Lo spread scende ancora
 











Il debito italiano schizza al 134% sul Prodotto interno lordo e lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi continua a scendere, toccando quota 200 punti. Un sorprendente anomalia perrché è evidente che il differenziale di rendimento tra i due titoli pubblici, tra due titoli a lungo termine, dovrebbe al contrario reagire con un aumento. Insomma, quando aumenta il debito di quello messo peggio. Uno Stato incontrerà infatti problemi non da poco a trovare risorse sui mercati finanziari se la quantità di titoli da emettere continua a salire. Quota 200 punti rappresenta peraltro lo spread fisiologico tra i due titoli, almeno secondo le dichiarazioni del governatore Ignazio Visco l’8 luglio del 2012, quando lo spread, a sette mese dall’inizio della cura Monti, era sceso a quota 470 dai 570 punti del novembre 2011, quando cadde Berlusconi. L’Italia merita i 200 punti, aveva insistito Visco nel settembre succesivo. In realtà, a voler bene vedere, ilgoverno Monti aveva fatto ben poco per “tranquilllizzare” gli investitori, e gli speculatori, sul ritorno dell’Italia ad un approccio “virtuoso” nella gestione dei conti pubblici. L’unica cosa sostanziale che l’ex consulente di Moody’s e di Goldman Sachs aveva fatto era stato un’aumento delle tasse, ad incominciare da quella Imu, una tassa tanto più odiosa quanto era andata a pesare sulla casa, il bene più prezioso sul quale possano contare le famiglie. In tal modo però, era calato soltanto il disavanzo, dal 4,2% a poco più del 3% sul Pil, senza però andare ad incidere sul debito, il cui aumento tuttora continua ad essere incontrollabile. Una tendenza, quella di intervenire sui flussi di cassa, che è continuata anche con l’attuale governo, con il disavanzo sceso poco sotto il 3%. Da parte loro, le società di rating, che pure hanno declassato il giudizio sui Btp decennali ad un gradino appena suiperiore a quello di titoli “spazzatura”, si sono prese un periodo di pausa, pur minacciandodi muoversi per ridurre l’Italia ad un livello tale, il più basso, dove i compratori di titoli dovrebbero dileguarsi in tutta fretta. La bonaccia finanziaria che lascia tranquilli i nostri Btp non è comunque spiegabile interamente con gli intrerventoi dellas Bce e del Fondo permanente salva Stati che, in caso di necessità comprano rispettivamente titoli pubblici fino a 3 anni e quelli fino a 10 anni. Attaccare i Btp per colpire l’euro è divenuto abbastanza oneroso per gli speculatori, considerato che i detentori esteri sono scesi al 35% rtispetto al 51% di due anni fa e molti di quesrti sono italiani con i capitali all’estero. Resta sempre per la finanza anglofona (per Wall Street e per la City ) la volontà di fare pressioni sul governo italiano per spingerlo a vendere le aziende pubbliche, come Eni, Enel e Finmeccanica, con la scusa di fare cassa per diminuire il debito pubblico, anche se il ricavato di una totale dismissione sarebbe irrisorio dal punto di vista finanziario. Ma ilfine non è quello. Agli anglofoni interessa cancellare in realtà ogni ruolo autonomo dell’Italia sul piano internazionale. Tutto il resto sono chiacchiere o fumo di copertura. Giuliano Augusto

 









   
 



 
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