Per rilanciare la crescita e il livello dei prezzi dell’Eurozona basteranno un nuovo calo dei tassi di interesse al minimo storico, le previste iniezioni “condizionate” di soldi nelle banche (al via il 18 settembre) e l’appena annunciato acquisto di obbligazioni garantite (covered bonds) e titoli che impacchettano prestiti concessi a famiglie e imprese (in gergo Assed backed securities). Mario Draghi ne è convinto. Per questo la Banca centrale europea non metterà in campo, per ora, quello che è ormai noto come il “bazooka”: lo shopping di titoli di Stato sul mercato (quantitative easing), simile a quello messo in campo dalla Federal Reserve statunitense. Quanto alle presunte tensioni delle ultime settimane con Angela Merkel sul tema caldissimo della “flessibilità” sui conti pubblici, il presidente dell’Eurotower ha chiarito di non aver affatto cambiato opinione: “Per procedere con le riforme”, ha detto, “è sufficiente la flessibilità già contenutanel Patto di stabilità”. Una doccia fredda per il governo di Matteo Renzi, che fin dall’esordio alla guida del semestre europeo ha puntato tutto sull’interpretazione flessibile del Patto. Taglio dei tassi “non unanime” – Draghi, parlando dopo la riunione del Consiglio direttivo, ha detto che la decisione di un taglio di dieci punti del tasso di interesse di riferimento, dallo 0,15 allo 0,05 per cento, non è stata unanime. Assai probabile che i “falchi”, cioè i governatori delle banche centrali tedesca e finlandese, si siano opposti a questo nuovo allentamento monetario. Che sarà comunque l’ultimo, ha detto Draghi: “Ora siamo al limite più basso, arrivati al quale non sono più possibili aggiustamenti tecnici”. Sforbiciata anche per il tasso sui depositi, che passa da -0,1 a -0,2%, e per quello marginale, che si riduce allo 0,3 per cento. L’Eurotower comprerà titoli (non di Stato) per facilitare il credito all’economia – Oltre al taglio dei tassi,Draghi ha annunciato l’avvio di due misure “non convenzionali”. In prima battuta un nuovo round di finanziamenti a lungo termine e a tassi bassissimi alle banche (Tltro), simile a quelli del 2011 e 2012 ma condizionato all’ammontare di prestiti che ogni istituto concede al settore privato. La prima asta prenderà il via il 18 settembre e gli istituti italiani hanno già “prenotato” 75 miliardi di euro. Poi, a ottobre, partirà anche l’acquisto di titoli privati cartolarizzati (Abs), cioè strumenti finanziari che “impacchettano” prestiti a famiglie e imprese e da quegli stessi prestiti e mutui sono garantiti. Operazione i cui dettagli “saranno annunciati dopo il Consiglio” direttivo che si terrà “a Napoli il 2 ottobre”. Nessuna delle due iniziative arriva a sorpresa, considerato che erano state anticipate già durante la riunione di giugno. In compenso è alta l’aspettativa sui risultati. L’obiettivo, sulla carta, è sempre il solito: favorire il credito all’economia. Le misureeccezionali “all’americana” sono ancora rimandate – Secondo alcuni analisti, l’acquisto di Abs e covered bonds può essere letto come un “quantitative easing all’europea”. Una soluzione di compromesso, insomma. Certo è che non si tratta del famoso “bazooka”, il massiccio shopping di titoli di Stato che da tempo i mercati europei attendono con ansia. Draghi ha comunque riferito che il board della Bce è stato “unanime” nel concordare sul fatto che misure eccezionali aggiuntive andranno adottate “se necessario”. “Si è parlato del quantitative easing“, ha risposto Draghi a un giornalista in conferenza stampa, “e dell’acquisto di bond, e alcuni governatori hanno detto chiaramente che ne vorrebbero fare di più, altri meno”. Ma i tempi non sono maturi e soprattutto l’ex governatore della Banca d’Italia spera che le decisioni di giovedì siano sufficienti per “un ritorno dei tassi di inflazione a livelli più vicini al 2%”. Contro lo 0,4% di luglio e lo 0,3% di agosto, mese che in Italiaha visto la variazione del livello dei prezzi scendere sottozero per la prima volta dal 1959. I mercati festeggiano e l’euro cala ai minimi sul dollaro – Gli annunci arrivati da Francoforte sono piaciuti ai mercati e in particolare a Piazza Affari, che ha registrato un rialzo dell’1,4% subito dopo la notizia della sforbiciata e ha poi proseguito in ulteriore progresso. Il taglio ha subito avuto l’effetto desiderato anche sul cambio euro-dollaro: la moneta unica è scesa ai minimi dal luglio 2013, scivolando a 1,302 sul dollaro. Un andamento che favorisce le esportazioni e dovrebbe, in prospettiva, far salire un po’ l’inflazione, che in agosto è scesa allo 0,3%, ben lontano dal 2% che rappresenta l’obiettivo della Bce. Si è ridotto anche il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani a dieci anni (Btp) e gli equivalenti tedeschi (bund), che ha toccato un minimo di 140 punti per poi chiudere a 141,5, rispetto ai 150 della chiusura di mercoledì. Il tassodi interesse del Btp è al 2,36%, contro il 2,47% della chiusura di mercoledì. Limate ancora le previsioni di crescita – C’è da sperare che l’”esteso acquisto” di titoli cartolarizzati riesca a rimettere in moto l’economia dell’area euro. Gli analisti di Francoforte hanno infatti ulteriormente rivisto al ribasso le previsioni sulla crescita: il Pil, stimano ora, aumenterà quest’anno dello 0,9% e non dell’1%. Mentre nel 2015 il progresso sarà dell’1,6% contro l’1,7% previsto in precedenza. Aumentata, invece, la stima sulla crescita nel 2016, che ora è vista all’1,9%. “I rischi al ribasso”, ha spiegato il presidente, “sono legati alla perdita di slancio economico che potrebbe rallentare l’investimento privato e ai rischi geopolitici che potrebbero avere un impatto negativo sulla fiducia e alle insufficienti riforme strutturali”. “Gli Stati varino politiche fiscali favorevoli a crescita e riforme strutturali” – Le sempre invocate riforme, appunto.Per rilanciare la crescita, ha ricordato Draghi ricalcando il discorso tenuto durante il vertice dei banchieri centrali a Jackson Hole, non basta la politica monetaria. Anzi: la politica monetaria da sola non ha effetto: “Non esiste stimolo monetario o fiscale che possa produrre effetti senza riforme strutturali forti”. Innanzitutto, dunque, i paesi dell’Eurozona “devono adottare politiche fiscali più favorevoli alla crescita”. Poi le riforme strutturali “devono adesso guadagnare slancio per conseguire una crescita sostenibile più forte e aumentare l’occupazione nell’eurozona”. Riforme che “in alcuni paesi devono essere ancora varate e in altri implementate”. Ogni riferimento all’Italia e ai 700 decreti attuativi ancora mancanti (parola del ministro Maria Elena Boschi) non è puramente casuale. Draghi ha poi negato che per portare a termine le riforme serva meno austerità sui conti pubblici. “Il Patto di crescita e stabilità, è la nostra àncora e le regole non devono essere violate. C’èflessibilità nell’ambito delle regole”. E comunque,“dal punto di vista del rafforzamento della fiducia, che manca in molti paesi, sarebbe molto meglio se prima ci fosse una seria discussione su riforme strutturali poi una discussione sulla flessibilità”. La parola definitiva, insomma, sulle polemiche post-Jackson Hole sfociate, stando alle indiscrezioni, in una telefonata con la cancelliera Merkel “preoccupata” che le parole di Draghi andassero lette come un’apertura alla flessibilità. La risposta, che non piacerà a Matteo Renzi, è no. A proposito di Renzi, a Draghi è stato anche chiesto su che cosa si sia concentrata la conversazione durante l’incontro agostano tra i due a Città della Pieve. ”La nostra conversazione rimane confidenziale, non ho nulla da aggiungere a quanto detto”, è stata la secca risposta.ilfatto
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