Ci doveva pur essere una fregatura da qualche parte. E Napolitano ci aveva avvertito: il governo Monti è «pienamente operativo» e sta per varare «importanti misure economiche». Oggi il governo avrebbe dovuto approvare il decreto che dà il via al pagamento di una parte dei debiti dello Stato (40 miliardi) nei confronti delle imprese, e la fregatura stava nel fatto che quei debiti, in buona sostanza, li pagheremo noi cittadini. Ora il governo ha fatto retromarcia, ma il pericolo è tutt’altro che scampato. Ieri il parlamento, col voto di tutti i gruppi, Cinquestelle compresi, ha approvato la nota di variazione al bilancio per “liberare” le risorse necessarie all’operazione. Siccome, però, le “risorse” non ci sono e Bruxelles si rifiuta, ottusamente, di allentare i vincoli economici persino in presenza di misure che favorirebbero la crescita (e dunque migliorerebbero il rapporto debito-Pil, che come noto non deve superare il 3%), dove trovare isoldi? Presto detto. Prima di tutto, attraverso l’emissione di titoli di Stato. Ma poiché questa misura comporta maggiori interessi da pagare, toccherà ai ministeri farsene carico con nuovi tagli lineari, con le ovvie conseguenze del caso in termini di servizi, opere ecc. Il capitolo più amaro, però, è quello relativo agli enti locali (province, comuni, regioni), anche loro parecchio indebitati con le imprese. E’ vero che i debiti maturati al 31 dicembre 2012 e pagati nel corso del 2013 saranno esclusi dai vincoli del patto di stabilità, ma solo fino a 5 miliardi. E comunque gli enti locali che non hanno sufficiente liquidità nemmeno a coprire il tetto massimo consentito (che è del 50% delle necessità finanziarie) potranno accendere prestiti-capestro, perché scatteranno vincoli finanziari molto stringenti (su spese correnti e investimenti), anche qui con conseguenze facilmente immaginabili per i cittadini. Dulcis in fundo, che si sono inventati i tecnici? La possibilità per leregioni che faranno anticipo di cassa di anticipare al 2013 l’aumento dell’aliquota Irpef. Tradotto: più tasse regionali. Una “soluzione” che ha creato un certo, diciamo così, scalpore, proprio mentre i sei saggi-economisti, o gli economisti-saggi (fate voi), sono da ieri riuniti in conclave al Quirinale per elaborare proposte su come mettere mano al nostro fisco e come evitare i prossimi aumenti di tasse (Iva, Tares, Imu) che stanno strangolando imprese, lavoratori e pensionati. Così è scattata la retromarcia: «Solo indiscrezioni giornalistiche; la misura non sarà contenuta nel decreto». Intanto però il consiglio dei ministri, convocato per stamattina alle 10, prima è slittato alle 19, poi è stato rinviato del tutto: «Si terrà nei prossimi giorni», annunciano da Palazzo Chigi, spiegando che il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, in accordo con il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, «anche a seguito delle articolate risoluzioni approvate ieri da Camera e Senato,ha fatto presente al presidente del Consiglio l’opportunità di proseguire gli approfondimenti necessari per definire il testo del decreto sui pagamenti dei debiti commerciali della P.A.». Evidentemente, i conti non tornano più. Infatti, la possibilità di aumentare nuovamente l’addizionale Irpef era stata richiesta dalle Regioni più in difficoltà con i conti, preoccupate di non riuscire a restituire l’anticipo di cassa da parte dello Stato. Il che vorrebbe dire: tutto fermo, perché senza la leva fiscale che garantisce loro la possibilità di rimborsare lo Stato, le Regioni non chiederebbero alcuna anticipazione di cassa e non darebbero liquidità alle imprese. Rendendo quindi inutile l’operazione, oltre ad acuire la spaccatura già esistente tra Regioni di serie A e Regioni di serie B. Ma con l’aria che tira nemmeno Monti se l’è sentita di proporre nuove tasse. Dovranno tentare altre strade. Non bastasse, su tutto incombe il rischio di una «manovra correttiva» a causadell’aggiornamento del saldo di bilancio dal 2,4 al 2,9% previsto nel decreto. Cioè ad un soffio dalla soglia-limite del 3% che «esaurisce i margini di disponibilità, sapendo che abbiamo scadenze importanti, come la Tares, l’aumento dell’Iva, e dobbiamo rifinanziare la cassa integrazione».Romina Velchi
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