Mentre ad Atene sfilano decine di migliaia di persone per protestare contro le misure di risparmio draconiane varate dal governo socialista di Papandreou, e le violenze di pochi fanno le loro prime tre vittime, innocenti, tutta Europa continua a tenere lo sguardo fisso sulla Grecia. Dopo il deciso calo generale delle borse, martedì, ancora ieri correvano in lungo e in largo per l’Europa le voci di un possibile prossimo contagio di altri paesi, Spagna e Portogallo su tutti. L’Italia, dicono gli analisti (vatti a fidare), sarebbe al riparo. L’aumento del differenziale sui titoli di stato tedeschi sarebbe solo frutto di speculazione di breve periodo e il rischio di contagio «solo psicologico». Si teme anche - o si dice di temere, che tanto l’effetto è lo stesso - che Atene non sia in grado di far rispettare i piani, che le prospettive di crescita siano una vana illusione e che la forte opposizione popolare, di cui si è avuto dimostrazione ieri,faccia comunque saltare tutto. Ieri l’agenzia di rating Moody’s ha attivato una procedura per la revisione dei bond portoghesi. E gli effetti non si sono fatti aspettare: l’euro è sceso per la prima volta da un anno sotto l’1,29 sul dollaro, i bund decennali tedeschi sono arrivati al minimo storico del 2,84% e quelli greci sono saliti di nuovo quasi al 10% (ma quanto ha guadagnato la Germania dai ritardi che ha causato?), la borsa di Atene ha perso il 5,2% Con le voci che corrono, diffondendo per le borse mondiali "timori speculativi", alla politica, dopo aver concesso 110 miliardi di aiuti in tre anni, non rimangono che le parole. Così il presidente del consiglio dell’Ue Van Rompuy ieri ripeteva che quello greco è un «caso unico» e che Portogallo e Spagna «non hanno assolutamente nulla a che vedere con quella situazione». Atene ce la può fare, del resto «la stessa Grecia negli anni ’89-’94 ha realizzato uno sforzo di aggiustamento dello stesso ordine di grandezza in termini disaldo primario». Parole simili dal commissario agli affari economici e monetari Olli Rehn - che ieri ha ribassato le previsioni Ue sul pil greco per il 2010-11 - e dal presidente dell’eurogruppo Jean-Claude Juncker. Solo Strauss-Kahn, il direttore dell’Fmi, ricordava che «tutti devono rimanere estremamente vigili» contro i rischi di un contagio. Ieri intanto si è iniziato a discutere, nel parlamento greco, del piano di aiuti. Contrarie tutte le opposizioni, compresa quella di Nuova democrazia, il centrodestra dell’ex premier Karamanlis, ritenuto da molti responsabile della situazione. Oggi si voterà, e la maggioranza non avrà problemi. A Berlino il parlamento ha discusso e votato invece già ieri il progetto di legge del governo di centrodestra di Angela Merkel per il finanziamento di 22 miliardi di euro in tre anni - il 28% del credito Ue. E’ stata l’occasione per la resa dei conti al Bundestag. Merkel ha difeso con le unghie e con i denti l’intervento tedesco. «Ne va né più némeno che del futuro dell’Europa e dunque del futuro della Germania in Europa», ha detto. Niente di più e niente di meno di ciò che per settimane le hanno ripetuto i colleghi europei, la Bce e l’Fmi. E che Merkel si ostinava a non accettare, mal consigliata e abbagliata dalla data del nove maggio - quando in Germania si terranno importanti elezioni regionali -, e dai sondaggi, che rivelavano la forte contrarietà agli aiuti della stragrande maggioranza degli elettori. Ma la cosa "bella" della politica è che si può dire tutto e il contrario di tutto, basta sembrare convinti (ne sappiamo, noi italiani, qualcosa). E a giudicare dal suo intervento di ieri di fronte al parlamento, così deve pensarla anche la cancelliera tedesca, che, dopo aver molto abilmente goduto della compagnie socialdemocratica nel vecchio governo di grande coalizione, oggi, insieme ai deboli liberali di Westerwelle, sembra aver perso la bussola. «Una canna al vento», l’ha definita nel suo intervento il capogruppo SpdSteinmeier. Merkel ha provato a contrattaccare per confondere le acque, ricordando come, nel 2000, quando Atene entrò nell’Ue, qualcuno fece notare che qualcosa nei conti greci non sembrava tornare. Eppure non si agì di conseguenza. Allora al governo c’era la coalizione rosso-verde di Schröder e Fischer. Un tentativo «vergognoso» per Steinmeier, da parte del rappresentante di un governo che è stato incapace di rendersi conto che quella greca è «la crisi peggiore dai Trattati di Roma», e che ora «chiama i pompieri quando l’incendio è divampato». Per colpa della strategia Merkel, «rinviare, dissimulare, infiocchettare», la Germania ha perso tanto credito politico in Europa come mai prima. L’Spd, come i Verdi, nonostante le critiche hanno votato il pacchetto. Che invece ha bocciato la Linke. La sinistra tedesca contesta la concessione di un credito che servirà solo alle banche e non ai cittadini. Secondo la vice (e futura) presidente del partito Gesine Lötzsch il pacchetto non aiuteràla Grecia a uscire dalla crisi, né contribuirà alla stabilità dell’euro. La Linke vuole che insieme agli aiuti vengano varate delle regole precise per i mercati finanziari. La strategia a due passi, prima gli aiuti e poi le regole, non funziona come ha dimostrato la crisi bancaria del 2008-9.
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