Eni, il Tesoro vende le sue azioni
 











Il Tesoro sta per mettere in vendita il suo 4,3% di azioni dell’Eni. In tal modo allo Stato, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti (che al 70% è controllata dal Tesoro) rimarrà un 25,76% del gruppo fondato da Enrico Mattei. La notizia, a Borse chiuse, è stata fatta filtrare dalle solite agenzie di stampa bene informate che hanno preparato gli interessati al lauto banchetto che si annuncia. La svolta era prevedibile ed era già stata annunciata con mezze ammissioni da diversi ministri dell’attuale governo che non possono nascondere la loro convergenza di amorosi sensi e di amorosi interessi con gli ambienti dell’Alta Finanza internazionale di marca anglofona. Sono infatti questi a premere da un ventennio affinché l’Italia privatizzi tutte le aziende ancora sotto controllo pubblico, come Enel, Finmeccanica e appunto Eni. Le pressioni sul governo all’inizio di questo anno avevano portato Monti a fare la prima mossa, scorporando la Snam dall’Eni, comechiedevano i fondi di investimento Usa azionisti del gruppo italiano, come Knight Winke che detiene un 2%. Una richiesta giustificata con la considerazione che diversi miliardi sarebbero entrati in cassa permettendo di ridurre il debito. In realtà la richiesta era fatta con l’intenzione di indebolire l’Eni che è l’unico gruppo del settore energetico presente in tutti gli stadi della filiera del gas e del petrolio. Ma la svolta che sta per compiere l’attuale governo appare senza ritorno perché in tal modo è quasi certo che alla prossima assemblea dei soci dell’Eni, l’azionista pubblico (la CDP) venga messo in minoranza e che siano altri a poter nominare la dirigenza del cane a sei zampe e ad orientarne le scelte strategiche. All’ultima assemblea in primavera, quella che ha approvato il bilancio, i soci privati hanno depositato più azioni dei soci pubblici. Con tanti saluti alla figura di Enrico Mattei che tanto aveva fatto per dotare l’Italia di una larga autonomia e indipendenza nelsettore energetico e slegarla dai condizionamenti dei petrolieri anglo-americani e francesi che infatti lo uccisero. Ma del resto che ci si può aspettare da due governi “atlantici” come quelli di Monti (Goldman Sachs) e Letta (Aspenia)? E’ solo sperabile che il governo abbia il buon gusto di non inserire Goldman Sachs tra le banche scelte per mettere sul mercato le azioni messe in vendita. Ma conoscendo i politici italioti questo ci sembra davvero pretendere troppo. Anche in questo caso, i 2,7 miliardi circa che il Tesoro incasserà verranno giustificati come necessari per ridurre il debito pubblico. Un bicchiere d’acqua nell’oceano. Giuliano Augusto










   
 



 
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