Naturalmente non sono io il professore che impartisce la lezione, ma è un professore vero, uno che è stato premiato con il premio Nobel per l’economia e che da tempo ha deciso di schierarsi dalla parte della classe media e povera del suo Paese: gli Stati Uniti d’America. Si chiama Paul Krugman ed è il più rinomato e seguito articolista nel campo dell’economia del più letto quotidiano d’America, il New York Times. La sua bravura non consiste solo nel conoscere a fondo tutti i segreti dell’economia e della finanza, ma anche nella rara, per scienziati della sua levatura, capacità di esprimersi in modo abbastanza semplice da poter essere capito da tutti, anche da chi in questi campi è a livello elementare. In questo senso è un vero faro che illumina la notte, una stella polare capace di guidare i naviganti anche in mari sconosciuti. Nel suo più recente articolo sul NYT: “The iphone stimulus” (lo stimolo prodotto sull’economia dal telefonino iphone,della Apple, ndr) egli si produce in una comparazione tra lo stimolo prodotto sull’economia nazionale dalla spesa dei privati (semplici cittadini e imprese) e da quella del comparto pubblico (dipendenti pubblici, scuole, infrastrutture ecc.), e giunge alla conclusione che entrambe concorrono in pari misura al sostegno dell’economia nazionale. Ma mentre il comparto privato (come è normale che sia per chi insegue solo il profitto) attende il momento migliore per lanciarsi negli investimenti (e questo momento certamente non lo è, visto che siamo in una depressione che si sta allargando a livello globale), il comparto pubblico può invece far leva sia sui capitali pubblici provenienti dalla fiscalità generale, sia da altre leve finanziarie in suo possesso. E’ ormai noto a tutti che il modo più semplice per i governi di stimolare l’economia è ampliare la spesa pubblica, ma è ormai altrettanto noto, soprattutto ai cittadini dei Paesi europei, che l’utilizzo semplicistico di questa leva(abusato in modo irresponsabile da certa classe politica) produce un livello di indebitamento insostenibile, più ancora sulle generazioni future che su quelle attuali. Comparando lo stato della crisi USA con quello dell’Italia, appare subito chiaro che per gli Stati Uniti una soluzione è più semplice, dato che il problema dell’indebitamento pubblico (circa l’85% del PIL) non è allo stesso altissimo livello di quello italiano (oltre il 120%). Il fatto peggiore è però che il debito italiano non solo è già altissimo ma è anche condizionato dalla trappola del “Patto di Stabilità Europeo” (vedasi anche il mio precedente articolo “Il problema non è il debito, ma il patto di Stabilità” http://www.rinascita.eu/index.php?action=news <http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=14840> &id=14840), che impedisce al governo italiano l’attuazionedi ogni adeguata manovra finanziaria e monetaria utile a combattere efficacemente gli effetti della recessione. E quali sono queste manovre? Sono molteplici, ma hanno tutte nella sostanza un solo obbiettivo: quello di rilanciare la spesa, pubblica e privata, nel Paese. E’ solo rilanciando i consumi che la recessione si esaurisce. E’ lo stesso Krugman a dirlo, proprio nell’articolo che ho citato poc’anzi, facendo riferimento allo stimolo (di circa mezzo punto sul PIL) che faranno le vendite dell’Iphone 5 sull’economia americana. Il punto cruciale è che questo prodotto, assolutamente NON indispensabile per nessuno, indurrà invece migliaia e migliaia di individui o imprese a spendere la somma necessaria ad acquistarlo indipendentemente dalle proprie disponibilità finanziarie. Sotto il mero profilo della responsabilità finanziaria individuale questo fenomeno sarebbe da condannare, poiché sicuramente ci sarà qualcuno che si indebiterà oltre la normale prudenza per comprarlo, ma sotto ilprofilo dell’economia generale sarà invece una “manna dal cielo”, e sarà recepito in modo assolutamente positivo da tutta l’economia americana, non solo dalla Apple, che ovviamente incrementerà ulteriormente il proprio primato di impresa privata del mondo insieme ai suoi favolosi guadagni. Ma anche quei singoli casi di debito individuale che oggi sul piano finanziario privato potrebbero essere considerati imprudenti, domani (cioè tra un anno o due), assorbiti in una situazione uscita dalla crisi, sarebbero già completamente estinti o fagocitati in una economia che tira, che produce ricchezza, che assume persone, che spende con criterio e si rinnova, dando lo spazio necessario anche alle nuove generazioni, le quali, pur trovandosi sulle spalle il fardello del debito lasciato dalla generazione precedente, avrebbero modo di estinguerlo senza eccessivi sacrifici. Questo di cui sopra non è un semplice ragionamento abbozzato all’occasione, ma è una teoria economica ben precisa, propostaoriginariamente da John Maynard Keynes. Una teoria economica che si potrebbe (e si dovrebbe!) applicare anche alla economia nazionale italiana, ed europea. Eppure molti “professori”, e ministri, e capi di governo, la ignorano, perché? Non è lecito pensare che i suddetti soggetti non conoscano le teorie Keynesiane, dato che vengono insegnate in tutte le università del mondo, e dato che hanno dato ottimi risultati ovunque, da un secolo a questa parte, quando applicate puntualmente. Allora è necessario pensare che a qualcuno questa crisi faccia in qualche modo comodo. Abbiamo dato la colpa della crisi agli speculatori, e rimaniamo di questa idea. Ma siccome sotto il profilo del loro lavoro fa poca differenza oggi per gli speculatori se l’economia generale va bene o va male, rimane solo il soggetto politico come principale imputato. E siccome tra i due soggetti politici principali (cioè la destra e la sinistra) coloro che hanno piattaforme politiche che possono trarre il maggior vantaggiodalla recessione (che consente di eliminare, per motivi di “ineluttabilità” conquiste sociali ottenute con oltre un secolo di lotte e sacrifici dei lavoratori) sono quelli della destra, cioè i conservatori, quelli da sospettare maggiormente. Allora è su questi soggetti che il popolo, e tutti gli altri soggetti in qualche modo colpiti dalla crisi, devono far pesare maggiormente la propria minaccia (di votare dall’altra parte) e la propria consapevolezza. Ma qui arriviamo ad un punto in cui emerge una differenza sostanziale tra le economie americana ed europea, una particolarità che rende le due economie oggi di estrema diversità. Mentre nella economia americana, come propone Krugman nel suo articolo, una spinta utile a rilanciare l’economia potrebbe essere prodotta attraverso una massiccia azione di riavvio della spesa pubblica (assunzioni nel comparto pubblico, recupero delle infrastrutture, ecc.), nell’economia italiana, estremamente condizionata e soffocata dalle regole europee dicontenimento della spesa pubblica, salvo una decisione oggi del tutto improbabile di una uscita dall’Euro, la strada migliore per uscire dalla crisi sarebbe il rilancio fortemente voluto e sostenuto dalle forze politiche, dell’iniziativa privata. Cosa che l’attuale governo continua a dire di voler fare e non fa mai. Nella sostanza, sulla base di ciò che dice Krugman (e altri economisti Keynesiani), questo governo sta facendo praticamente tutto il contrario di ciò che dovrebbe fare. Sta facendo una feroce azione di lotta all’evasione fiscale, che è una cosa giustissima sul piano della giustizia sociale ed economica, ma proprio adesso? Proprio nell’apice di una recessione? Questo è esattamente il momento peggiore per farla davvero. Si dovrebbero scrivere leggi e norme severissime in questo frangente, ma lanciare i segugi in caccia serrata solo tra una anno o due, a crisi finita. Tra le altre cose anche Equitalia potrebbe, e dovrebbe, essere messa a dormire per almeno un anno o due,perché sta facendo più danni che benefici al Paese. (Il che non deve essere interpretato come un invito a non far niente, ma a moderare per ora la caccia solo ai grandi evasori). Si fanno leggi che tagliano spese pubbliche, salari, pensioni, quando invece si dovrebbe trovare qualunque modo per incentivarli. E’ lecito chiedersi: c’e ancora qualche economista serio e capace in Italia? La risposta è che ci sono certamente, ma vengono tutti prudentemente” tenuti lontani dalle stanze dei bottoni. A beneficio di chi? (Si deve pensare solo a qualche piccolo, schifoso, interesse dei paladini della partitocrazia o c’è sotto qualcosa di più grosso?) Insomma, si sta facendo tutto il contrario di quello che servirebbe per uscire dalla crisi in fretta e con sollievo per tutta la popolazione (imprenditori inclusi). Il motivo non è chiaro. C’è però qualcuno in Italia che potrebbe far molto anche subito e dimostrare così la sua sincerità quando dice di amare l’Italia e gli italiani. Mi riferiscoall’uomo più ricco e, fino a poco tempo fa, più potente d’Italia, a Mr. Berlusconi. Sappiamo che lui ci teneva moltissimo alla costruzione del ponte di Messina (che probabilmente verrebbe intestato a suo nome). Lui ha capitali sufficienti per riavviarlo a sue spese (magari insieme ad altri imprenditori che lui non avrebbe difficoltà a trovare). Lo faccia coi suoi soldi e lo regali all’Italia. Faccia un grande atto di mecenatismo e scriverà il suo nome nella storia d’Italia non solo per un faraonico ponte che porterà il suo nome, ma anche per aver aiutato l’Italia ad uscire dalla crisi. (In ogni caso gli resterebbero abbastanza soldi da vivere molto agiatamente il resto dei suoi giorni). La faraonica spesa per realizzare quella infrastruttura non risolverà da sola i problemi finanziari dell’Italia, ma messa in un corretto piano di rilancio delle iniziative industriali e infrastrutturali sarebbe certamente il piede giusto sul quale ripartire per rilanciare l’economia (al contrariodella FIAT che ormai pensa vergognosamente solo al “suo” mercato americano). Occorre far ripartire l’economia subito, prima che sia troppo tardi. Lo dice Krugman oggi, ma lo diceva già Keynes un secolo fa, che aggiungeva: “presto o tardi l’economia si riprenderà comunque, ma “tardi” noi saremo già tutti morti, e i nostri figli avranno ancora i nostri debiti da saldare”. Per gli italiani, se questo si può fare con l’euro, molto in fretta, bene, altrimenti prima ne usciamo e meglio è.Roberto Marchesi (Dallas, Texas)
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