Dalla crisi si può uscire da sinistra, dal centro, ma anche da destra - e che destra. Lo dimostra l’ultima iniziativa del premier ungherese Victor Orban, che per dare una mano agli elettori in difficoltà con i debiti e una bella bastonata populista alle banche, si sarebbe deciso per una soluzione tanto drastica quanto originale. Orban - leader del partito della destra radicale Fidesz, che governa da solo l’Ungheria con una maggioranza di due terzi degli eletti - si è proposto di modificare artificiosamente il cambio tra il fiorino ungherese, l’euro e il franco svizzero, per permettere ai suoi concittadini di pagare i loro debiti contratti in valuta straniera più facilmente. Il tutto a carico della banche, nazionali e internazionali. Una misura che non ha precedenti in Europa. Il meccanismo, nelle intenzioni dei suoi sostenitori, dovrebbe in sostanza funzionare così, spiega il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung: degli attuali 233 fiorininecessari per comprare un franco svizzero, dopo l’intervento governativo ce ne vorranno solo più 180. Per ripagare i debiti con la Svizzera saranno necessari, dunque, meno fiorini, circa il 23% in meno. Un bello sconto. Un po’ meno consistente sarà invece la riduzione per il ripianamento dei debiti in euro: dagli attuali 286 fiorini necessari per acquistare un euro, si scenderà fino a 250. Il che fa uno sconto netto del 12,6% circa. La differenza tra valore nominale del cambio - quello imposto dal governo - e valore reale - quello regolato dal mercato internazionale - dovrà essere pagata dagli istituti di credito che detengono la proprietà del debito. Non proprio il trito e pomposo «nuovo ordine mondiale» promesso agli ungheresi, né la «vita senza debiti» di cui anche aveva parlato il premier populista, ma un passo comunque radicale. Soprattutto per le banche, in patria e all’estero, che non hanno apprezzato affatto lo slancio di Orban verso il popolo. O almeno, di una parte delpopolo. Nella situazione dei meno abbienti e, in generale, dei dipendenti e degli operai, probabilmente non cambierà molto: è irrilevante il numero di persone tra queste categorie che si indebitano all’estero. Ma la misura può essere fondamentale, vitale, per le attività commerciali e industriali che importano da altri paesi, per il famigerato ceto medio-alto. E dunque, di riflesso, anche per il mercato del lavoro. L’annuncio del governo, come è facile immaginare, non è piaciuto a tutti. Quando, lo scorso venerdì, le prime informazioni sulle misure di Orban sono diventate di dominio pubblico, la borsa ungherese ha reagito con un calo piuttosto brusco. Il commercio dei titoli della banca Otp, ad esempio, è stato sospeso temporaneamente per eccesso di ribasso. Gli istituti di credito nazionali e internazionali non hanno affatto digerito il piano del governo di destra. Secondo quanto ha scritto il sito della rivista finanziaria Portfolie.hu, l’associazione delle banche ungheresiavrebbe contestato il progetto, che sarebbe inaccettabile, perché capace di provocare gravi perdite finanziarie e rischi macroeconomici. Se il piano sarà approvato, l’associazione degli istituti di credito ha minacciato di fare ricorso agli organismi giudiziari dell’Unione europea. Ma il problema non riguarda solo le banche locali, anzi: diversi istituti europei perderebbero una buona fetta degli introiti. Soprattutto quelli austriaci, che dopo la fine del comunismo hanno investito in massa in Ungheria, concedendo molti crediti in valuta straniera. Le perdite stimate, in totale, potrebbero arrivare fino a due miliardi di euro. Considerata la minaccia, la ministra delle finanze austriaca Maria Fekter ha definito «inaccettabili in un’economia di mercato» i propositi del premier Orban e avrebbe già spedito una lettera di protesta ufficiale. Il ministro degli esteri di Vienna, Michael Spindelegger si sarebbe intanto rivolto alle autorità europee, alla Commissione di Barroso, peraprire una procedura con rito abbreviato alla corte di giustizia europea. Il fenomeno dei crediti contratti all’estero e oggi quasi impagabili non riguarda solo l’Ungheria di Orban: anche in Polonia, nelle repubbliche baltiche e in Croazia decine di migliaia di persone si sarebbero indebitate in franchi quando il valore della divisa svizzera era molto inferiore a quello attuale. E oggi non sarebbero in grado di ripagare i propri debiti. La Polonia ha reagito alla situazione con una misura che riduce i margini di profitto delle banche: una versione light del piano dell’Ungheria, il paese che ha subito più di tutti il rialzo incontrollato del franco svizzero. Mat. Alv.
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