Dopo la decisione di Marchionne di portare la Fiat fuori da Confindustria, altri industriali dichiarano di voler seguire la stessa strada anche se, viste con maggiore attenzione, queste sortite sembrano dettate più da contingenze politiche che da un’adesione incondizionata alla linea strategica dell’uomo di Detroit. Alle cartiere lombarde del gruppo Pigna, azienda leader nel settore cartotecnico, si è aggiunto ieri anche la Gallozzi group spa che con la Salerno container terminal è a capo dell’intera filiera logistica dei trasporti marittimi internazionali. La decisione del gruppo Pigna, ha spiegato il presidente e Ad dell’azienda Giorgio Jannone, «solo per una coincidenza è arrivata a ridosso dell’annuncio di Marchionne». Se per Jannone, «Confindustria si è ridotta ad un comitato diviso tra due tendenze politiche», al contrario Gallozzi contesta l’impossibilità di accedere a cariche federali perché, lascia intendere, due anni fa ha aderito a"Italia futura", la fondazione di Luca Cordero di Montezemolo. Ad uscire prossimamente potrebbe essere anche la Margraf che fa capo all’ex vicepresidente dell’associazione industriale vicentina, Franco Masello. Lo spiega lui stesso al Foglio con argomenti che sembrano ricalcare quelli di Pigna: «Confindustria è diventata una casta politica, un gruppo di interesse che serve a trovare ’cadreghe’ nei consigli di amministrazione di società e di banche e non difende gli interessi degli imprenditori». Un’intenzione quella di Masello che tenta molti altri imprenditori veneti. Cosa accadrà ora all’interno di Confindustria è la domanda che si pongono tutti. Ci sarà un effetto emulativo che darà il via ad una emorragia di abbandoni? Nascerà una seconda associazione di industriali? Guidalberto Guidi, presidente di Ducati energia spiega che senza il Lingotto nemmeno Federmeccanica, nata con l’unico scopo di siglare il contratto dei metalmeccanici, serve più. Aggiunge che l’intero indotto Fiatverrà inevitabilmente trascinato fuori per uniformarsi alla nuova organizzazione contrattuale del lavoro. Prefigura lo stesso destino anche per quelle aziende che hanno gran parte della produzione all’estero, come gli elettrodomestici. Non basta, con l’uscita di Fiat, Eni, Enel, Poste, Ferrovie e Finmeccanica, diventano le maggiori aziende di Confindustria. Il fatto che si tratti di gruppi che gravitano nell’ambito del potere pubblico e delle nomine politiche, suscita non pochi timori su una perdita di autonomia politica dell’organizzazione padronale. Non è da escludere anche l’ipotesi di un drastico cambio di rotta interno, visto che il mandato di Emma Marcegaglia è arrivato a scadenza. Tra un paio di settimane, infatti, verranno formalizzate le condidature per la nuova presidenza e molti vedono in Alberto Bombassei, 70 anni, attuale vice-presidente, titolare della Brembo, consigliere di amministrazione della Fiat industrial, il potenziale avversario che spingerà per unaConfindustria attestata sulla linea Marchionne. Testimone delle prime avvisaglie di questo scontro è stata una platea di 1.300 imprenditori riuniti nell’hangar dell’aeroporto di Orio Al Serio vicino Bergamo. Emma Marcegaglia ha difeso con le unghie il proprio operato ed in particolare la ratifica con le organizzazioni sindacali, lo scorso 21 settembre, dell’accordo siglato il 28 giugno; ribadendo che sulla scorta di «un parere richiesto ai tre maggiori giuslavoristi del Paese, l’articolo 8 non viene affatto depotenziato». Per poi rivolgersi a Bombassei con un: «Mi dispiace Alberto, ma è così», palesando in pubblico l’evidente frattura interna. Le cronache dell’episodio hanno descritto un Bombassei impassibile. Per lui Guidi ha già delineato un programma choc: -Lo statuto dei lavoratori ha introdotto nel sistema-Italia un virus che, insieme ad altri fattori, ha minato la possibilità di fare impresa. Solo da noi il posto di lavoro è intangibile, anche in Grecia hanno tolto questaprevisione». Conclusione: «Si prende quella legge e la si butta nel cestino-. Paolo Persichetti
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