L’Italia se la passa male, la recessione incombe ma si può e si deve invertire la rotta. L’economia può tornare a crescere e con essa l’occupazione. Questa la linea del governo, ribadita ieri da Corrado Passera che, da ex banchiere, conosce bene le variabili economiche e finanziarie che penalizzano e frenano il nostro Paese. Utilizzando metafore marinare il ministro dello Sviluppo ha affermato che nonostante il vento contrario è necessario “modificare la direzione della grande nave nel mare mosso". Uno scenario inquietante nel quale è sperabile che l’Italia non sia il Titanic destinato ad essere affondato dall’iceberg della speculazione. Il governo vuole sostenere la crescita economica ed in tale ottica la priorità deve essere assegnata alla creazione di nuove aziende, attraverso l’introduzione di meccanismi che comportino una progressiva sburocratizzazione e una deregolamentazione che consentano agli aspiranti imprenditori didivenire subito operativi. Si tratta di sforzi che dovranno essere accelerati proprio perché i dati dell’economia restano negativi. E’ necessario quindi rimettere in moto l’economia creando le condizioni più favorevoli per la vita e lo sviluppo delle imprese vecchie e nuove. L’Italia deve essere in grado di battere le previsioni e uscire dalla crisi in corso molto prima di quanto tutti i centri studi internazionali dicano. Il programma del governo consiste in una serie di misure mirate che verranno ufficializzate prima dell’estate. Un programma denominato all’inglese (?) “Start Up Italia”, più o meno un “Riparti Italia”. Si inizierà dall’Agenda digitale, sulla quale l’Italia ha già dovuto subire i rimproveri del commissario europeo, l’olandese Neelie Kroes, persona di fiducia delle multinazionali, a causa dei ritardi nel rendere disponibili nelle abitazioni e negli uffici le nuove tecnologie per tutti i cittadini e gli utenti. Oltre alla crescita, il problema centrale restaquello dell’occupazione. Di entrambe le questioni si parlerà martedì al vertice tra Monti e i partiti di maggioranza. Il PdL insisterà molto sulla realizzazione delle infrastrutture. Il PD, pungolato dalla Cgil, chiederà il varo di misure atte a favorire l’occupazione. Un traguardo per il quale la riforma del mercato del lavoro, almeno nel suo testo iniziale, appare inadeguata. Per entrambi i partiti si deve puntare sullo sviluppo. Affermazione che, per come la vedono Monti e compagnia, comporta la libertà di licenziamento concessa alle imprese ma che i partiti pur essendo appiattiti sulle posizioni neoliberiste non possono fare apertamente proprie, per non essere puniti dai propri elettori che, essendo cittadini, lavoratori e pensionati, stanno vivendo sulla propria pelle una crisi economica senza precedenti. La crisi è confermata anche dai dati dell’Istat che per febbraio hanno registrato un calo della produzione industriale dello 0,7% rispetto a gennaio. Un calo non da pocoe che la dice lunga sulle enormi difficoltà delle aziende italiane a resistere ad una concorrenza estera aggressiva e capace di strappare fette di mercato grazie ad un costo del lavoro molto minore del nostro. Una crisi che nel 2011 in Italia ha costretto alla chiusura migliaia di aziende penalizzare dal crollo della domanda globale e da quella interna che, nel secondo semestre dell’anno scorso è andata a picco. Le Borse da parte loro continuano ad essere schizofreniche. In Europa si è avuto un crollo generalizzato in conseguenza dei dati sulla crescita tendenziale cinese, più bassa rispetto al previsto, un 8,5% rispetto al 10%. Un risultato che qualunque Paese farebbe carte false per ottenere ma che evidentemente non soddisfa l’Alta Finanza prontissima a spostare i propri capitali altrove. Anche il calo della fiducia dei consumatori americani nel futuro è scesa più di quanto fosse previsto ed anche questo è un dato capace di mandare in fibrillazione i programmi di banche efinanziarie che forse temono che il cittadino Usa si stia domandando se continuare ad indebitarsi per mantenere il proprio livello di vita. Curiosamente, a Piazza Affari, sono state penalizzate le azioni delle banche. E questo costituisce un dato incredibile se solo si pensa che la Banca centrale europea ha prestato una barca di quattrini a quelle europee e italiane per concedere presti alle imprese e ai cittadini, e che le banche li hanno utilizzati per ricapitalizzarsi. Se le banche sono forti patrimonialmente, perché mai i mercati dovrebbero punirle? Pure questo è uno dei misteri e dei controsensi ai quali dobbiamo assistere.Filippo Ghira
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