Obama e l’estromissione del Congresso Usa
 











“Il presidente Obama ha probabilmente stabilito l’autorità del presidente di intervenire militarmente ovunque senza il consenso o l’approvazione del Congresso, a propria discrezione e per tutto il tempo come vuole”. Il tutto invocando esclusivamente “l’indefinibile criterio dell’ ‘intervento umanitario’”. Lo sostiene l’ex senatore democratico Jim Webb nel saggio L’abdicazione del Congresso, citato dall’opinionista del Washington Post George F. Will in un recente articolo. Entrambi danno la colpa di questo processo allo stesso Congresso Usa, che ha deliberatamente rinunciato al suo ruolo di controllo sull’operato presidenziale in materia di sicurezza nazionale.
Una questione che, secondo Will, acquista una notevole importanza ora che gli Stati Uniti si stanno “avvicinando in punta dei piedi verso l’ennesimo conflitto (in Siria ndr) opaco e incontrollabile”, dopo le negative esperienze in Afghanistan, Iraq e Libia. Ma anche, secondo noi, allavigilia di una probabile prossima approvazione dell’ennesimo trattato internazionale che ha come fondamento proprio i “diritti umani”. “I diritti umani sono il cuore di questo testo”, ha dichiarato con soddisfazione l’ambasciatore britannico all’Onu, Joanne Adamson, commentando la bozza del Trattato sul commercio delle armi bocciata giovedì sera da Iran, Siria e Corea del Nord.
L’ex senatore Webb, che quest’anno ha rinunciato al secondo mandato, ricorda i precedenti interventi militari statunitensi compiuti in nome dei diritti umani, e sottolinea come, di fatto, i deputati statunitensi – tanto repubblicani quanto democratici – abbiano preferito auto-relegare il Congresso in una sostanziale irrilevanza in questi frangenti.
In particolare vengono citati gli accordi strategici siglati da George W. Bush e da Barack Obama rispettivamente in Iraq e in Afghanistan. Nel dicembre 2008, negli ultimi giorni dell’amministrazione Bush, la Casa Bianca firmò un accordo strategico con il governodi Baghdad. Nonostante, ricorda Will, l’accordo “delineasse il ruolo degli Usa nel difendere l’Iraq da minacce interne ed esterne”, il testo non venne mai discusso dal Congresso. In compenso il Parlamento iracheno lo votò per ben due volte.
A maggio scorso, invece, Obama è volato in Afghanistan per firmare quello che la stessa Casa Bianca ha definito “un accordo esecutivo giuridicamente vincolante” su una serie di impegni degli Stati Uniti per la sicurezza dell’Afghanistan. L’accordo prevedeva inoltre la designazione dell’Afghanistan come “principale alleato non-Nato”. Anche in questo caso il Congresso statunitense non è stato formalmente consultato in merito, mentre il Parlamento afgano lo ha votato.
Questo strapotere del presidente Usa si è manifestato soprattutto in occasione dell’intervento militare in Libia, che l’ex senatore Webb contesta aspramente. “Abbiamo intrapreso un’azione militare contro un regime che continuavamo a riconoscere diplomaticamente, per conto di gruppieterogenei di opposizione il cui unico vero obiettivo in comune era di far cadere Gheddafi. Questa non era neanche una guerra civile”, attacca Webb, perché non esisteva “alcuna opposizione coesa”. Il risultato è stata una “illegalità dilagante”, che ha portato anche all’omicidio dell’ambasciatore statunitense a Bengasi, e “la dispersione nella regione delle migliaia di armi degli arsenali di Gheddafi”.
Il problema, secondo Webb, è che negli Usa si sta verificando una grave “stortura del processo costituzionale”, che consente al presidente di “scegliere quando e dove usare la forza militare”, semplicemente citando “l’indefinibile criterio dell’‘intervento umanitario’”. Ferdinando Calda









   
 



 
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