Cresce l’esercito dei poveri, ora sono 4 milioni
 











Da un rapporto di Confcommercio emerge un tragico spaccato della realtà economica dell’Italia. Il crollo del Prodotto interno lordo dell’1,7%, che si avrà quest’anno, si accompagnerà ad un calo dei consumi, ad una massiccia chiusura di negozi, ad un aumento conseguente sia della disoccupazione che della povertà. Si è di fronte, avverte la Confcommercio, ad un vero e proprio allarme sociale. Nel 2013 il numero dei poveri dovrebbe superare la cifra di 4 milioni. Se si tiene conto che a fine 20211, i poveri erano 3,5 milioni, secondo l’Istat, appare chiara la deriva sociale nella quale il Paese è immerso.
I dati parlano di una media di 615 poveri che si sono aggiunti ogni giorno alla lista nel triennio 2010-2012. Il crollo dell’1,7% del Pil quest’anno rappresenta un deciso peggioramento rispetto alla stima fatta dall’Istat a fine ottobre che parlava invece di un meno 0,8%. Nel 2014, il Pil dovrebbe tornare a crescere dell’1%. Dove il “dovrebbe”rappresenta più una speranza che una certezza.
Confcommercio ha preso come punto di partenza il 2007, l’anno prima dello scoppio della crisi finanziaria negli Usa e ha stimato che da allora c’è stata una riduzione del Prodotto interno lordo del 10,7%.  L’organizzazione non nutre particolare fiducia sul fatto che la politica voglia o riesca a realizzare una riforma dell’intero sistema fiscale e più in generale dell’economia per rimuovere tutti quelli ostacoli di natura burocratica frenano l’attività delle imprese.
Confcommercio finisce per mettere sotto accusa la scarsa produttività del lavoratore italiano. Ma questo, precisa il rapporto, non dipende dalle poche ore lavorate. Infatti i dipendenti italiani lavorano di media all’anno un numero di ore (ben 1.774) superiore a quello dei tedeschi (un 26% in più) e dei francesi (+20%). Il problema è semmai di quello che si produce come valore aggiunto. Esso mediamente in Italia è di 36 euro contro i 45 tedeschi e i 50 circafrancesi. Oltretutto nel periodo 2007-2011 il divario si è accentuato dato che la produttività è cresciuta del 20% in Germania, dell’11% in Francia e di un misero 4% in Italia.
C’è quindi ancora molto terreno da recuperare soprattutto perché ci si trova in un mondo globalizzato che non offre troppi margini di recupero a chi è rimasto dietro. Una realtà economica nella quale stanno vincendo quei Paesi nei quali la precarietà e la flessibilità del lavoro, gli orari di lavoro senza pause, le modalità di lavoro quasi schiavistiche e i salari da fame sono la norma. Molti negozi italiani hanno dovuto chiudere proprio perché non erano più in grado di offrire prodotti italiani a prezzi concorrenziali rispetto a quelli prodotti in Paesi come Cina e India. Spesso e volentieri realizzati da imprenditori italiani che avevano delocalizzato.
Il peggioramento delle stime riguarda pure i consumi. Si è passato infatti dal meno 0,8% nel 2013 stimato a fine ottobre del 2012 all’attuale 2,4%. Unarealtà che è palpabile in tutte le città italiane e che viene testimoniata da negozi il più delle volte vuoti e destinati alla chiusura e dell’aumento del giro di affari dei discount nei quali almeno si può risparmiare qualcosa. E con milioni di cittadini senza lavoro e senza stipendio o con retribuzioni e pensioni da fame, quindi in una situazione di quasi povertà, la conseguenza non può che essere una contrazione dei consumi e il ritorno obbligato all’acquisto del minimo necessario alla sopravvivenza.
Per il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, la politica deve superare ogni divisione e dare al Paese un governo in grado di rispondere all’emergenza economica e di mantenere la coesione sociale. Devono unirsi, a suo avviso, le forze politiche che hanno punti programmatici in comune.. Serve dialogo, buon senso e responsabilità. Non c’è tempo da perdere e non si può scherzare con il fuoco. Il nuovo governo deve affrontare tre emergenze. Semplificare la burocrazia che èeccessiva, antica e costosa. Le banche devono tornare a fare credito che non può essere più dato alle imprese con il contagocce. E infine si devono abbassare le tasse sulle imprese che sono troppo alte rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.Andrea Angelini









   
 



 
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