Draghi taglia i tassi, Merkel non gradisce
 











La Banca centrale europea ha tagliato di un altro quatto di punto il tasso di riferimento. Dallo 0,75% al 50%. L’ultimo intervento sul costo del denaro si era avuto nel luglio 2012. Mario Draghi ha difeso la misura giustificandola come una decisione mirata a facilitare l’approvvigionamento di liquidità e il credito all’economia reale, aggiungendo che tali interventi monetari sono ora più efficaci di qualche mese fa. In questa fase, ha sostenuto, la situazione economica è infatti  ancora difficile e l’Eurozona imboccherà la via di una graduale ripresa soltanto nel secondo semestre di quest’anno. Una ripresa che verrebbe alimentata da una ripresa delle esportazioni grazie all’aumento della domanda globale. Ma grazie anche, ha sostenuto l’ex Goldman Sachs, ad una politica monetaria pensata in sostegno della domanda interna.  Ed è qui che casca l’asino e che Draghi non la racconta giusto. Perché, tanto per dirne una, i mille miliardi di euroche la Bce ha versato alle banche europee tra novembre 2011 e marzo 2012 erano finalizzati a fare credito alle imprese e alle famiglie, ma le banche si sono ben guardate dal farlo. Hanno preferito utilizzare quelle risorse per ricapitalizzarsi dal punto di vista patrimoniale e finanziario. Ed hanno utilizzato quei soldi più che altro per comprare titoli di Stato a breve termine che gli garantiscono interessi sicuri e continui. Eppure si trattava di prestiti più che agevolati. Prestiti triennali al più che modico tasso di interesse dell’1%.
Il fatto è che le banche, più quelle europee che italiane, si trovavano in seria difficoltà a causa di investimenti andati o di vere e proprie speculazioni andate pure peggio. Di conseguenza niente prestiti per le imprese e per i cittadini con il fine di sostenere la domanda interna. Gli effetti della stretta creditizia, per quel che riguarda il caso italiano, sono sotto gli occhi di tutti. Migliaia di imprese sono state costrette alla chiusuraproprio in conseguenza della mancanza di finanziamenti bancari. Appare quindi patetico che Draghi difenda le sue scelte millantandole come fatte per dare ossigeno all’economia reale. In realtà è proprio il contrario, tali misure sono state fatte appositamente per aiutare quel sistema finanziario di cui Draghi è espressione e che lo ha issato alla guida dell’istituto di Francoforte. Quando l’ex Goldman Sachs parla di “una politica monetaria pensata in sostegno della domanda interna” dice una menzogna ed ammette il fallimento del mega-finanziamento alle banche. Soldi che, con un banchiere normale, avrebbero dovuto essere vincolati ad un preciso utilizzo, quello dichiarato ufficialmente. Ma non è stato così perché Draghi sapeva benissimo come sarebbe finita. Ed ora anche il taglio di un quarto di punto resterà lettera morta perché le banche, che nel frattempo si sono rinforzate, si guarderanno bene dal tornare a finanziare l’economia reale, colpita da una recessione che sembra non averemai fini. Draghi ammette pure questo punto quando sostiene che i recenti miglioramenti nei mercati finanziari dovrebbero estendersi all’economia reale. Della serie: prima aiutiamo le banche e gli speculatori poi verrà tutto il resto. L’unico colpo di spillo alle banche, peraltro già fatto un mese fa, è che le banche non possono utilizzare la mancanza di liquidità come scusa per non fornire credito all’economia.
Mancanza di liquidità? Ma i mille miliardi dove sono finiti?  La risposta delle banche ovviamente non è arrivata. Sembra di essere di fronte al bis del rapporto di Obama con Goldman Sachs per la quale erano stati stanziati da Bush 10 miliardi di dollari in prestiti a fine 2012. Quando Obama provò timidamente a dire ai vertici della banca di non esagerare con i bonus ai dirigenti, venne gentilmente invitato a non rompere le scatole.
In ogni caso, per la Bce la colpa è sempre dei governi dell’Eurozona che devono essere più decisi nel ricercare gli aggiustamenti dibilancio, con lo smantellamento dello Stato sociale e con i tagli alla spesa pubblica, che, in ogni caso, continueranno a pesare negativamente sull’attività economica dell’area euro. I governi devono ridurre il disavanzo ed attuare le riforme strutturali. Come il lavoro reso più precario e più flessibile. Purtroppo, ammette Draghi, gli interventi fatti sono stati compiuti in condizioni di emergenza, e quindi alzando ulteriormente le tasse, che sono già troppo alte.
Non si è invece fatta attendere la reazione della Merkel che ha sostenuto che semmai i tassi di interesse dovrebbero essere alzati, sostenendo che la nuova liquidità fornita dalla Bce alle banche sarà spesa ancora per comprare titoli di Stato, non per prestiti all’economia. Secca la replica di Draghi che ha ribadito l’indipendenza e l’autonomia della Bce nelle decisioni di politica monetaria . Una autonomia che sta a cuore a tutti, ha sostenuto Draghi, e specialmente ai cittadini tedeschi. Soprattutto perché la Bcericerca prima di ogni altra cosa la stabilità dei prezzi. Ma la Merkel che in questa fase non vuole dare l’idea, attraverso il costo del denaro meno caro, di dare ossigeno alla spesa facile dei Paesi latini, pensa soprattutto ai propri cittadini chiamati alle elezioni politiche del 22 settembre. Quello sarà lo spartiacque per un nuovo tipo di politica economica e monetaria in Europa. Andrea Angelini









   
 



 
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