La Turchia minaccia Cipro e l’Italia
 











Il governo turco fa la voce grossa con Cipro e la nostra compagnia di idrocarburi, Eni. Nonostante la volontà – soltanto a parole – di voler entrare nell’Unione europea e diventare membro a tutti gli effetti dell’Ue, Ankara continua con le sue minacce contro uno Stato sovrano come Cipro e con una compagnia italiana come quella rappresentata dal cane a sei zampe. Il governo di Ankara ha deciso di sospendere tutti i progetti del gruppo petrolifero italiano, a causa del suo impegno a Cipro. Ma l’ad Paolo Scaroni, pur dispiaciuto, non demorde e assicura che le prospezioni al largo dell’isola andranno avanti: “L’Eni non ha alcuna intenzione di mettere uno stop a Cipro”, ha spiegato Scaroni, ma sottolineando di essere dispiaciuto ma fiducioso in un punto d’accordo nell’interesse di entrambi. Del resto l’Eni non avrebbe potuto far altro che seguire il suo destino visto che nel gennaio scorso ha annunciato la firma di un accordo con il governo di Nicosiaper l’esplorazione e lo sfruttamento di tre zone del giacimento di gas al largo delle coste dell’isola in consorzio con il gruppo coreano Kogas. Ma la Turchia è un po’ dura d’orecchi, in linea con la sua nuova politica estera che fa appello al neo-ottomanesimo: una linea di pensiero politico creata ad hoc dall’attuale ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu e seguita a menadito dal primo ministro e leader del partito Akp, Recep Tayyip Erdogan, affinché la Turchia acquisisca sempre più un’influenza politico-militare ed economica nel Vicino e Medio Oriente. Il motivo della decisione della Turchia ha anche una motivazione di natura geostrategica. L’isola è divisa infatti tra l’area sud che parla la lingua greca e quella del nord che invece parla turco. E la Turchia riconosce solo l’esistenza della Repubblica turca del Nord di Cipro, proclamata nel 1983. Ultimamente, le autorità turche hanno poi affermato che le riserve di gas dovrebbero apportare beneficio a entrambe le comunità. LaTurchia è contraria alle esplorazioni avviate dal governo cipriota e le definisce “illegali”. Inoltre Ankara ha avviato proprie esplorazione nelle acque di Cipro nord, l’area dell’isola occupata appunto dalla Turchia e nei mesi scorsi ha minacciato anche interventi militari contro Nicosia inviando truppe, navi militari e sommergibili al seguito di proprie imbarcazioni per effettuare delle prospezioni a largo dell’isola.
Per quanto riguarda Nicosia, Ankara non accetta assolutamente cambiamenti dello status quo dell’isola, di cui ha occupato militarmente e colonizzato dal 1974 la parte settentrionale, dove è stata proclamata una Repubblica turca di Cipro del Nord riconosciuta solo da Ankara. Proprio per questo contesta al governo di Nicosia il diritto di gestire autonomamente le risorse energetiche al largo dell’isola del Mediterraneo. La Turchia ha minacciato più volte di sospendere ogni collaborazione con i gruppi petroliferi internazionali che concludano accordi con il governocipriota, da quelli statunitensi a quelli israeliani. La major petrolifera statunitense Noble Energy, responsabile dell’esplorazione di una delle zone del giacimento cipriota, ha indicato due anni fa di averne stimato le riserve in circa 230 miliardi di metri cubi, per un valore di circa 100 miliardi di euro.
La Turchia ha diffidato il governo cipriota negli ultimi giorni dall’usare le riserve di gas quale garanzia per superare l’attuale crisi finanziaria. In Turchia, Eni commercializza gas naturale di provenienza russa, trasportato attraverso il gasdotto Blue Stream. Ma vi sono anche altri interessi da parte del cane a sei zampe e quindi dell’Italia, attaccati ignobilmente dagli islamisti “moderati” del governo Erdogan. “Calik holding ed Eni sono partner nel Progetto di oleodotto Samsun-Ceyhan che dovrebbe trasportare il petrolio russo dalla costa turca del mar Nero al Mediterraneo”, ha commentato Yildiz. “Calik deciderà in autonomia se continuare a collaborare con l’aziendaitaliana, ma il governo preferisce non lavorare con loro su nessun progetto”, ha avuto l’ardire di affermare il ministro senza alcun timore, sapendo che il governo italiano e la stessa Ue non hanno il coraggio di protestare. Andrea Perrone









   
 



 
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