Uranio impoverito a Quirra, la Nato impone il segreto
 











Una parte del procedimento sull’utilizzo dell’uranio impoverito nel poligono sardo di Quirra rischia di finire nel nulla. Su un troncone dell’inchiesta potrebbero rimanere forti interrogativi. La Procura si è vista opporre il segreto da parte della Nato. L’organizzazione atlantica – nonostante non sia direttamente coinvolta nel processo – ha poca intenzione di fare chiarezza.
All’interno della base interforze sono sicuramente state svolte sperimentazioni in grado di coinvolgere gli eserciti del Patto e alcune “procedure riservate”. Nessuno però aveva mai citato direttamente l’Alleanza. Anzi, più volte è stato fatto presente come la Nato avesse diffuso precise circolari e dettagliati documenti in merito alle profilassi da adottare nelle procedure di bonifica di territorio bombardati con munizioni realizzate con uranio impoverito. Il pm di Lanusei, Domenico Fiordalisi, avrebbe voluto fare luce sugli appalti commissionati per la realizzazione diopere e manufatti all’interno della base militare. Una richiesta vana.
La Nato si è sentita in dovere di opporre il segreto in base agli attuali trattati internazionali. Il pubblico ministero ha chiesto al giudice dell’udienza preliminare di produrre la risposta fornita dall’Alleanza atlantica ma la sua richiesta è stata rigettata dal magistrato. Insomma, nel dibattimento sarà impossibile verificare eventuali responsabilità penali nella costruzione di infrastrutture sul demanio militare. Anche gli eventuali elementi indiziari emersi durante l’attività della polizia giudiziaria non potranno essere utilizzati dalla Procura. La tematica è molto delicata. Il segreto in questione non è quello regolato dal codice di procedura penale. Ci riferiamo a delle norme contenute nei Trattati di diritto internazionale con cui l’Italia ha scelto di aderire all’Alleanza atlantica. Se fossimo stati di fronte al “segreto di Stato” regolato dall’ordinamento nazionale sarebbe dovuto intervenire ilpresidente del Consiglio dei ministri.
In questo caso invece non sarà possibile assumere nessuna “decisione politica” sul tema. Sui Comuni dislocati attorno alla base militare è piovuta un’altra tegola. L’indagine epidemiologica commissionata dalla Regione Sardegna è ferma. Forse se ne riparlerà nella seconda metà del prossimo anno. Un ritardo incredibile ed inspiegabile. Quasi un anno fa, Regione e Istituto superiore di Sanità decisero di svolgere un’attività di studio per verificare l’incidenza di determinate patologie nella popolazione civile esposta. I risultati sarebbero dovuti essere consegnati entro il 31 dicembre ma, durante un’audizione di fronte alla Commissione d’inchiesta del Senato, è stato spiegato che questo non sarà possibile. Gli specialisti incaricati avrebbero incontrato forti difficoltà a causa della normativa sulla tutela dei dati personali. L’accesso alle cartelle cliniche dei cittadini richiede tempi tecnici a causa della partecipazione al procedimentoamministrativo di più organi. Un dato sicuramente vero per i vivi ma, almeno sulle persone decedute, sarebbe stato possibile agire con molta più velocità.
Il Garante per la privacy non avrebbe avuto ragione per richiamare Amministrazioni responsabili di uno studio scientifico sui resti tumulati nei cimiteri. La comunicazione dello slittamento ha provocato le critiche di alcuni componenti della Commissione d’inchiesta, che hanno ritenuto inaccettabili le giustificazione per i ritardi nel completamento dello studio epidemiologico. Contesto kafkiano che fa il paio con le omissioni del ministero della Difesa e degli altri dicasteri coinvolti. Condotte reiterate nonostante il richiamo della Commissione di Palazzo Madama. Giampiero Scanu, senatore del Pd e relatore di alcuni atti votati all’unanimità dal parlamentino inquirente, si è detto molto deluso dal comportamento dell’Amministrazione regionale sarda. Sono stati forniti alla cittadinanza dei termini che non potranno essereonorati.
La fine della legislatura rischia poi di ipotecare i progressi fatti dai rappresentanti di tutti i Gruppi politici. La Commissione d’inchiesta deve essere messa nella condizione di lavorare anche dopo i risultati delle prossime elezioni politiche. La revisione della spesa interna al Senato non si può abbattere sull’attività delle Commissioni speciali.Matteo Mascia









   
 



 
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