Lavoratori dipendenti penalizzati da tasse e inflazione
 











La crisi in corso ha colpito particolarmente i lavoratori dipendenti. Lo testimonia una ricerca della Cer-Ires per la Cgil che sottolinea come negli ultimi sei anni i salari siano diminuiti del 2% in termini reali a fronte di un aumento del 6,3% della pressione fiscale con un aggravio di circa 600 euro annui. Questi anni di dura crisi economica, nei quali la completa assenza di correzione all’Irpef si è associata con rinnovati inasprimenti delle addizionali regionali e comunali, hanno avuto un impatto devastante. Questo è dipeso dalla attuazione del Federalismo che, sottolinea la ricerca, è avvenuta senza che si imponesse una clausola di invarianza della pressione fiscale. Di conseguenza, in 10 anni, la percentuale delle addizionali regionali e comunali, sull’imposta complessiva gravante sui salari, è aumentata di quasi tre volte, dal 4,2% all’11,2% nel caso di un lavoratore single e dal 5,8% al 17,1% nel caso di uno sposato.
Insomma, ilFederalismo ha rappresentato l’occasione per Regioni e Comuni per ramazzare risorse con l’aumento delle addizionali. Quello che doveva essere uno scambio tra Stato centrale ed autonomie locali si è invece tradotto in un prelievo aggiuntivo e forzoso a carico dei contribuenti. Un effetto pesante sui salari è stato quello del cosiddetto “fiscal drag”, ossia quella quota di maggior Irpef causata dall’interagire dell’imposta progressiva e dell’inflazione. Nel periodo 2001-2013, questo maggior prelievo è stato pari al 3,2% del salario per un lavoratore single (315 euro di maggior esborso) e del 5,3% per un lavoratore con figli a carico, che ha pagato una imposta aggiuntiva di quasi 420 euro. Al contrario, nel periodo dal 2001 al 2007 erano state decise correzioni all’Irpef a livello nazionale che avevano operato una compensazione rispetto agli aumenti dei prelievi locali.
La ricerca mette sotto accusa quella che viene definita “la sostanziale latitanza della politica tributaria tra il2007 ed il 2013”. Nell’ultimo anno, con Monti al governo, tramite il ritocco sulle detrazioni per i figli e tramite l’introduzione dell’Imu sulla prima casa, si è attuata una vera e propria redistribuzione dell’Irpef che è stata finanziata dagli stessi soggetti che avevano subito il maggiore prelievo del fiscal drag. Un governo quello di Monti, che ha effettuato una redistribuzione del reddito a favore dei più ricchi. E’ stato come se un Robin Hood alla rovescia, invece di aiutare i cittadini, abbia agito per fare gli interessi dello sceriffo di Nottingham. In questo caso le banche.
Prendendo atto di questa situazione che peraltro era sotto gli occhi di tutti, il sindacato di Corso d’Italia è tornato a sostenere la necessità di una riforma fiscale che abbia alla base l’equità e la redistribuzione della tassazione. Una riforma che sia in grado di evitare che si penalizzino il lavoro dipendente e le pensioni. Per la Cgil sono necessari due interventi. Con il primo si dovràripristinare la norma sul fiscal drag, in vigore fino al 1985, per annullare l’effetto ingiusto dell’inflazione; e si dovrà varare una norma che garantisca l’invarianza tra prelievo nazionale e quello locale. Con il secondo si dovrà restituire in busta paga il prelievo che c’è stato in questi anni. Una proposta che si pone nella scia dell’altra fatta a dicembre sulla detassazione della tredicesima di salari e pensioni.
L’aspetto più inquietante di questa situazione di degrado è dato dal fatto che questo progressivo impoverimento dei lavoratori dipendenti (e dei pensionati) è avvenuto a fronte di una riduzione costante del lavoro dipendente. La disoccupazione schizzata sopra l’11%, una percentuale impensabile ancora due anni fa, ne è una testimonianza eclatante. Una riduzione del potere di acquisto di salari e pensioni che comporta anche la discesa di grandi settori della popolazione in una situazione molto vicina alla povertà. La Banca d’Italia ha sottolineato che il 65% dellefamiglie trova difficoltà nel fare quadrare i conti ed arrivare alla fine del mese.
Su tali questioni si è svegliata pure la Uil. Il segretario, Luigi Angeletti, ha sostenuto che il clima sociale nel Paese è disgregato e la disgregazione non può che aumentare. Nel 2012 sono stati persi centinaia di migliaia di posti di lavoro e continuiamo a perderne di 2 mila al giorno. Mentre la politica, che dovrebbe essere la soluzione, ora sta diventando il problema. Discutono troppo di alleanze , ha accusato il sindacalista, e troppo poco di come rilanciare l’economia e ridurre la disoccupazione.Filippo Ghira









   
 



 
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