa Wind Energy Association, che rappresenta sia gli interessi russi che quelli delle imprese straniere coinvolte nel progetto. Il secondo più grande parco eolico è quello che produce 2 megawatt, realizzato nella regione di Chukotka, ma che attualmente è fuori servizio anche se fin quando ha funzionato e riuscito ad operare bene. In sostanza è andato tutto bene fino a che non ha dovuto competere con le tradizionali centrali a gas che forniscono anche il riscaldamento. Nonostante le difficoltà che attraversa la Federazione in questi settori, il governo russo ha fatto sapere di aver fissato l’obiettivo di ottenere almeno il 4,5 per cento di energia da fonti rinnovabili entro il 2020. E’ comunque evidente che i poteri forti internazionali, dietro cui si cela l’impero a stelle e strisce, non vogliono che l’Europa faccia accordi di natura energetica con la Russia, poiché temono un avvicinamento a Mosca e la creazione di un fronte eurasiatico che rischierebbe di annullare ildominio degli Usa sull’Europa-colonia. Andrea Perrone
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