La Banca centrale europea resta sempre pronta ad attivare il piano Omt per sostenere i Paesi dell’Eurozona in difficoltà nel fare quadrare i conti e sottoposti per tale motivo ad una massiccia e continua speculazione sui titoli pubblici. Lo ha detto Joerg Asmussen, membro tedesco del direttivo della Bce. L’Omt è il fondo controllato dall’istituto di Francoforte che può acquistare titoli pubblici da 1 a 3 anni per calmierare lo spread con i Bund tedeschi. Quelli che i “mercati” considerano un punto di riferimento obbligato in virtù della solidità dell’economia della Germania. L’unico dei grandi Paesi dell’Eurozona a poter vantare una crescita economica sia pure inferiore a quella degli anni scorsi. Allo stesso tempo Asmussen ha ribadito che l’Omt potrà e dovrà in stretto collegamento con l’Esm, il fondo permanente salva Stati, controllato dall’Unione europea, che ha il fine di comprare titoli fino a dieci anni, quando ci si trova in presenza dispeculazioni al ribasso sul loro valore di mercato che trascinano in alto i rendimenti e allargano lo spread con i Bund decennali. In buona sostanza, e questo Asmussen lo sa perfettamente, a dare il polso reale del mercato sono i saliscendi dei titoli decennali, perché è su quelli che si misura la fiducia dei “mercati” sulla capacità di uno Stato di pagare regolarmente gli interessi e rimborsare alla scadenza il capitale preso a prestito. E pazienza se tali saliscendi sono il frutto non già di un giudizio asettico del mercato ma di una azione mirata della finanza anglofona per creare più problemi possibili all’Eurozona, partendo dai suoi anelli più deboli. Tanto per cambiare i Paesi dell’area Sud. La precisazione di Asmussen non dice niente di nuovo sulla linea di politica economica che fino a questo momento è stata adottata dalla Bce di Mario Draghi. L’imperativo resta sempre quello di garantire la stabilità dei prezzi attraverso tassi di interesse bassi. Quella che Draghi amaricordare essere il compito istituzionale della Bce. A questo si è aggiunta quella che Draghi ha definito una politica monetaria “accomodante”, ossia fornire liquidità al sistema quando ve ne sia bisogno, tramite ad esempio anticipazioni di cassa. Per non parlare dei prestiti triennali all’1% per 1.000 miliardi di euro che la Bce ha versato alle banche europee nel periodo novembre 2011-marzo 2012 con il preciso obiettivo di tornare a fare credito alle imprese e alle famiglie, fare ripartire la domanda interna e di conseguenza attivare la crescita economica. Ma nulla di tutto questo è successo perché le banche, lungi da fare prestiti all’economia reale, hanno preferito utilizzare quei soldi per rifarsi delle perdite subite a causa di investimenti andati a male e di vere e proprie speculazioni. Da qui l’acquisto in massa di titoli pubblici che da un lato hanno aiutato i singoli conti pubblici e calmierato lo spread e dall’altro hanno aumentato gli utili delle banche. Il risultato è statoin ogni caso disastroso perché la stretta creditizia si è accentuata e ha fornito un valido aiuto alla recessione in corso che non ha mostrato alcuna tendenza ad interrompersi, almeno in Europa. E vale poco che Draghi, per difendere se stesso, continui a sostenere che la ripresa, forse, chissà, si vedrà entro gli ultimi mesi dell’anno. Ci sono segnali incoraggianti, ha sostenuto, seguito a ruota da diversi capi di governo che adesso non sanno dove andare a nascondersi, dopo aver sostenuto che i sacrifici imposti ai cittadini avrebbero prodotto benefici per tutti. Peraltro, altri sacrifici sono in arrivo visto che nel caso dell’Italia, in autunno, con i conti pubblici in fibrillazione per i mancati introiti dell’aumento dell’Iva e dell’Imu sulla prima casa, e su pressione della Commissione europea e del Fondo monetario, il governo, con le solite lacrime di coccodrillo, varerà in un fine settimana, il prelievo forzoso dell’8 per mille dai nostri conti correnti bancari. Aconsentirlo saranno anche le nuove norme europee sull’Unione bancaria che prevedono la partecipazione dei correntisti al salvataggio delle banche. Narrano le cronache che le banche italiane, nonostante i 260 miliardi di euro ricevuti dalla Bce, siano gravate da 250 miliardi di sofferenze, ossia da crediti inesigibili. Una maniera poco elegante di scippare i cittadini, ma tranquilli, c’è il precedente dell’autunno del 1992 quando l’allora premier Giuliano Amato varò lo scippo forzoso del 6%, giustificandolo con la necessità di rimanere attaccati al carro europeo. Uno scippo che si ebbe subito dopo la speculazione del noto criminale George Soros contro la lira che provocò il prosciugamento delle riserve valutarie della Banca d’Italia da parte dell’allora governatore Ciampi e la svalutazione della nostra moneta per un ammontare del 30%. E’ appena il caso di ricordare che la speculazione arricchì in Italia non pochi soggetti che poterono lucrare sulla difesa a spada tratta che Ciampi fecedella parità tra dollaro e lira, spinto a ciò anche dalle pressioni della Repubblica di Scalfari. Se in Europa, l’economia continua a boccheggiare nonostante le massicce iniezioni di liquidità, negli Usa l’economia, almeno in apparenza si sarebbe rimessa in macchino. Anche lì la Federal Reserve e il Tesoro hanno pompato una montagna di quattrini nell’economia, prestando e regalando soldi ad imprese, banche e società finanziarie. Resta il fatto che, nonostante i timidi segnali di ripresa dell’economia, quella Usa resta una economia sostanzialmente debole. Tutti sono indebitati. Imprese e banche con il Tesoro e la Bce. I cittadini con le banche per i prestiti al consumo e perle rate del mutuo con il quale comprare una casa. Lo Stato federale e le amministrazioni locali sono a loro volta super indebitati ed è stato necessario trovare un accordo al Congresso tra democratici e repubblicani per alzare il debito federale sopra il tetto del 100% rispetto al Prodotto Interno Lordo. Ilpresidente della Federal Reserve, Ben Shlomo Bernanke, ha messo le mani avanti per annunciare che diminuirà progressivamente gli acquisti di titoli pubblici e i prestiti alle banche. Ci sono segnali di ripresa, ha sostenuto, e dall’estate del 2014 la politica “accomodante” della Federal Reserve non potrà che subire una decisa inversione di tendenza. Negli Stati Uniti come In Europa è quindi la “droga” iniettata a piene mani dalle banche centrali a sostenere l’economia. Ma con una differenza non da poco. La Bce ha infatti margini di manovra molto più risicati rispetto alla Federal Reserve che è avvantaggiata anche dal dover avere a che fare con un solo Tesoro da cui dipendono i conti pubblici. A tutto questo si aggiunge poi il ruolo del dollaro che se dovesse riflettere i cosiddetti “fondamentali” dell’economia, come ad esempio la ricchezza delle famiglie, avrebbe una cambio rispetto all’euro e alle altre monete (yen, yuan e sterlina) molto minore dell’attuale. Il dollaro può peròavvalersi della superiorità tecnologica degli Usa in ambito tecnologico e militare che gli permette di funzionare come moneta di occupazione laddove sono dislocate le truppe Usa. Da qui nasce anche la sua supremazia come moneta di riferimento nelle transazioni internazionale, ad incominciare dall’acquisto di materie prime come l’oro, il petrolio e il gas. Da qui una rendita di posizione che permette a Bernanke di potersi muovere ed agire non preoccupandosi minimamente di quanto succede in Europa, se non per il calo della domanda di prodotti Usa, ma prestando attenzione soltanto ai fattori interni. Soprattutto in considerazione che gli Usa sono da anni in perenne deficit commerciale. Il che significa che le esportazioni languono tranne che per i prodotti ad alta tecnologia, il cui predominio viene ormai insidiato apertamente dalla concorrenza cinese. Marco Angelotti
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