Ripresa al di là da venire e ancora aumento della disoccupazione. Ogni giorno arrivano segnali più precisi sulla crisi economica mondiale. E ogni giorno sale di "livello" l’autorevolezza della fonte. E’ stato lo stesso Jean Paul Fitoussi a stimare una uscita dal tunnel «non prima del 2014», mentre per il direttore esecutivo del Fondo monetario internazionale per l’Italia Arrigo Sadun, la disoccupazione crescerà ancora di un paio di punti. E intanto, un altro "sacerdote" dell’economia mondiale, Giuliano Amato, punta il dito contro la «speculazione finanziaria». «I governi questo problema se lo devono porre», ha detto l’ex primo ministro italiano. Un bollettino di guerra globale che non si discosta molto dalla realtà di ogni sindolo paese. I dati sul mercato del lavoro nella provincia di Milano sono chiari: il calo del mercato del lavoro nei primi mesi del 2009 è stato di quasi il 17%. Secondo i dati della Provincia di Milano si registra un calodei contratti a tempo inderminato del 31%. Aumentano le difficoltà delle famiglie. A testimoniarlo non sono solo le cifre, che riguardano sempre la provincia di Milano, sul vertiginoso aumento di coloro che sono in cerca di lavoro (+87%, nella grande maggioranza uomini). Lo dicono anche i dati sulla "spesa". Si contrae di parecchio (11%, secondo l’Assofin) il ricorso al credito al consumo, e sta crescendo il peso del mutuo sulle spalle delle famiglie. Secondo la Caritas e la Fondazione responsabilità etica nel 2010 una famiglia su quattro, tra quelle che acquisteranno la casa chiedendo un finanziamento, sarà «a rischio povertà» a causa di una rata che «si mangia» circa il 30% del reddito disponibile. La percentuale di famiglie a rischio sale infatti dal 25% al 37% (una su tre) se si considera chi il prossimo anno ricorrerà al credito per abbandonare l’affitto a favore di un’abitazione finalmente «propria». Secondo il rapporto sono maggiormente a rischio i nuclei composti da unasola persona (44,8%) o da un solo genitore con figli a carico (29,9%), specialmente se il capofamiglia ha un titolo di studio medio-basso o ha un lavoro autonomo (32,7%). Per loro sarà più difficile sostenere le spese ordinarie (bollette, alimenti, ecc) e aumenterà anche il rischio di non riuscire a far fronte ad eventi straordinari, a partire da quelli più banali: la rottura di un elettrodomestico, la manutenzione dell’auto. Con il pericolo di finire, nei casi più gravi, tra le braccia di un usuraio. Pericolo ancora più reale stando ai dati della Rete italiana della microfinanza, secondo la quale il 25% degli italiani non riesce ad accedere al credito bancario. Nella maggior parte dei casi si tratta di famiglie disagiate non in grado di fornire garanzie alle banche, disoccupati, giovani e stranieri che per questo motivo si trovano a scontare più di altri la crisi economica. Secondo Ritmi, che raccoglie 21 organizzazioni di microcredito, «servirebbero 50 miliardi, ovvero il 3% degliimpieghi bancari totali italiani», per risolvere tutti i problemi socio-economici del Paese: 12 miliardi per le famiglie disagiate; 11 miliardi per gli immigrati e 27 miliardi per le imprese in difficoltà. L’obiettivo della Rete, è coprire il 10% di questo fabbisogno (5 miliardi di euro) finanziando chi non ha accesso al credito tradizionale. Ma oggi le sue capacità ammontano a soli 50 milioni (1%). «L’Italia, con il suo 25%, ha uno dei tassi di esclusione sociale e finanziaria più alti d’Europa - ha detto il presidente di Ritmi Daniele Ciravegna -. È necessario sostenere il microcredito, se non proprio fino a coprire tutto i 50 miliardi necessari, ma almeno per il 10%». La Cgil è tornata ad accusa l’immobilità del govrno. «Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti - ha detto il segretario generale Guglielmo Epifani -, partendo dall’assunto che abbiamo un enorme debito pubblico e quindi non possiamo spendere, ha deciso non fare nulla, lasciando senza prospettive cassintegrati,giovani, imprenditori e i cosiddetti interinali, una categoria di lavoratori praticamente scomparsi dalle aziende». Secondo Epifani, «ci vorranno 5-6 anni per riconquistati i livelli occupazioni e salariali spazzati via della crisi» e non è quindi pensabile «che centinaia di migliaia di cittadini vengano lasciati senza prospettive così a lungo».
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