Pmi senza soldi: tredicesime a rischio
 











L’ultima cosa che ci passa per la testa è di candidarci a ricoprire un ruolo da protagonisti nella squadra degli uccelli del malaugurio di professione, ma quando si parla di tredicesime, in tutta sincerità, qualche brutto pensiero ci attraversa la mente e non ce la sentiamo di sfoderare plastici sorrisi e frasi da cioccolatini argentati.
Il rischio che l’ambita entrata “aggiuntiva” (notoriamente già spesa prima di essere incassata), possa imboccare una via diversa rispetto a Babbo Natale e alle sue renne, è altissimo. L’ultimo a lanciare l’allarme, almeno per ora, è stato il segretario dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi. Le sue parole, lasciano poco spazio ad interpretazioni tinte di rosa: “La stretta creditizia ha lasciato senza soldi le pmi e, tra il fitto numero di impegni finanziari e di scadenze fiscali previste per il mese di dicembre, sono a rischio i pagamenti delle tredicesime”.
Il numerodi richieste d’aiuto pervenute da molti piccoli imprenditori che si trovano in difficoltà per mancanza di liquidità, sembra essere molto elevato. “Non siamo in possesso di alcuna statistica in grado di dimensionare l’entità del fenomeno, tuttavia, prosegue Bortolussi, le segnalazioni giunte in queste ultime settimane presso i nostri uffici sono state numerosissime. Da sempre il mese di dicembre presenta un numero di scadenze fiscali e contributive molto onerose. Detto ciò, è probabile, vista la scarsa liquidità a disposizione, che molti piccoli imprenditori decideranno di onorare gli impegni con il fisco e di posticipare il pagamento della tredicesima, mettendo in difficoltà, loro malgrado, le famiglie dei propri dipendenti”.
Se le imprese in generale, è risaputo, non se la passano affatto bene, quelle piccole e medie sono già alla canna del gas. Il quadro generale, come ricorda la CGIA, è molto pesante: dall’inizio di quest’anno la contrazione dei prestiti bancari erogati alleimprese è stata di 26,7 miliardi di euro (pari al -2,7%), mentre le sofferenze in capo al sistema imprenditoriale sono aumentate di 8,7 miliardi di euro (pari al +10,9%). In entrambi i casi il periodo di riferimento è dicembre 2011-settembre 2012. Se consideriamo poi che la produzione industriale è scesa del 6,5% e gli ordinativi del 10,4% ( il periodo di riferimento è gennaio-settembre 2011/gennaio- settembre 2012), appare evidente che la situazione in capo alle imprese, soprattutto quelle di piccola dimensione, sia peggiorata drammaticamente. “I più fortunati, conclude il segretario dell’associazione, sono riusciti ad avere un piccolo prestito bancario grazie al fatto che hanno il negozio o il capannone di proprietà. Diversamente, chi non è in grado di offrire nessuna garanzia non ha alcuna chance di ottenere un finanziamento e l’unica strada percorribile è quella di dilazionare le uscite”.
Non va dimenticato, però, che proprio i capannoni saranno salassati dall’Imu che costeràagli imprenditori fino al 154,4% in più rispetto a quanto pagavano con l’Ici, con un aumento record per coloro i quali esercitano l’attività nel Comune di Milano (in media 2.331 euro). E le cose non andranno di certo meglio in altre parti d’Italia, se si considera che chi fa impresa nei comuni di Lucca e di Lecce, dovrà fare i conti con un incremento del 131,3%. Rispetto al 2011, infatti, gli imprenditori lucchesi pagheranno 1.158 euro in più, mentre quelli salentini subiranno un aggravio di ben 2.501 euro.
In una fase economica in cui i consumi sono in forte contrazione, il credito continua ad essere erogato con il contagocce e le tasse continuano ad aumentare, i titolari di attività imprenditoriali pagheranno l’imposta municipale due volte. Una come proprietari di prima casa e l’altra come proprietari di immobili ad uso commerciale o produttivo. Una doppia stangata che rischia di mandare loro gambe all’aria e centinaia di lavoratori in mezzo ad una strada.Ernesto Ferrante









   
 



 
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