Ripresa de che?
 











Chissà se i governi dei tecnici e quelli delle larghe intese leggono le statistiche economiche e ne traggono le giuste conclusioni. E’ lecito dubitarne, non solo perché l’attuale ministro dell’Economia Saccomanni insiste a dire che siamo ormai ad un passo dalla ripresa, ma anche perché la legge di stabilità partorita dal governo Alfetta tutta tesa com’è a "tenere in ordine" i conti pubblici sulla base dei parametri europei non cambia di una virgola la situazione economica del paese. Anzi la aggrava, sulla scia delle manovre precedenti di Monti e, prima ancora, di Tremonti.  Gli ultimi dati dell’Istat sul Pil confermano che la cura funziona ma il malato sta morendo. Ed è la terza o la quarta volta (se non di più) che i dati macroeconomici mettono in risalto il fallimento delle politiche di austerità persino nel centrare gli obiettivi dichiarati, come per esempio ridurre il debito pubblico. Infatti, se il Pil diminuisce (o non aumenta), cresce ilrapporto col deficit, per ridurre il quale vengono messe in campo misure come tagli alla spesa e nuove tasse dall’effetto recessivo; la recessione a sua volta riduce il Pil e via così. Un circolo vizioso di cui si avvantaggiano solo i mercati finanziari che speculano sui debti pubblici dei paesi in difficoltà.
E così, di nuovo, è vero che nel 2014 l’Istat dà il Pil in crescita dello 0,7%, ma dopo che nel 2013 si è contratto dell’1,8%, meno di quanto prevedeva il governo nel Documento di economia e finanza. Ora anche Saccomnanni concorda con una stima del -1,8%, ma sostiene per l’anno venturo una crescita dell’1,1%. Il Documento di Economia e Finanza aggiornato in settembre, inoltre, sconta una recessione dell’1,7% a fine anno e mette nel mirino una crescita dell’1% per i prossimi dodici mesi, cioè quasi un terzo in più di quanto stima l’Istat. C’è di che dubitarne, alla luce del fatto che, finora, il governo ha quasi sempre sbagliato le stime, sempre troppo ottimistiche (si veda latabella con le varie stime a confronto). E anche alla luce del fatto che la disoccupazione continua a galoppare (perché la casse integrazione si sta via via traformando in mobilità definitiva per molti lavoratori). Infatti, il tasso di disoccupazione - in crescita sostenuta nella prima parte dell’anno - «raggiungerebbe quota 12,1% nel 2013. Nel 2014, pur stabilizzandosi, proseguirebbe ad aumentare a causa del ritardo con il quale il mercato del lavoro segue le evoluzioni dell’economia (+12,4%)» (tradotto, la ripresa è finta, non essendo in grado di invertire il trend di chiusure di aziende e posti di lavoro persi).
Date le condizioni di debolezza del mercato del lavoro, le retribuzioni per dipendente continuerebbero a mostrare una dinamica moderata (+1,4%, sia nel 2013 sia nel 2014), «dovuta al blocco retributivo nel settore pubblico e alla sostanziale equiparazione tra l’andamento delle retribuzioni di fatto e quelle contrattuali». Di conseguenza, nell’anno in corso, secondo glieconomisti, la spesa delle famiglie dovrebbe segnare una contrazione del 2,4%. Proprio la «perdurante debolezza dei consumi» potrebbe frenare l’aumento dei prezzi che si attende come causa dell’innalzamento dell’Iva al 22%.
Ecco perché i numeri del governo appaiono fantascientifici: non è con i 14 euro mensili che alcuni (non tutti) i lavoratori si ritroveranno in busta paga (forse) per il taglio del cuneo fiscale che si sostiene la domanda interna, si rilanciano i consumi e si dà una mano alle imprese. La situazione resta drammatica e la spirale recessiva non si interromperà con le inutili misure messe in campo dal governo. Non per nulla, l’Istat ricorda che lo scenario delineato per l’Italia «è legato a ipotesi specifiche sull’evoluzione del quadro internazionale, delle condizioni di liquidità e di incertezza economica e politica. In caso di minore crescita mondiale il Pil nel 2014 registrerebbe un incremento più contenuto. Viceversa un miglioramento delle condizioni di liquiditàe una riduzione dell’incertezza stimolerebbero un ulteriore incremento degli investimenti e una crescita del Pil più sostenuta». Insomma, Italia alla mercè degli eventi.
Al governo, comunque, non va giù che l’Istat riveda così al ribasso le previsioni sull’andamento dell’economia italiana (forse gli rompe le uova nel paniere?). «Abbiamo opinioni leggermente diverse» replica gelido il ministro Saccomanni, secondo il quale «la differenza modesta è dovuta alle attività del processo di riforma strutturale» e «alle misure sui rimborsi del debito P.a.». «Non so in che misura l’Istat stia tenendo conto anche di questi fattori». Provi a chiederglielo.  Ro.Ve.

 









   
 



 
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