Ad agosto o mai più. Mentre le Borse europee svoltano di nuovo in territorio negativo e si preparano a una nuova seduta nervosa, si fanno sempre più numerosi quegli operatori finanziari che ritengono che si stiano creando le condizioni per portare a termine con successo una strategia improntata al peggio nel Vecchio Continente. Una congiutura finanziaria maledetta il cui epilogo, con un aiutino speculativo, dovrebbe essere come minimo l’uscita della Grecia dall’euro e il bailout di Spagna e Italia, stile Grecia, Irlanda e Portogallo. Insomma una debacle che nell’ipotesi ancora peggiore porterebbe a una dissoluzione dell’euro, rappresentando Spagna, Italia e Grecia il 30% del Pil di Eurolandia. La decisione della Corte Costituzionale tedesca di rinviare il giudizio sull’Esm (la versione permanente del fondo Salva-Stati nella nuova architettura europea varata con il fiscal compact) lascia infatti spazio all’incertezza sui mercati eal prevalere di fattori strutturali che spingono gli investitori a continuare a vendere in Borsa. Un sentiment negativo che rischia di incistarsi sui listini azionari per tutto agosto, mese in cui gli ordini sono tradizionalmente scarsi e la volatilità alta, con la speculazione finanziaria che ora sente sempre più l’odore del sangue. Oltre all’assist offerto dai giudici della Consulta tedesca, a far temere il peggio, in primis, è il progressivo peggioramento della situazione spagnola. Le banche iberiche. Dopo la mega-iniezione da 100 miliardi causata dalla bolla immobiliare, i titoli degli istituti di credito continuano a perdere terreno alla Bolsa di Madrid, segno che le autorità spagnole che hanno tardato nel dire la verità al mercato sul reale stato di salute del settore hanno ormai perso credibilità. Il fatto che, dopo le aste di liquidità varate della Banca Centrale Europea, abbiano fatto incetta, come tutte le banche nazionali, dei titoli di Stato del Paese d’appartenenza,ne peggiora la situazione: le banche iberiche vengono percepite come bombe ad orologeria pronte a scoppiare al minimo acuirsi della crisi. Azioni da cui, quindi, tenersi alla larga. Le regioni spagnole. La richiesta di Valencia di poter attingere al fondo di emergenza da 18 miliardi di euro creato ad hoc dal Governo di Madrid per stabilizzare le finanze regionali e il peggioramento della situazione finanziaria anche della Lombardia iberica ovvero la Catalogna (anche Barcellona potrebbe far ricorso ai prestiti ponte della Capital) hanno contribuito a rafforzare i timori di quanti ritengono che diventi sempre più difficile in Spagna, con un tasso che sul secondario prezza ormai a un livello di non ritorno (ieri il rendimento dei Bonos ha raggiunto quota 7,5%), far quadrare i conti. Alle specificità delle singole aree (anche in Italia lo spread e i rendimenti sul mercato dei titoli di Stato sono tornati a galoppare e la Regione Sicilia ha lanciato l’allarme sui propri conti), siaggiungono le debolezze dell’architettura degli aiuti europei. Lo scudo anti-spread messo sul tavolo dal premier italiano Mario M onti , che dovrebbe calmierare il rally del differenziale degli interessi con la Germania di Italia e Spagna, deve sottostare ad altri passaggi burocratici in sede europea prima di poter essere pienamente operativo e permangono ancora dei dubbi sulla potenza finanziaria degli altri due firewall istituiti da Bruxelles per spuntare le armi alla speculazione e cioè il fondo Efsf e l’Esm. A tutto questo, si aggiunge infine una recessione dilagante (se tutto andrà bene il nostro Paese lascerà il 2% di Pil sul terreno solo quest’anno) che peggiora il famigerato rapporto debito-Pil, non scaccia lo spettro di manovre aggiuntive per centrare i rientri dei Paesi europei in difficoltà e stressa i bilanci bancari con sofferenze e incagli che inaspriscono il credit-crunch. Risultato: l’economia reale si avvita. Intanto in Germania, l’uscita della Grecia dall’euronon è più un tabù. Dopo la Confindustria tedesca e il vicecancelliere Roesler anche il governatore bavarese e presidente della Csu Horst Seehofer ha fatto capire che Atene starebbe meglio senza la moneta unica. Andrea Deugeni-affaritaliani.it
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