Il capitalismo salvi se stesso (se ne è capace)
 







Rosario Amico Roxas




Era prevedibile, anzi scontato: il capitalismo mondiale è entrato nella sua fase di crisi profonda.
Non si tratta di una delle periodiche crisi di crescita  come teorizzato da Schumpeter.
Tale crisi cominciò negli USA, con un governo Bush scatenato a reperire quattrini per condurre, da petroliere, le sue assurde guerre del petrolio .
Il sistema per reperire denaro non poteva che contemplare lo sfruttamento al massimo del potenziale del mercato, attraverso la mobilitazione dei media, per spingere al consumo, anche ipotecandosi la casa, pur di potere seguire la moda imposta del superfluo.
Era questione di tempo, ma i nodi dovevano venire al pettine, e in tutto l’occidente, nonché in quelle nazioni che si sono lasciate irretire dal consumismo sfrenato.
L’Italia è stata la nazione più disgraziatamente coinvolta, perché ha avuto la maledizione di avere un presidente del consiglio impelagato fino al collo nel conflitto di interessi,e,contemporaneamente convinto promotore di un liberismo fuori dal controllo dello Stato,  inadeguato ad inserirsi nella dinamica di una nazione che era riuscita ad emergere dallo sfacelo fascista con la forza del lavoro, della produzione, con il sostegno delle classi socialmente più deboli, ma messe nella condizione di lavorare e produrre.
Con l’arrivo di questo speculatore  le condizioni si capovolsero; emerse la finanza creativa, la protezione delle classi che avrebbero dovuto pilotare la produzione, attraverso condoni fiscali a ripetizione, favorendo (e giustificando) l’evasione fiscale, quindi la penalizzazione del lavoro mortificato dal precariato.
Ora proclama la lotta all’evasione, magari sperando di essere creduto; ma  durante il governo Prodi, in una riunione dell’Assindustria ebbe a dire che una fiscalizzazione oltre il 40% giustifica l’evasione; questo perché prometteva riduzione di tasse e benefici per le fasce più bisognose; non è accaduto nulla di ciò,anzi le tasse aumenteranno (ma non si chiameranno più "le mani nelle tasche deli italiani" , ma  SACRIFICI NECESARI"), e pretende che il popolo (bove quanto vi pare, ma non fino a questo punto) debba credergli.
Dopo avere esaltato la classe capitalista, gli imprenditori, le cordate eroiche, ora che li ritrova sull’orlo del fallimento, vorrebbe chiamare a raccolta la piccola e media borghesia del lavoro perché vada a soccorrere gli sconfitti.
Salvare poi questo capitalismo sostenuto da questo governo, significa salvare il boia che ha pronta la corda per impiccare la piccola e media borghesia che vive di lavoro e crede nella democrazia; questo perché il capitalismo non soltanto non ha bisogno della democrazia, ma la combatte in nome di un regime autoritario che tuteli le condizioni di privilegio che ha generato.
Il capitalismo e la crisi
Nel 1883 moriva Marx e nasceva Schumpeter, l’economista teorico massimo del capitalismo; questi rispose in anticipoalle accuse che sarebbero state rivolte, periodicamente, al capitalismo e cioè di essere in crisi . Le previsioni di Marx, circa la morte del capitalismo, che sarebbe inevitabilmente avvenuta, furono contraddette dalla storia; fu il sistema economico socialista a morire quando, superati gli schemi della contrapposizione ideologica democrazia/comunismo, si passò alla contrapposizione economica capitalismo/sistema socialista.
Schumpeter non solo non negò che periodicamente il capitalismo sarebbe caduto in crisi, ma identificò lo stesso capitalismo con la crisi: il capitalismo è la crisi, se periodicamente non si verificasse tale situazione si fermerebbe il progresso. I processi di concorrenza, di innovazione continua distruggono e creano allo stesso tempo, sconvolgono ciò che c’era e promuovono il cambiamento; il sistema capitalistico stimola il momento di crisi per modificare l’assetto precedente in una spirale di continua evoluzione.
In questo processo evolutivo è estremamenteimportante essere alla testa di tale evoluzione, cioè essere i piloti del circuito crisi-rinnovamento-crisi , in tal modo tutto il sistema capitalistico deve adeguarsi o soccombere; non c’è spazio per i Paesi in via di sviluppo che non possono seguire tale genere di modificazioni con i ritmi imposti da chi tali modificazioni programma e promuove.
Il detentore della tecnologia avanzata, che promuove le modificazioni, diventa il regista unico di riferimento.
Il dilatarsi dell’uso dei computer e della robotica nelle officine ha determinato una espansione produttiva senza precedenti che ha necessitato di sempre nuovi mercati ai quali imporre i propri prodotti: è la globalizzazione dei mercati.
Tutto ciò ha generato anche la delocalizzazione produttiva verso quei paesi che, per mancanza di tecnologie avanzate, sono rimaste indietro con la evoluzione che è stata imposta ai tempi tecnici dal capitalismo; la delocalizzazione produttiva è l’aspetto più disumanizzante, perchécoincide con un nuovo e più aspro sfruttamento della manodopera a basso costo e del lavoro minorile, senza che venga lasciato nulla come valore aggiunto ai prodotti realizzati. Si tratta solamente di sfruttamento, quello imposto dalla globalizzazione, in alternativa all’integrazione fra i popoli.
I Paesi del terzo mondo, sottosviluppati e alle soglie dell’indigenza assoluta, cos’altro possono offrire all’opulento mondo occidentale se non manodopera a basso costo ?
La forbice economica tra la minoranza delle nazioni ricche e la maggioranza delle nazioni povere è destinata a dilatarsi sempre più. Il panorama che ci viene offerto è quello di un mondo di Paesi attenti alle innovazioni tecnologiche e Paesi impossibilitati a seguire il passo, destinati, quindi, a regredire sempre più e a subire quello sfruttamento che, almeno, consente loro di poter disporre dell’indispensabile per sopravvivere.
La storia, così, divide il mondo in popolo dei vinti e popolo dei vincitori ,produttori e consumatori, creditori e debitori.
All’Occidente-Europa si presentano due sole ipotesi di lavoro o due possibili panorami:
1) associarsi allo sviluppo industriale e inseguire l’evoluzione della tecnologia,
2) creare uno sviluppo autonomo dissociato dalla forsennata evoluzione dell’Occidente-America e realizzare in politica estera/interna una equivicinanza alternativa al capitalismo monopolistico sia con la nazione capofila della tecnologia avanzata che con tutti gli altri Paesi in via di sviluppo e/o sottosviluppati.
Nel primo caso l’Europa sarebbe destinata a diventare succube degli USA e della sua corsa al tecnologicamente avanzato; finirebbe con il pagare il conto del susseguirsi delle crisi che lo sviluppo tecnologico crea per avanzare di livello.
Nel secondo caso si tratterebbe di realizzare una nuova politica di dissociazione e effettuare una scelta di equivicinanza ai nuovi poli che sono stati creati, Occidente e mondo arabo-islamico,differenziando alla base l’Occidente-Europa dall’Occidente-America.
L’integrazione fra i popoli può rendere più responsabili le nazioni più avanzate nei confronti delle nazioni sottosviluppate o in via di sviluppo, secondo l’itinerario del “crescere insieme”; è il concetto dell ’umanesimo delle responsabilità descritto dalla Gaudium et Spes con una attualità che si rinnova costantemente; è la globalizzazione delle responsabilità, la globalizzazione dell’economia, la globalizzazione dello sviluppo equilibrato, che contrasta la globalizzazione dei mercati che mira ad assoggettare intere popolazioni e intere culture alla logica dell’interesse materiale del più forte.
Lo sviluppo dell’uomo non è più il problema prioritario della società civile che ha modificato anche la sua sociologia e la sua antropologia, perché ha favorito l’affermazione della nuova sociologia della tecnica , contro la sociologia del Nuovo Umanesimo . Il problema economico diventa così il problema esistenziale,diventa un problema antropologico; occorre una scelta di fondo per riprogrammare i termini dello sviluppo globale.
· Continuare sulla scia del progresso della tecnica, mortificando la centralità dell’uomo; in questo caso il primato americano soffocherà ogni tentativo di sviluppo equilibrato dell’intero pianeta.
· Cambiare totalmente la via fin qui percorsa e indirizzarsi verso scelte di utilità per dilatare la fruizione del necessario a tutti i popoli della terra, specie a quelli che, oggi, mancano dell’indispensabile. Il tema è quello di riprogrammare le mete a misura di uomo, per far cresce l’umanità su fondamenta comuni e contenere le disparità che dividono l’Occidente opulento e il resto del mondo.
La politica e l’economia diventerebbero, così, antropologia e sociologia, naturalmente intrise di umanesimo; altrimenti sarà la sociologia a trasformarsi in un mero calcolo di maggior utile attraverso lo sfruttamento, fino all’implosione che stiamo vivendo, che non ha ancoracompletato la sua corsa.









   
 



 
01-02-2016 - Perché gli Stati Uniti hanno deciso di distruggere il FMI?
08-11-2015 - Per gli italiani 8mila euro di tasse all’anno
02-11-2015 - Corte dei Conti contro l’8 per mille. "Pochi controlli, favorisce la Chiesa"
22-06-2015 - La stretta usuraia: eliminare il denaro contante
05-03-2015 - Un`Italia senza rappresentanza
27-02-2015 - Le Borse Ue guardano alla Germania: spread sotto quota 100 punti
16-02-2015 - Gli aiutini di Draghi alle banche usuraie
15-02-2015 - Cooperative, Guidi promette più controlli. Ma i tagli di Renzi fanno saltare revisioni
10-02-2015 - La mina derivati sull’Italia: esposta tre volte più della Germania
09-02-2015 - Tsipras smorza i toni: "L’accordo sul debito ci sarà". Juncker e Berlino lo gelano
04-02-2015 - Varoufakis da Draghi: "Incoraggiato". Tsipras: "Lavoriamo per accordo accettabile"
30-01-2015 - Sanatoria capitali al via: ecco il modello per aderire
19-01-2015 - La crisi raddoppia il patrimonio alle dieci famiglie più ricche di 20 milioni di italiani
14-01-2015 - “L’eurozona? Insostenibile. Tsipras valuti anche l’uscita dall’euro”
11-01-2015 - Ecco il piano Ue sulla flessibilità investimenti fuori dal Patto e meno tagli a chi fa le riforme

Privacy e Cookies