Caro Sindaco De Magistris, sono consapevole che qualsiasi forma di critica venga rivolta a lei e al suo operato viene interpretata come una critica personale. O si è con lei in tutto o si è un suo nemico. Chi le parla è una persona che l’ha sostenuta, come hanno fatto in tanti. Chi le parla, a maggio di due anni fa, durante la sua campagna elettorale, con un editoriale in prima pagina su "Repubblica", la sostenne sperando che la sua amministrazione avrebbe inaugurato un nuovo progetto per la città. E non abbia l’ingenuità di accomunarmi a chi l’accusa di essersi corrotto con la politica, né a chi ritiene che abbia fatto questa scelta per interessi privati. Non lo penso. Allo stesso modo lascia interdetti ascoltare che le parole di analisi e di critica che le ho rivolto sarebbero secondo lei il frutto di una campagna elettorale o di finalità elettorali. E’ cosa assai ambigua da ascoltare, come quando parla di masso-mafie in maniera tanto generica da suscitareilarità più che preoccupazione. Non mi sono mai candidato, né ho mai preso parte a una militanza. Il mio mestiere è un altro. Quindi le analisi al suo operato non sono ispirate da nessuna campagna elettorale. Non banalizzi. Caro Sindaco, amministrare una città come Napoli è forse uno degli impegni più complessi che ci si possa consapevolmente assumere. Città caotica, piena di debiti, con mille difficoltà. Impegno che ha avuto il coraggio di prendere. Ma ciò che fa più male è vedere come non sia stato iniziato nessun percorso di riforma. A meno che per riforma non si intenda cambiare uomini e mettere i propri. Certo, anche questo è parte di un piano di cambiamento, ma non può essere il solo cambiamento possibile. Il sottotesto di ciò che spesso dice sembra essere: "Napoli è diversa perché ci sono io". Napoli signor Sindaco non sembra per nulla diversa. Ha deluso il comportamento verso i collaboratori "licenziati": Raphael Rossi, Giuseppe Narducci, Riccardo Realfonzo, SilvanaRiccio. In molti casi l’unica colpa era un disaccordo con lei non nel progetto generale, ma in scelte particolari. Scelte che non erano mancanze di lealtà nei suoi confronti, ma erano proposte per evitare che Napoli finisse dinanzi la Corte dei conti o che si legasse a progetti economici poco chiari. E’ sembrato che queste persone da un giorno all’altro dall’offerta migliore che in quel determinato campo ci fosse, siano diventati peggiori collaboratori possibili. Allontanati senza spiegazioni, senza motivi che non fossero clientele da conservare, bilanci da approvare e status quo da mantenere. Allontanati per dei contrasti che se superati sarebbero stati la prova di una reale volontà di essere discontinui rispetto a un passato insostenibile. L’attitudine spesso è importante, e questo suo atteggiamento un po’ guascone sicuramente non rende le cose più facili in una città in cui chi ci vive deve sopportare una serie infinita di difficoltà. Sull’emergenza rifiuti nessun sistemavirtuoso. Non sono state raggiunte le percentuali di differenziata promesse all’inizio del suo mandato. I rifiuti non sono diventati una risorsa, come in un circolo virtuoso potrebbero essere, ma una spesa e si spediscono altrove. A breve, Sindaco, lei lo sa, il problema tornerà urgente come in passato. Le operazioni che adesso verrebbe da definire "di facciata" sono importanti: liberare il lungomare dalle automobili, portare la Coppa America in città, ma non le devo insegnare io cosa è successo a Valencia con la Coppa America. Non devo essere io a dirle come il volto di una città può realmente cambiare approfittando in maniera virtuosa dei finanziamenti che vengono stanziati per grandi opere e grandi eventi. Inutile accusare Roma di inefficienza, che la gestione di Napoli fosse impresa complicatissima si sapeva dall’inizio. Ha accettato una sfida incredibile e avrebbe dovuto farlo con un piano strutturato, progetti concreti sul lavoro e sulle periferie. Nella Napolidisastrata degli ultimi anni della dirigenza bassoliniana, io e i mie coetanei non ne potevamo più di sentirci rispondere che la città era in crisi e profonda difficoltà ma piena di mostre, musei e festival. Importanti certo ma quando servono a riformare un territorio e non a mettergli il belletto o a comprare il consenso degli intellettuali locali. L’argomento camorra è poi forse una delle note più dolenti. La querelle delle telecamere a Scampia è l’ultima delle questioni, del resto sono abituato ad ascoltare le solite accuse di speculazione e arricchimento: chiunque racconti, chiunque abbia mai raccontato ad un grande pubblico, viene accusato di speculazione. Le potrei fare un elenco lunghissimo, da Scorsese a "I Soprano" a Malaparte che hanno ricevuto le medesime accuse. Su Scampia l’atteggiamento non può essere il solito. Quando si è all’opposizione chi racconta le contraddizioni è visto come colui che sta facendo un lavoro importante, un servizio alla comunità, quando poi siva al potere il motto diventa: Napoli non è solo Scampia. Frasi dette e ridette da Antonio Bassolino, da Rosa Russo Iervolino, sindaci, amministratori, con cui lei si è voluto porre da subito in netta discontinuità. E’ naturale che Napoli non sia solo Scampia, come è naturale che Scampia non sia l’inferno popolato da diavoli cui voi e solo voi volete e "potete" ridare dignità. A oggi la nascita di associazioni, l’attenzione e l’impegno sul territorio lo si devono anche a queste opere artistiche che hanno generato coinvolgimento, che hanno fatto sentire le persone meno sole. Che hanno contribuito a provocare indignazione. Incredibile come tutto questo venga dimenticato. In molte altre periferie d’Italia si vivono condizioni analoghe, ma non c’è tutto questo impegno civile anche per mancanza di luce, attenzione, racconto. Non è parlando meno di camorra che Napoli è anche altro che ci si avvia a una soluzione del problema. Le opere di racconto sul territorio contengono la parte sanae la sua resistenza. Bisognerebbe giudicare le opere, vederle, approfondirle e non in maniera oscurantista chiedere di "smetterla con la speculazione" non sapendo nemmeno come sarebbe stato affrontato il racconto. Su Scampia, Sindaco, e sulle periferie in generale, lei ha fatto davvero poco. Non ci sono state idee nuove, per esempio proporre di costruire una no-tax zone dove portare aziende che potessero investire con sgravi fiscali in una terra depressa, dove solo la criminalità riesce a fare affari. Portare il comune fuori dal centro cittadino. Un dibattito sulla legalizzazione delle droghe. Nulla di tutto questo. E Napoli resta quel contesto asfittico che fa comodo a tutti. Chiunque la racconta è visto come il peggiore degli usurpatori. "Come osi, siamo noi che possiamo parlare, siamo noi che sappiamo qui come si vive gli unici a poter dire come stanno veramente le cose". Bene, io sono nato a Napoli e racconto Napoli. Studio il territorio e non mi sento intimidito dal "tu che nesai". Sappiamo invece, e che vi piaccia o no, raccontiamo. Signor Sindaco, non pensi che le critiche che le vengono rivolte siano frutto di chi sa quale cattiveria. Nessuno le ha chiesto una rivoluzione in pochi mesi, si è avuta pazienza, le si è dato credito, ma non è stato fatto nulla laddove la quotidianità resta una corsa a ostacoli. Laddove gli eventi che la città è in grado di catalizzare sono dovuti più al credito e alle bellezze che la città ha, che non ai suoi amministratori. Rispondere alle critiche dicendo "venite qua invece di parlare" significa in qualche modo ripercorrere le orme del governo Berlusconi e prima ancora qualsiasi altra forma di potere. Se si vuole collaborazione, interlocuzione, è inutile dire "voi del Nord che ne sapete" o "invece di parlare perché non agite". Accogliere comprendere le analisi entrarvi in dialettica. Ascolti il rumore ormai non più di fondo delle persone deluse dalla sua gestione di Napoli, persone che avevano creduto in lei. Le analisisono fatti, le analisi sono conseguenza dei fatti. Esistono amministratori, analisti, intellettuali, giornalisti, scrittori, registi e tutti devono poter agire liberamente, esprimersi liberamente e accettare le critiche. Nessuno pretendeva che lei potesse costruire una città nuova. Nessuno pretendeva che lei risolvesse camorra, monnezza, trasporti e sanità pubblica. Ma che almeno iniziasse un percorso questo sì. Un percorso che oggi non si vede se non in quelle ridicole biciclettine disegnate sul basalto e sui sampietrini sconnessi, al centro dei marciapiedi, che in nessun’altra città a parte Napoli, qualcuno avrebbe potuto spacciare per pista ciclabile. Napoli non sta cambiando, c’è solo il timore che sia stata una scomoda piattaforma, un difficile volano per un’attività politica nazionale. Aver deciso di fare il sindaco di Napoli ribadisco è una scelta coraggiosa e con altrettanto coraggio andrebbe considerato ora che c’è qualcosa che non va. Che la Napoli promessa non èrealizzata. La crisi economica e la situazione europea non aiutano, ma imputare tutto a fattori esterni è disonesto. Bisogna aprire la città, mutarne la politica, cambiare le priorità. Già so la risposta che questo mio scritto riceverà: "Facile scrivere editoriali e reportage, tirati su le maniche e muoviti". Credo di farlo con la mia attività: la parola quando viene dall’osservazione, dall’approfondimento, dall’analisi, è azione. E io provo ad avere una parola d’azione. A ognuno il suo mestiere. Prenda queste righe come vuole; io le ho scritte come un allarme sul rischio di una grande delusione: aver creduto in un progetto di riforma che non sta avvenendo. Se invece le prenderà come l’ennesimo capriccio dell’intellettuale in diaspora da Napoli alla ricerca di luce, be’, si metta in fila, sarà l’ennesimo. Non capita spesso, lo confesso, a volte però credo davvero che Napoli prima o poi possa farcela a uscire dalle sue terribili difficoltà e trovare la strada. Ma questa strada,Sindaco, ancora non si intravede nelle sue mappe.Roberto Saviano LA RISPOSTA DEL SINDACO DE MAGISTRIS Caro Roberto, sbagli tutto Se ami questa città, non puoi consentire che sia trattata come un palcoscenico pulp da piegare alla speculazione mediatica e commerciale. Se ami questa città, non puoi consentire che sia strumentalizzata a fine elettorale. Credo che Saviano non faccia un danno all’amministrazione o al sindaco, rispetto ai quali ogni critica è lecita, ma faccia un danno a Napoli. Come ho detto in merito alla fiction Gomorra2, pur rispettando il diritto alla comunicazione e alla libera espressione artistica, comunque eviterò politicamente la riduzione di Scampia a merce da circo mediatico. Allo stesso modo contrasterò la trasformazione delle problematiche cittadine, in primis i rifiuti, a carne da macello elettorale. Non posso non osservare, infatti, la tempistica ’precisa’ e gli spazi ’definiti’ di questa crociata unilaterale che Saviano haingaggiato: a poche settimane dal voto e su alcuni organi di informazione, vicini a quelle forze partitiche che pure hanno sostenuto il governo Monti (che ha strozzato i comuni, fra i quali il nostro) e che hanno amministrato per decenni questa città e questa Regione. Se lo ricorda questo Saviano? Erano i tempi dell’emergenza rifiuti e delle consulenze a pioggia, i tempi delle partecipate costruite come serbatoi di voti, durante i quali il lavoro era gestito come strumento di consenso elettorale. Erano gli anni in cui, amministrando in un ’certo’ modo, si determinavano premesse negative per conseguenze drammatiche: quelle che oggi combattiamo quotidianamente e che impediscono la crescita della città. A quali conseguenze mi riferisco? Un miliardo e mezzo di debito e ottocento milioni di disavanzo del Comune della terza città di Italia. Se la ricorda Saviano quella stagione? Se lo ricorda chi amministrava allora? E nonostante l’assenza di risorse, Napoli è da un anno e mezzo al riparodall’emergenza rifiuti ed ha riconquistato, anche per questo, una nuova immagine internazionale, come dimostra la presenza turistica e la sua capacità di attrarre eventi. Saviano capisce quale sforzo totalizzante è stato compiuto per evitare i sacchetti in strada, senza costruire altre discariche o inceneritori, e contrastando le tante "manine" che vorrebbero ancora Napoli in ginocchio sommersa dalla spazzatura? Ed in quella pista ciclabile - fatta con soldi che se non utilizzati per quello andavano persi - oppure nel lungomare chiuso al traffico e aperto alle persone e alle emozioni, sui quali Saviano ironizza, è sintetizzato ed evocato un modello di città eco-sostenibile ed europea che vogliamo realizzare ma che l’assenza di risorse ci ritarda nel completare. Certo, i trasporti non sono sufficienti. Ma è al corrente Saviano dei tagli nazionali e regionali intervenuti in modo orizzontale e massiccio ? Certo, la raccolta porta a porta dovrebbe crescere e gli impianti dicompostaggio dovrebbero essere già attivi. Certo, le periferie dovrebbero vedere un intervento di riqualificazione e un piano di sviluppo radicali. Tutto questo lo faremo. Ma come può essere compiuto tutto questo, in un anno e mezzo, se una amministrazione governa di fatto in dissesto? Come può uno scrittore e un pensatore, che dice di amare la sua terra, non comprendere questo dato drammatico e non capire l’importanza di stringersi intorno alla sua città, per chiedere anche sul piano nazionale un sostegno che sia proporzionale al ruolo della capitale del Sud? Questo populismo critico compiuto da lontano, dunque senza avere il polso diretto e quotidiano della città, cioè senza viverla la città, non può consentire uno sguardo realistico su Napoli. Perché Saviano non ha mai offerto il suo aiuto, non ha mai avanzato un consiglio, non ha mai dato una idea o una proposta per contribuire allo sforzo di rendere Napoli più bella, più vivibile, più libera? Oggi che si scaldano i motori dellacampagna elettorale, con le più inquietanti convergenze parallele, mi piacerebbe vedere la città non usata politicamente come testa d’ariete, almeno dai quanti vi hanno vissuto e dicono di amarla. Soprattutto me lo aspetto da un intellettuale che, come Saviano, ha gli strumenti critici e culturali per capire e per "sapere", nel senso pasoliniano del termine.Luigi De Magistris
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