Stiglitz Uscire dall’euro, senza rincorrere il suicidio
 











Un paio di settimane fa Joseph Eugene Stiglitz, docente al Mit e alla Yale, Nobel per l’economia, lanciava su Le Nouvel Observateur, un duro affondo contro le politiche monetarie e di rigore varate dal Fmi, dalla Bce e dalla Unione (cosiddetta) europea.
Si badi bene: Stiglitz non è certo un “socialista”, né un “nazionalista”... è semplicemente un liberista che - forte anche della sua permanenza ai vertici stessi della Banca Mondiale - critica “dall’interno” i metodi utilizzati dai tre organismi (la nefasta “troika”) che vorrebbero imporre il “libero mercato” e la “globalizzazione” a colpi di scure sullo stato sociale e sul lavoro, con una politica di rigore nella spesa, con una drastica leva fiscale, con l’apertura dei mercati ai cosiddetti “investitori” stranieri.
Tanto per fare un parallelo, Stiglitz è un po’ Soros e un po’ Keynes, con una manciata di prezzemolo all’italiana, stile ex ministro liberale Maertino, per intenderci. Non a caso èstato un seguace di Modigliani, anche se si è schierato l’anno scorso con il movimento di protesta “Occupy Wall Street”.
Ciononostante almeno parte della critica ai Magnifici Regolatori dell’Economia nostrani, europei, e internazionali, coglie nel segno. “La rigidità delle politiche non sono la soluzione”, afferma, ricordando lo sviluppo della miseria con le politiche iperliberiste scatenate contro la Russia pre-Putin e l’Argentina pre-Kirchner. Stiglitz, poi, non tace affatto sul ruolo da padre padrone (per il suo “azionista di riferimento”, gli Stati Uniti d’America) svolto dal Fmi a discapito delle nazioni più deboli. E ha denunciato il grave, e greve, ruolo della lobby privata Usa Isde (International Swaps and Derivates Association) che condiziona fortemente le politiche monetarie della Bce di Mario Draghi.
E polemizza con il “potere delle banche”, diventato oggi “anche politico” perché “i politici sono oggi guidati dal denaro”.
Al riguardo, Stiglitz è radicale: “Le banche- ha affermato - devono separare le attività commerciali da quelle di investimento”.
E’ quanto anche in Italia a suo tempo sussurrato dal ministro Giulio Tremonti e quanto andiamo ripetendo senza tregua nei decenni, noi.
Poi le sue ricette crollano in vaghe idee di incentivi all’economia dei “servizi” (turismo, sanità, istruzione), in una certa germanofobia (la Rft deve prendere in mano l’eurozona o togliersi, essa, dal sistema euro) e in mormorii sulla possibilità che un crack del sistema euro possa far tornare in auge monete nazionali più deboli che solleciterebbero un aumento delle esportazioni e quindi una ripresa produttiva.
Il suo discorso, nel complesso, (quello su una cura che sta uccidendo il paziente e quello sul ritorno degli Stati a una valuta nazionale) è un J’accuse di parte “liberale” nella forma accettabile. Tuttavia i tumori si sradicano nella loro sostanza. Il liberalesimo, una ideologia totalitaria che imperversa da oltre due secoli. Il liberismo è un suodiretto figlio. E l’iperliberismo monetario attuale è suo nipote...Lorenzo Moore









   
 



 
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