La Grecia svende il Pireo ai cinesi
 











Atene vive una crisi economica dura e inesorabile, nonostante alcuni timidi segnali di ripresa annunciati da ambienti governativi che sperano di indorare la pillola. A farne le spese della povertà dilagante è invece il popolo ellenico e tutto il Paese che la classe politica ha deciso di svendere ai Paesi emergenti, Cina in primis.
Le ricette di austerità imposte dalla troika (Commissione Ue-Bce-Fmi) con i prestiti ad usura hanno sortito il loro effetto garantendo lauti compensi agli speculatori internazionali e a tutti quelli che sono disposti ad acquistare a basso prezzo “i gioielli di famiglia” della Grecia con annesso sfruttamento di lavoratori ellenici pagati mensilmente con salari da fame. A mo’ di esempio è utile menzionare il caso del porto del Pireo venduto nel 2010 ai cinesi della Cosco (China Ocean Shipping Compauy), primo armatore cinese e gigante mondiale delle spedizioni controllato dal governo di Pechino, a 500 milioni di eurofinite nelle casse devastate del governo greco per soddisfare i diktat della troika che spinge per le privatizzazioni e le liberalizzazioni in cambio dei soliti prestiti onerosi.
Da parte loro i cinesi hanno ottenuto la gestione di metà del porto del Pireo, che nel giro di poco tempo hanno trasformato un’attività statale poco redditizia in un focolaio di produttività. L’altra metà del porto è ancora nelle mani della Grecia, dove si lavora ad un ritmo inferiore rispetto a quello sotto il controllo dei cinesi. “Da noi tutti sanno che bisogna lavorare duro”, ha sottolineato Fu, con l’intento di far capire quali sono le regole di ingaggio per i lavorati ellenici dettate dalle compagnie statali cinesi. Sotto la sua attenta supervisione la parte cinese del porto ha conquistato nuovi clienti, aumentato il traffico di container e accolto navi più grandi, grazie ai rapporti sempre più stretti con il Canale di Suez, da dove passano grandi imbarcazioni dirette verso il Mediterraneo. Il portodel Pireo rappresenta una via marittima di enorme importanza perché costituisce il collegamento tra Asia ed Europa, e perché rappresenta un’infrastruttura fondamentale per l’invio di merci cinesi nel Vecchio Continente e il trasporto di prodotti asiatici verso la Turchia e i Paesi che si affacciano sul Mar Nero. Fu è convinto che la Grecia possa imparare molto da compagnie come la sua. “I cinesi vogliono fare soldi lavorando”, ha sottolineato.
Secondo il capitano della Repubblica Popolare il problema è che dopo la fine della Seconda guerra mondiale troppi europei hanno cullato l’idea di un’esistenza comoda e protetta, mentre i cinesi hanno lavorato come schiavi. “Volevano una vita piacevole, più vacanze e meno lavoro. Spendevano i soldi prima di averli guadagnati. Ora si ritrovano con i debiti”, ha sottolineato. Ma fosse soltanto questo il problema. Con l’arrivo delle compagnie di Stato cinesi nel Pireo i lavoratori ellenici non sono in molti a lavorare, ma quel che è peggio sonosottopagati e non hanno un contratto a tempo indeterminato. Più esattamente i lavoratori sindacalizzati sono stati licenziati e sostituiti con personale senza alcuna preparazione professionale e pagato la metà.
A questo si aggiungono licenziamenti dei dipendenti che criticano le misure di sicurezza praticamente assenti e mancato pagamento degli straordinari. Il lavoro è svolto da 250 dipendenti contrattualizzati, di cui solo sette di origine cinese, mentre a questi si aggiungono diverse centinaia di lavoratori interinali. Tutto è molto rapido e temporaneo, tranne le ore di lavoro che obbligano i dipendenti a svolgere tra mille difficoltà i loro compiti, secondo le regole iperliberiste, prossime alla schiavitù, dettate dalla Repubblica Popolare cinese.Mario Baratta









   
 



 
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