Caccia a 20 miliardi, il governo pronto a far salire il deficit
 











Parte la caccia a 20 miliardi. Coperture da rifare per le pensioni dei professori e per quota 96. La prima misura potrebbe addirittura saltare. Il ministro per la Semplificazione Marianna Madia e il viceministro dell’Economia Enrico Morando sono al lavoro su un piano d’emergenza per il 2015. Un contributo potrà venire anche dalla maggiore Iva sulle ristrutturazioni edilizie. E questo mentre Palazzo Chigi "archivia" Carlo Cottarelli (giudicato "troppo impaziente" dall’ex ministro Piero Giarda) e pensa a una nuova spending review. Renzi intanto rassicura sui conti ("nessuna preoccupazione") e blinda il tavolo con Berlusconi: "Un aiuto per le riforme".
Prima la presa d’atto della frenata dell’economia, poi la rinuncia all’allargamento del bonus di 80 euro a pensionati e partite Iva (che sarebbe costato 5 miliari), quindi l’impegno a lavorare d’agosto alla legge di Stabilità. La task force renziana ha già in mente la contromossa autunnale alla cadutadel Pil e alla rinnovata tensione sui conti pubblici. Un piano d’emergenza per trovare 20 miliardi per il 2015 e costruire un cordone di sicurezza intorno ai conti pubblici, cercando di evitare cure drastiche a colpi di austerità.
A far scaldare i motori, dopo le polemiche delle ultime ore e il "caso" Cottarelli, è intervenuta nel frattempo la mancata bollinatura da parte della Ragioneria generale di due norme del decreto Madia, approvato nei giorni scorsi alla Camera: il pensionamento di 4.000 insegnanti con le norme, pre-Fornero, di "quota 96" (costo nel 2014 circa 50 milioni) e l’anticipo del pensionamento dei professori universitari da 70 a 68 anni (costo un centinaio di milioni). La Ragioneria pone rilievi per la qualità e l’entità delle coperture, soprattutto per la seconda misura, e il governo, al Senato, è intenzionato a correre ai ripari: Madia e Morando sono al lavoro nel week end.
Il nuovo quadro che si è venuto a delineare ha convinto Renzi ad accelerare lapreparazione della legge di Stabilità, che sarà comunque varata, regolarmente, a settembre. La valutazione di fondo è che servono circa 20 miliardi di manovra lorda: non lo dice solo l’ex viceministro del Tesoro, Stefano Fassina, che parla di 23 miliardi da giorni, ma che sta in una posizione critica nel Pd. Anche all’interno del governo i primi calcoli portano a questa cifra.
Da trovare ci sono infatti i 7-10 miliardi per il rinnovo del bonus Irpef da 80 euro per il 2015, i 4 miliardi di spese indifferibili (Cig in deroga, 5 per mille, missioni militari ed altro), i 4 miliardi di tagli alle spese postati sul 2015 dal governo Letta che dovranno essere trovati, pena l’entrata in funzione della clausola di salvaguardia con relativo taglio lineare delle agevolazioni fiscali. Infine 2-3 miliardi dovranno servire per proseguire nella correzione del deficit. In tutto una ventina di miliardi.
Dove trovarli? L’idea che sta circolando è quella di far conto intanto su una riduzione dellospread e la conseguente minor spesa per interessi di circa 3 miliardi, dato che gli stanziamenti sono stati per prudenza sovrastimati nel Def. La seconda mossa, che darebbe un paio di miliardi, riguarda la contabilizzazione del buon gettito dell’Iva che arriva dalle ristrutturazioni ecologiche delle abitazioni per le quali si stima un giro d’affari di 20 miliardi per il 2015. Il resto verrebbe dalla spending review: la cifra annunciata da Renzi è di 16 miliardi, ma a fronte di queste nuove risorse individuate dal governo, potrebbe essere limata con l’obiettivo politico di non intaccare più di tanto sanità, pensioni e servizi essenziali.
Molto dipenderà dal rapporto con l’Europa e dall’obiettivo di deficit-Pil che ci si porrà per il prossimo anno. Il Def fissava l’1,8 per cento per il 2015, ma già nei giorni scorsi Renzi, durante la direzione del Pd, ha annunciato di voler portare il livello al 2,3 per cento: dunque manovra più leggera. Non è escluso che si salga ancora, restandosotto il 3 per cento e riuscendo a racimolare qualche miliardo di margine, 5 oppure 6. Naturalmente questa opzione deve fare in conti con Bruxelles. Salire ulteriormente verso il 3 per cento (dopo aver già fatto slittare il pareggio strutturale di bilancio al 2016) aprirebbe un fronte con l’Unione che potrebbe trovare una soluzione solo una volta consolidati gli assetti della nuova Commissione e stabilite le modalità del meccanismo di flessibilità a fronte di riforme. Da considerare anche che preme la raccolta delle firme per il referendum per l’abolizione del Fiscal Compact: l’ulteriore ricorso al rigore non farebbe che dare maggiore fiato all’iniziativa.
Infine c’è la rivalutazione del Pil: il 20 settembre scatteranno le nuove serie di Eurostat che, cambiando metodo di calcolo e allargando il campo delle attività illecite contabilizzate, aumenterà il prodotto interno lordo di circa il 4 per cento. Una stima elaborata dalla Confcommercio valuta nello 0,1 la diminuzione del rapportodeficit-Pil dovuta alla crescita del denominatore: dunque 1,7 miliardi in più che comunque contribuiranno alla composizione della manovra allargando i margini. Roberto Petrini,repubblica

 









   
 



 
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