Come volevasi dimostrare. L’asta per le assegnazione delle frequenze digitali non si farà. Certamente non prima delle prossime elezioni e questo malgrado i ripetuti appelli di quelle realtà politiche e legate al mondo dell’informazione interessate a sanare il grave squilibrio che caratterizza ancora oggi la distribuzione delle frequenze televisive. E malgrado, ribadisce Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, «i ripetuti e solenni annunci del governo che, non solo si era impegnato a garantirne lo svolgimento entro il mese di dicembre, ma aveva anche liquidato con sufficienza e fastidio interpellanze ed interrogazioni parlamentari». «Rilievi delle Autorità internazionali, ricorsi presentati o annunciati, errori contenuti nel bando di gara, ritardi accumulati dall’Agcom, sia come sia l’asta, almeno per ora, è saltata e chi ha lavorato per la conservazione dell’esistente e la tutela del conflitto di interessi puó legittimamente festeggiare.Poco interessano adesso le giustificazioni postume che saranno fornite dai diversi soggetti coinvolti, piuttosto spetta ora ai candidati alla presidenza del Consiglio far sapere se e come riproporranno l’asta, risolveranno il conflitto di interessi e procederanno a liberare la Rai e le Autorità da ogni interferenza indebita. Almeno su questo punto sarebbe auspicabile la piú ampia convergenza tra Bersani, Monti, Ingroia, Grillo, Fini, Casini, Di Pietro e via discorrendo, senza eccezione alcuna». L’ultima buca, come la chiama il quotidiano “Repubblica”, coinvolge tre editori (Rai, Mediaset e Telecom) e due o tre stati esteri (Croazia, Montenegro e a volte anche la Slovenia), dove, i cui territori sono invasi, nel passaggio al digitale terrestre, dal segnale italiano. Insomma diverse concause tra le quali spicca tra tutte la mancanza di volontà di risolvere il problema, facendo sfumare un affare da 1,2 miliardi di euro.
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