Surrealismo finanziario: i buchi neri dei soldi delle masse e i profitti dei super-ricchi
 











Chi finanzia l’economia del futuro non sono più le banche. Dal crollo della Lehman Brothers queste istituzioni hanno perso sempre più terreno nel settore dell’economia reale. I banchieri ormai giocano sempre e solo sul sicuro: obbligazioni di Stato facilmente scontabili dalla Bce o da altre banche centrali, ecco come investono. In parte questa strategia è il prodotto delle nuove regole imposte da Basilea III, che riducono la quantità di capitale a loro disposizione. Ma ci sono anche altre ragioni. In realtà uno dei motivi per cui le banche investono sempre meno nell’economia reale è la concorrenza spietata nella raccolta del denaro dei ricchi che esercitano nuove istituzioni ad hoc, create specificatamente per gestire i capitali dei super-ricchi. In altre parole le banche sono sempre più a corto di grossi depositi.
Negli anni Novanta la concorrenza arrivava dagli hedge-funds, istituzioni che hanno lucrato sugli strumenti finanziari; piùrecentemente chi gestisce una sempre più grossa fetta della ricchezza del mondo sono i family office, imprese nate proprio per moltiplicare quella delle famiglie dei ricchi. Ad inventare il concetto fu nel 1911 Rockefeller, ancora oggi in testa alla hit parade dei super-ricchi, nessuno infatti ha ancora accumulato una ricchezza tanto vasta in proporzione a quella mondiale. Lo scopo del family office del leggendario magnate americano non era però tanto moltiplicare il capitale da lui posseduto quanto distribuirne una parte a scopi filantropici per evitare di pagare le tasse, questa attività infatti era facilmente detraibile. In altre parole, invece di darli al fisco Rockefeller decise di spendere i propri soldi per migliorare l’immagine pubblica della sua famiglia.
In parte anche oggi giorno i family office, che si stima gestiscono quasi 500 miliardi di dollari, hanno lo scopo di ridurre al massimo l’esborso fiscale dei clienti, e la filantropia rimane lo strumento migliore perfarlo. Ma in un momento storico particolare, dove le banche arretrano dall’economia reale, i family office hanno iniziato ad invadere territori tradizionalmente gestiti da queste istituzioni, settori dove il ritorno del capitale è molto al di sopra del tasso d’interesse bancario. Dal trade financing, l’investimento nel commercio internazionale, fino all’investimento nei settori emergenti quali l’energia rinnovabile, il capitale delle famiglie supplisce alla mancanza di quello bancario ed aumenta dall’8 al 20 per cento annuo. Profitti altissimi, dunque, se si pensa che il tasso d’interesse sui depositi bancari è pressoché zero.
Assistiamo ad un fenomeno nuovo nell’economia mondiale, che sottolinea l’evoluzione della natura del capitalismo globalizzato, dove la ricchezza si concentra nelle mani di individui o gruppi di individui, e cioè le famiglie, e non più all’interno di istituzioni quali le banche, che raccolgono il denaro delle masse. Questi gli effetti della sperequazione deiredditi degli ultimi 20 anni.
Dal 2010, da quando l’economia occidentale è entrata nella seconda fase dell’attuale recessione, si stima che il volume di capitale gestito dai family office sia aumentato di quasi il 10%. La domanda per questo tipo di servizio è talmente elevata che si sono abbassati i limiti imposti in passato per accederci. Un tempo bisognava avere 100 milioni di dollari, oggi ne bastano 5 dato che sono nate istituzioni che gestiscono i capitali di più di una famiglia, uno stratagemma che permette di condividere i costi di un family office, che si aggirano intorno al milione di dollari l’anno. Il successo dei family office è legato a dove questi dirigono il fiume di denaro a loro disposizione: nell’economia reale.
Dalle start-up fino all’agricoltura sostenibile, ormai sono i family office le istituzioni che rischiano principalmente nei settori produttivi, la regola è infatti evitare sempre l’investimento finanziario (ci sono gli hedge fund per quello) ediversificare al massimo gli investimenti. Lo stesso discorso vale per qualsiasi attività filantropica che possa essere detratta dalle tasse. Ed ecco la surreale conseguenza della vergognosa sperequazione dei redditi degli ultimi vent’anni: mentre il denaro delle masse svanisce dei buchi neri delle banche o per sostenere famiglie di precari e disoccupati, quello delle élite ricche ed illuminate si moltiplica sostenendo l’economia vera. Loretta Napoleoni | 27 maggio 2013
Le nuove regole imposte da Basilea III
Il comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria ha dato il via libera tecnico al nuovo accordo Basilea 3 per rafforzare il patrimonio delle banche ed evitare crisi globali future. Il rafforzamento dei requisiti patrimoniali concordato oggi viene attuato essenzialmente in due modi: in primo luogo si chiede una decisa ricomposizione dei requisiti patrimoniali verso gli strumenti di qualità più elevata, si potenzia cioè il cosiddetto Common Equity composto da capitale piùriserve.
L’attuale requisito minimo per il patrimonio complessivo non cambia e resta all’8% in rapporto alle attività ponderate per il rischio, ma le banche che oggi stanziano il 2% come common equity nel regime Basilea 3 dovranno avere il 4,5% di questo capitale di alta qualità; inoltre il Tier one, cioè il requisito del patrimonio di base che include anch’esso altri strumenti di qualità rafforzata, passa dal 4% al 6 per cento .
In secondo luogo secondo quanto è stato stabilito oggi dai banchieri centrali verrà richiesto alle banche di mantenere un cuscinetto ("buffer") di capitale aggiuntivo sopra i minimi, pari al 2,5%; questo cuscinetto, spiega il comunicato, potrebbe anche aumentare nelle fasi di surriscaldamento del credito. Anche il buffer dovrà essere composto di capitale di elevata qualità . La nuova calibrazione dei requisiti è quindi più severa di quella prevista attualmente. Ma, in considerazione dell’esigenza di non compromettere la ripresa in corso , è previstamolta gradualità, in modo da permettere alle banche di continuare ad assicurare i necessari flussi di credito all’economia.
L’effetto di diluizione nel tempo dell’applicazione delle regole è legato a tre meccansimi: in primo luogo c’è un’entrata in vigore graduale dei minimi e dei buffer per la conservazione del capitale (al 2013 requisiti più bassi, poi innalzamento graduale; introduzione del buffer solo in un secondo tempo); in secondo luogo, le nuove e più severe regole sulle deduzioni dal patrimonio di vigilanza entreranno in vigore progressivamente; infine, gli strumenti di capitale oggi ammessi verranno esclusi a mano a mano e quelli sottoscritti dai governi,come ad esempio i Tremonti bonds, potranno rimanere integralmente per un periodo lungo. Come effetto di questi meccanismi, i nuovi requisiti saranno a regime pienamente solo nel 2020, cioè tra 10 annni e gli strumenti non più computabili nel patrimonio saranno completamente esclusi solo a partire dal 2023. Ci sarà quindimolto tempo per l’aggiustamento da parte delle banche.Rossella Bocciarelli.ilsole24ore


La nuova griglia di Basilea 3
I requisiti di capitale e buffer supplementare (in%)

   Patrimonio di base  Tier 1 capital capitale totale 
Minimo   4,5  6,0  8,0
Buffer supplementare   2,5  2,5  2,5

minimo+buffer supplementere

 

 7.0  8,5  10,5
fonte:Bis







   
 



 
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