Il ministro più candidato dalla Lega stessa ad occupare Palazzo Chigi nel 2013 secondo il disegno di redistribuzione semipresidenzialista dei poteri esecutivi che giubilerebbe Silvio Berlusconi al Quirinale, ossia Giulio Tremonti, che smentisce la notizia della giornata e poi la conferma, ma per l’anno prossimo: una correzione di 5 miliardi almeno dei conti pubblici. Che il superministro dell’Economia fa coincidere, smentendo ogni manovra correttiva da qui all’estate, con la «correzione dello 0,5 per cento» che sarebbe già stata concordata con la Commissione Europea, per il 2011. Al tempo stesso, Tremonti non commenta e quindi nemmeno smentisce l’ipotesi d’una manovra estiva necessaria comunque per finanziare le spese eccedenti nel 2010: comprese quelle per il rifinanziamento delle missioni militari all’estero. Poiché la voce circolata negli ambienti parlamentari al pomeriggio di ieri parlava dei tecnici di via XX Settembre al lavoro per definire undecreto «di mantenimento» - in equilibrio, s’intende - della manovra triennale varata nel 2008, la smentita di Tremonti non è sostanziale, anzi. Ma significativo è il rimbalzo al 2011. Significativo perché, come illumina proprio la scelta leghista di supportare ventre a terra la contestazione al governo da parte dei primi cittadini dei Comuni della Lombardia - non a caso contrastata da una defezione eccellente proprio dell’attuale sindaco di Milano, Letizia Moratti, che d’altra parte si deve difendere dall’Opa lanciata su Palazzo Marino da Umberto Bossi in persona - , la partita che viene prima di tutte, nei mesi prossimi, per la Lega è, insieme al federalismo, la riforma fiscale. Quella che Berlusconi cerca, attraverso i suoi portavoce e i giornali di famiglia e non, di far passare quasi come un’imposizione su Tremonti: che in effetti una revisione dei prelievi fiscali l’ha già bloccata. Ma era quella sull’Irap. Mentre è stato proprio Calderoli a lanciare la campagna d’urto peraffermare l’orientamento delle "due aliquote", da buon ministro della Semplificazione: e l’ha lanciata collegandola strettamente da una parte all’«ingiustizia del sistema attuale per i pensionati e i lavoratori dipendenti», dall’altra all’eliminazione di ogni competenza concorrente fra Stato e Regioni. Non a caso il promotore dell’iniziativa clamorosa dei sindaci a Milano ieri, il presidente dell’Anci regionale e sindaco di Varese, Attilio Fontana, ha chiosato così sul senso della mobilitazione: «Una protesta di un territorio che inizia a soffrire e vuole dimostrare al centro che così non si va avanti». Ancora non per caso, i contatti telefonici formali col governo dopo la restituzione delle fasce tricolori, Fontana li ha avuti con Letta e, manco a dirlo, con Tremonti. E ancor meno a caso così ha definito le aspettative, dopo i contatti: «Un allentamento del Patto per i comuni virtuosi e un irrigidimento per quelle istituzioni che in questi anni invece non lo hanno rispettato». Piùchiaramente: «Anche una regionalizzazione del patto di stabilità ed una rivisitazione dei trasferimenti dallo Stato, perché i tagli non possono continuare ad essere fatti in modo uguale». E poi: in qualche modo, il balletto di voci e smentite di ieri sulla correzione ai conti pubblici, oltre a rappresentare una buona arma in mano a Tremonti, naturalmente, per vigilare sul rigore di ogni riforma di sua competenza visti i tempi di magra e la crisi europea appena mascherata da crisi locale in Grecia, risulta anche come una vendetta, in qualche modo, sulla campagna stampa attuata da Berlusconi per farsi passare come "bacchettatore" di Calderoli asceso con la sua «bozza di lavoro sulle riforme istituzionali» al Quirinale. Perché la voce sulla manovra da 5 miliardi era partita dalla maggioranza, anzi dal Pdl, anzi da quanti l’avrebbero ricevuta da Silvio Berlusconi, in persona.
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