La dichiarazione di intenti di Angela Merkel e Mario Monti di essere pronti a “prendere tutte le misure necessarie” per difendere la sopravvivenza dell’euro ha avuto scarso impatto ieri sul differenziale di rendimento tra i Btp italiani decennali e i Bund tedeschi. A non produrre i risultati attesi hanno contribuito le dichiarazioni di venerdì della Bundesbank che la Germania non considera l’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce come lo strumento migliore per tenere sotto controllo lo saliscendi dello spread. La linea tedesca resta così quella conosciuta. I Paesi dell’euro, sottoposti a pressioni finanziarie, o meglio ad attacchi speculativi, devono assumere come modello di comportamento il rigore della Germania nel tenere sotto controllo la dinamica della spesa pubblica. Devono tagliare le spese inutili, ridurre il debito e il disavanzo, attuare tutte quelle riforme strutturali che finora sono restate sulla carta, come quelle dellepensioni, del mercato del lavoro e per favorire la nascita di nuove imprese. Le uniche misure, insistono da Berlino, in grado di gettare le premesse per una crescita economica non appena nell’economia globale si coglieranno i primi segnali di una ripresa. L’acquisto di Bonos e di Btp da parte della Bce viene dopo. Invece in Italia, la telefonata tra Monti e Merkel per una difesa dell’euro è stato presentato dalle gazzette di proprietà del sistema finanziario come un successo del Professore e come un definitivo via libera ad agire rilasciato alla Bce. Ieri, lo spread tra Btp e Bund che aveva aperto a 455 punti è salito a 467. Poi dopo l’asta più che positiva di Btp a 5 e a 10 anni, con una domanda superiore all’offerta, lo spread è sceso sotto 460 punti. Un po’ poco per stabilire che l’Italia è gratificata dal favore degli investitori e che la speculazione ha deciso di smetterla di prenderci di mira. E’ difficile infatti pensare che Berlino possa dare il via libera all’acquistodi Btp e di Bonos spagnoli da parte della Bce dopo che l’approvazione da parte del Bundestag dell’accordo europeo del 28-29 su un analogo acquisto da parte del nuovo fondo permanente salva Stati (Ems) per calmierare lo spread è stato bloccato da un ricorso della Linke. Un ricorso sul quale la Corte Costituzionale deciderà a metà settembre. Già il ministro delle finanze della Baviera, esponente dell’Unione cristiano-sociale, la Csu, partito alleato della Cdu della Merkel, si era detto contrario ad una ipotesi del genere. A questo no, si è aggiunto ora quello del ministro liberale per gli Affari europei dell’Assia che ha minacciato un ricorso alla corte del Lussemburgo contro l’eventuale acquisto di titoli da parte della Bce. Per Joerg Uwe Hahn è ora di ricondurre la Bce al suo compito originario, quello di assicurare la stabilità dell’euro. Con la Germania che l’anno prossimo andrà al voto, e con una crisi che ha più che dimezzato la crescita tedesca, dal 3% del 2011 all’1% diquest’anno, la Merkel non vuole apparire in questa fase come colei che mette mano al portafoglio e paga con i soldi tedeschi i debiti dei Paesi dell’area Sud, incapaci di tenere a freno la propria tendenza alla spesa facile. Berlino attende l’evolversi della situazione e il portavoce della Merkel ha affermato che il governo tedesco ha piena fiducia nell’indipendenza d’azione della Bce che alla riunione del suo direttivo del 2 agosto “prenderà le misure adeguate” per arginare la crisi. Berlino ha compiuto però una mezza apertura sostenendo che gli acquisti di titoli di Stato dei Paesi in crisi dell’eurozona sul mercato “secondario” da parte della Bce “non sono inammissibili” secondo i trattati europei vigenti. Si tratta in effetti di un progetto, poi messo in naftalina, varato ai tempi della presidenza francese della Bce, con Jean Claude Trichet, Per questo, ha precisato il portavoce della Merkel, non c’è ragione per un’azione legale presso l’Alta corte di giustizia europea. Questanon significa però che la Cancelliera dia il via libera al membro tedesco del direttivo della Bce per votare a favore dell’acquisto di Btp o di Bonos. Peraltro, il portavoce ha ribadito che la Germania resta contraria alla condivisione del debito e che quindi gli Eurobond non sono nell’interesse del governo di Berlino. Gli occhi degli osservatori sono così puntati sulla riunione del 2 agosto a Francoforte nel corso della quale l’ex Goldman Sachs Mario Draghi presenterà una proposta in merito agli altri membri del direttivo della Banca centrale. Le impuntature tedesche non sono state comunque molto apprezzate tanto da irritare anche un Paese come il Lussemburgo, i cui titoli pubblici sono gratificati della tripla A, il massimo di affidabilità, da parte delle agenzie di rating. Il primo ministro, nonché presidente dell’Eurogruppo, Jean Claude Juncker, ha attaccato la Germania con toni degni di 50 anni fa. Non c’è più tempo da perdere, ha ammonito, siamo a un punto di svolta. Il mondosi domanda se ci sarà ancora un’Eurozona fra pochi mesi. Dobbiamo mettere in chiaro che siamo fermamente decisi a proteggere la stabilità finanziaria dell’unione monetaria. Juncker ha ammesso che i membri dell’euro devono ancora decidere cosa fare e quando farlo. Parlare dell’uscita della Grecia dall’euro non aiuta e non va bene l’approccio di quei politici tedeschi che trattano l’Eurozona come se fosse una filiale della Germania. Juncker ha concluso osservando che più di 60 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, i risentimenti nazionalistici restano pochi centimetri sotto la superficie dell’Europa. Forse, parlava del risentimento del Lussemburgo di essere stato invaso dai tedeschi nel 1940. Filippo Ghira
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