Rossanda dice addio al Manifesto
 











Rossana Rossanda lascia il Manifesto. Una delle fondatrici della storica testata della sinistra italiana se ne va, con una lettera (che qui pubblichiamo) in cui accusa la direzione e la redazione di "indisponibilità al dialogo". Lettera che Rossanda ha inviato al giornale affinché venga pubblicata domani.
E’ solo l’ultimo degli addii "eccellenti" che il Manifesto ha subito nelle ultime settimane. Prima Vauro, poi Marco D’Eramo (la cui lettera di commiato è stata liquidata con poche sprezzanti righe dalla direzione, ragione per la quale è in corso tra i suoi amici e lettori una raccolta di firme per criticare duramente l’atteggiamento del giornale nei confronti di una delle figure storiche del Manifesto).
E il giornale – fondato nel 1969, che versa in pessime acque finanziarie – continua a perdere pezzi. Dopo l’addio di D’Eramo, anche Joseph Halevi, uno tra i più noti collaboratori del Manifesto, ha deciso di lasciare, e in una lettera inviataal circolo del Manifesto di Bologna usa parole durissime nei confronti della direzione e della redazione: "Non si tratta più di un collettivo ma di un manipolo che per varie ragioni si è appropriato del giornale".
Nella sua lettera d’addio Rossana Rossanda annuncia che un suo commento settimanale uscirà sul sito di Sbilanciamoci (qui il primo).
LA LETTERA DI ROSSANDA
Preso atto della indisponibilità al dialogo della direzione e della redazione del manifesto, non solo con me ma con molti redattori che se ne sono doluti pubblicamente e con i circoli del manifesto che ne hanno sempre sostenuto il finanziamento, ho smesso di collaborare al giornale cui nel 1969 abbiamo dato vita. A partire da oggi (ieri per il giornale), un mio commento settimanale sarà pubblicato, generalmente il venerdì, in collaborazione con Sbilanciamoci e sul suo sito www.sbilanciamoci.info.
Rossana Rossanda
LA LETTERA DIHALEVI
Care compagne e cari compagni
Non so se avete visto l’andazzo del manifesto nelle ultime settimane. E’ peggiorato ulteriormente dopo il 4 novembre. Scandalose le linee di commiato a Marco D’Eramo, quelle della redazione non quelle di D’Eramo. Consiglierei di rompere, perché non si tratta più di un collettivo ma di un manipolo che per varie ragioni si è appropriato del giornale. Anch’io me ne vado, senza alcuna lettera. E’ inutile.
Un caro saluto,
Joseph Halevi









   
 



 
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