"La situazione dell’inflazione nell’Eurozona è diventata sempre più difficile". Così il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante un convegno a Francoforte testimonia come sia alta l’attenzione che l’istituto centrale dedica al pericolo della deflazione, mentre definisce "improbabile" una ripresa più forte. Non a caso, il presidente torna a ricordare che la Bce farà "tutto quello che dobbiamo fare per alzare l’inflazione e le aspettative d’inflazione il più velocemente possibile", e se l’attuale politica monetaria non sarà efficace abbastanza "aumenteremo la pressione ampliando ulteriormente i canali attraverso cui interveniamo". Il succo è che se i rischi aumentano, la Bce è pronta a "cambiare mix, volume e ritmo degli acquisti" di titoli. Un chiaro riferimento al quantitative easing, l’acquisto di titoli anche di Stato, che diventa sempre più vicino e spinge i mercati. Una eventualità non nuova per gli investitori, ma cheDraghi avvicina cronologicamente riconoscendo che non sono più ammissibili "ritardi" nel far risalire l’inflazione. Dopo aver stimolato i mercati con le aspettative, il governatore che fa politica monetaria con le parole prova ora a ’giocare’ con i tempi d’intervento. Dal canto suo, la politica non è esente da un richiamo: dovrà attuare una gestione di bilancio espansiva - ma rispettosa con le regole fiscali condivise - per non minare ulteriormente la fiducia di consumatori e investitori. Parole che richiamano anche il piano di investimenti della commissione di Jean-Claude Juncker, che verrà presentato la prossima settimana. Draghi ricorda i progressi fatti dal picco della crisi: i rendimenti dei bond sovrani della periferia sono scesi del 3%, le forti disparità tra Paesi si sono un po’ ridotte. Ma il motore della ripresa è ancora al minimo "e anche gli indici Pmi pubblicati ieri suggeriscono che una ripresa forte non ci sarà nei prossimi mesi, con gli ordini al settoremanifatturiero che sono calati per la prima volta dal luglio 2013". Ma è proprio sulla dinamica dei prezzi che vanno le preoccupazione del governatore. "Se nel novembre scorso l’inflazione si attestava allo 0,9%, quantomeno ci si aspettava che risalisse oltre l’1%. Invece non è accaduto e l’ultima lettura ci parla di prezzi al +0,4%", sottolinea Draghi. Il mandato della Bce, come noto, è di mantenere la dinamica dei prezzi poco sotto il 2% nel medio termine. Ma negli ultimi tempi, il governatore italiano si è spinto molto nel valutare anche le aspettative più a lungo termine, cogliendone la fragilità e traendone spunto per calcare la mano nel board della Bce e spingere anche i falchi tedeschi all’azione: tassi ai minimi, acquisto di Abs e obbligazioni garantite, grilletto caldo per lanciare il quantitative easing. Ad oggi, è vero che gran parte della dinamica di bassa inflazione è stata dovuta ai prezzi dell’energia e degli alimentari, che per natura sono i più volatili. Ed èanche vero che - in una fase di crisi - avere energia e cibo a prezzi più contenuti è un sostegno indiretto ai consumi e alla produzione. Ma Draghi sottolinea nel suo discorso come pure i prezzi ’core’, cioè depurati delle componenti temporanee, siano a livelli troppo bassi da troppo tempo: "La debolezza della domanda sta giocando un ruolo" decisivo. Per di più, i salari stanno crescendo al minimo livello da tre anni e per i lavoratori non c’è forza sufficiente, visto lo stato generale dell’economia, per richieste di aumenti: altri fattori che tolgono pressione inflattiva. La ricostruzione del governatore, a questo punto, è cristallina: "Abbiamo già avuto una bassa inflazione in passato, spinta giù dai prezzi dell’energia - è stata addirittura negativa nel 2009. Ma a quel tempo, l’inflazione di fondo si stava già muovendo verso l’alto, visto che l’economia era in ripresa, tanto che ci ha tranquillizzati sul fatto che la dinamica dei prezzi sarebbe risalita nel medio termine. Questavolta, il quadro generale è diverso". Oltre a impattare su aspetti noti, quali la mancata riduzione effettiva del costo del debito pubblico e il crollo dei consumi sull’aspettativa di prezzi più bassi, Draghi si focalizza su quanto sia pericoloso che il basso livello di inflazione diventi ’endemico’ alle aspettative di inflazione, anche a lungo termine. Sapendo infatti che i prezzi resteranno costanti, un investitore saprebbe anche che il tasso reale sarà maggiore in futuro. Così rimanderebbe il suo investimento. E visto che la Bce ha già al minimo i tassi, non si potrebbero azionare leve ulteriori e si sfocerebbe in un restringimento monetario, che è proprio l’opposto degli obiettivi di Draghi. Diagnosticato il male dell’Eurozona, il governatore passa in rassegna le contromisure adottate dalla Bce e quindi viene in supporto ai mercati: "Siamo passati", ricorda "da una politica monetaria passiva a una gestione più attiva del nostro bilancio. Ciò significa che ora a determinare inostri orientamenti di politica monetaria sono i cambiamenti nella dimensione e nella composizione del nostro bilancio o - per essere più specifici - i mercati in cui interveniamo, la portata e il ritmo dei nostri acquisti". Oltre all’azione della Bce, come suo solito Draghi chiede anche l’intervento della politica. In particolare, la politica di bilancio complessiva dell’Eurozona deve andare nella stessa direzione impressa dalla politica monetaria espansiva della Bce "in modo da spingere la fiducia - in coerenza con le regole di governance fiscale. In caso contrario, la mancanza di fiducia intaccherà gli investimenti e affosserà gli effetti positivi della politica fiscale sulla domanda".Raffaele Ricciardi,repubblica
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