Cameron ricatta l’Ue: “Armi ai ribelli o rottura”
 











Non c’è più spazio ormai per una soluzione negoziata della crisi siriana. A chiudere definitivamente la porta in faccia ad ogni possibile alternativa al conflitto armato, è stato il premier britannico David Cameron, che nella serata di lunedì ha annunciato senza mezzi termini la volontà del governo londinese di rifornire nel prossimo futuro le milizie ribelli di materiale bellico, con senza il sostegno dell’Unione europea. “Spero che potremo persuadere i nostri partner europei, se e quando un ulteriore cambiamento sarà necessario, ma se non dovessimo riuscirci, non è escluso che saremo costretti ad agire a modo nostro. È possibile”, ha detto il primo ministro in riferimento all’embargo sulla vendita di armi imposto da Bruxelles, ribadendo poi che La Gran Bretagna “resta un Paese indipendente”.
Un ricatto in piena regola nei confronti degli altri Paesi Ue, che saranno in questo modo costretti a sottostare alle minacce di Londra, e dei suoi alleatid’oltre oceano, per non vedere infrangersi l’unità dei 27 in un momento così critico per l’Unione. La sfida di Cameron all’Europa è stata dunque lanciata e l’esito si conoscerà soltanto tra due mesi, in occasione della prossima riunione del Consiglio europeo che si terrà a maggio, nel corso della quale i membri dell’Ue saranno chiamati a rinnovare o revocare l’embargo sulla fornitura di armi.
Una posizione, quella della Gran Bretagna, che rende di fatto vana l’azione diplomatica della Russia, che proprio in questi giorni aveva tentato di rilanciare il dialogo fra le parti in conflitto in Siria. I ribelli, infatti, forti dell’annunciato sostegno militare britannico, e molto probabilmente anche di quello europeo, certamente non saranno più disposti a trattare.
Lo sa bene il governo di Mosca che ha risposto in maniera pronta e decisa alle parole del premier britannico. A parlare è stato il ministro degli Esteri russo, Seghei Lavrov, nel corso di un’apposita conferenza stampa tenutaa Londra a margine dell’incontro con il suo corrispettivo, William Hague.
Il titolare della diplomazia del Cremlino ha bocciato ogni ipotesi riguardante l’armamento delle truppe d’opposizione siriane definendola “una violazione del diritto internazionale”.
E potrebbe essere stata proprio questa possibile svolta armata di Bruxelles a spingere l’alto rappresentante per gli affari Esteri dell’Unione europea, Catherine Ashton, a non accusare apertamente le truppe dell’opposizione per la morte del funzionario Ue, Ahmad Shihadeh, ucciso sempre lunedì scorso a Deraya dai colpi di mortaio delle milizie dissidenti.
La baronessa inglese si è infatti limitata a porgere le sue condoglianze e a invitare le parti a mettere fine alle violenze, senza criticare apertamente l’azione armata, come invece fatto più volte in precedenza quando la responsabilità di simili eventi è stata attribuita dalla stampa occidentale alle forza armate di Damasco.
Allo stesso modo nessuna condanna è arrivatada parte dei leader europei o dalla Casa Bianca per i due attentati compiuti ieri nel Paese arabo. Il primo compiuto a Idlib, dove un attentatore suicida si è fatto saltare in aria nella notte uccidendo otto soldati dell’esercito siriano, mentre il secondo nella periferia della capitale nei pressi dell’aeroporto militare di Mezze, dove un’autobomba è esplosa provocando solo ingenti danni materiali.
E mentre l’Europa discute dell’opportunità di armare le milizie ribelli, il fronte delle opposizioni si spacca sempre più. Al centro delle polemiche ancora una volta si trova il leader della Coalizione di Doha, Ahmed Moaz al Khatib, da tempo oggetto di numerose critiche da parte dei suoi colleghi per alcune scelte non condivise. Critiche che secondo quanto riportato dal quotidiano panarabo al Hayat, che cita fonti interne all’organizzazione dissidente, potrebbero spingere il capofila dell’opposizione a presentare le proprie dimissioni. In particolare al Khatib sarebbe infastidito daglistrascichi delle polemiche relative alla mancata nomina di un governo dissidente all’estero, prevista inizialmente per martedì scorso e rinviata invece la prossimo 20 marzo, che ha evidenziato le spaccature interne alla Coalizione, dominata sempre più dagli interessi dei singoli.Matteo Bernabei










   
 



 
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