L’unione bancaria europea rischia di tornare nel limbo delle buone intenzioni. Ne sarebbero soddisfatti molti, convinti che, se lo schema è quello concordato a dicembre, è meglio non averla affatto. Ma ad essere nei guai sarebbe la Bce, costretta ad effettuare delicati e rigorosi stress test sulle banche europee, senza la garanzia di una rete di salvataggio. La contesa è complicata ma cruciale: ancora una volta è uno scontro fra Berlino e le istituzioni comunitarie. A dicembre, la Merkel era riuscita convincere gli altri leader europei a sottoscrivere un accordo che, sostanzialmente, lascia nelle mani (e nelle casse) dei singoli governi nazionali la gestione dei fallimenti bancari e, soprattutto, consente alle diverse capitali di bloccare interventi che potrebbero richiedere il contributo di altri paesi. La costituzione di un fondo comune di salvataggio (55 miliardi di euro, secondo molti assolutamente insufficiente) è rinviata di dieci anni. Ilpunto è che, trattandosi di un accordo intergovernativo, il Parlamento europeo è sostanzialmente tagliato fuori dalla nascita e dalla gestione del nuovo meccanismo unico di intervento nelle banche in crisi. E i deputati di Strasburgo, alla vigilia delle nuove elezioni, si sono ribellati. Ma, sulle banche, Berlino è pronta a giocare pesante. Mai come questa volta si è visto il governo tedesco battere i pugni sul tavolo. Troppo importanti, per la Germania, i rischi di dover sborsare soldi tedeschi per salvare una banca spagnola o slovena e, anche, la possibilità che, dall’esterno, ci sia chi ficca il naso nell’arcipelago delle piccole e medie banche tedesche, ingranaggio-chiave della politica nazionale. Ecco, allora, questa settimana, il ministro delle Finanze, Schauble, piombare a Bruxelles per spiegare che, se si tocca anche una sola virgola dell’accordo di dicembre, la Germania bloccherà il meccanismo unico di risoluzione. Gli ha risposto, il giorno dopo, il presidente delParlamento europeo, Martin Schultz, riproponendo tutti i dubbi sull’efficacia della riforma. Al di là dei problemi di galateo istituzionale e di rapporti fra governi e organismi comunitari, infatti, è l’impianto della riforma ad apparire farraginoso, in una materia, come quella della chiusura di una banca, che richiederebbe interventi lampo. Il think-tank Bruegel ha chiamato una apposita guida ad un ipotetico intervento di risoluzione di una banca "Non provateci da soli a casa". A esprimersi sul fallimento, infatti, sarebbero potenzialmente più di 100 persone. Questo il processo. I supervisori della Bce lanciano l’allarme, ma a decidere l’eventuale intervento devono essere: il direttorio dello Ssm, Meccanismo unico di supervisione (24 membri), il direttorio della Bce (24 membri), probabilmente anche il team di mediazione (3 membri) ancora dello Ssm, il suo consiglio esecutivo (10 membri) e, infine, il direttorio al completo, questa volta, dello Srm, il Meccanismo unico dirisoluzione. Ma non è finita. Perché, a questo punto, si apre il contradditorio fra il direttorio sempre dello Srm e il Consiglio europeo, cioè i 28 governi della Ue, su proposta della Commissione di Bruxelles (28 membri). Troppe teste, troppi interessi, troppe riunioni per escludere che sorgano intoppi. E’ lo scenario che ha già spinto Mario Draghi a sollecitare uno snellimento, in nome del principio, sottoscritto a gran voce da tutti gli esperti di cose bancarie, che deve essere possibile chiudere una banca "nel giro di un weekend". Ma Berlino ha, sinora, tenuto duro. Come andrà a finire? Molti pensano che i brontolii del Parlamento di Strasburgo siano solo vetrina elettorale. Per lo stesso Schultz, tedesco, socialdemocratico, candidato di socialdemocratici e progressisti alle prossime elezioni non è semplice giustificare l’opposizione ad uno schema fortemente voluto da un governo di Berlino, di cui fa parte il suo stesso partito. Il tempo però stringe: rimangono meno di due mesi,prima che il Parlamento di Strasburgo si sciolga e rinvii ogni decisione ai nuovi deputati, probabilmente in autunno, lasciando, nel frattempo la Bce e gli stress test senza ombrello.Maurizio Ricci,repubblica
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