Moody’s ha deciso di offrire qualche mese di tregua all’Italia il cui primo ministro è, guarda caso, un suo ex consulente come Mario Monti. Sono i casi della vita che danno molto da pensare sulle modalità usate dalle agenzie di rating per esprimere giudizi sulle prospettive economiche di un Paese e sulla affidabilità e solvibilità futura dei suoi titoli di Stato. Di conseguenza Moody’s è intervenuta in maniera insolita per sostenere che le attuali turbolenze politiche avranno conseguenze limitate sul medio e lungo termine sull’affidabilità creditizia del Paese. La fine del primo governo Monti e le elezioni politiche dell’anno prossimo cambieranno ben poco delle linee generali di politica economica. E sicuramente non riporteranno al potere il centrodestra e Silvio Berlusconi che hanno perso buona parte del sostegno di cui godevano nel Paese a causa della propria incapacità di governare e degli scandali di natura sessuale. L’agenzia di rating siaspetta che il prossimo governo alla cui guida dovrebbe esserci Pierluigi Bersani mantenga gli elementi chiave della Legge di Stabilità. Affermazione che spazia tra le previsioni, le speranze e le minacce. Moody’s dà insomma per scontato che anche se Monti non si presentasse ufficialmente alle politiche dell’anno prossimo come candidato premier, l’Italia dovrà in ogni caso ricorrere a lui per completare il lavoro iniziato. O richiamandolo alla guida del governo per superare l’impasse di un Parlamento senza maggioranza, nel quale ad una Camera con una netta maggioranza PD si contrapporrà un Senato che invece ne sarà privo. O in alternativa chiamando Monti a ricoprire la carica di super ministro dell’Economia da spendere in Europa per assicurare la Germania e la speculazione anglofona che continueremo a fare i compiti a casa, riducendo debito e disavanzo, realizzando le riforme strutturali (lavoro più precario e più flessibile) e varando le liberalizzazioni e le privatizzazioni delleaziende pubbliche. Per Moody’s è essenziale quindi mantenere le riforme strutturali e il consolidamento di bilancio per preservare la solidità finanziaria del Paese e non creare altri problemi all’area dell’euro. Al tempo stesso Moody’s ha confermato il giudizio negativo (Baa 2) sui Btp decennali dell’Italia e sulle prospettive economiche del nostro Paese. Una maniera come un’altra per tenere sulle spine l’Italia e i suoi governi e ricordare che non possono permettersi di fare di testa propria. Purtroppo, anche se le agenzie di rating sono famose per aver sbagliato clamorosamente le valutazioni sulla solidità finanziaria e patrimoniale di Stati e società, come Moody’s per la poi fallita Lehman Brothers, i loro giudizi e i consigli di investimento sono presi in considerazione da migliaia di grandi e piccoli investitori sempre a caccia di titoli che assicurino un alto rendimento. Di conseguenza, un intervento di Moody’s come di Standard&Poor’s può avere conseguenze devastanti peri titoli di questo o quel soggetto che se qualche analista decide di riceverne al ribasso la valutazione in base a proprie considerazioni o peggio all’interno di una strategia della finanza Usa che attraverso un attacco ai Btp o ai Bonos spagnoli intende colpire il sistema dell’euro. A spingere Moody’s alla cautela è stata anche la mezza marcia indietro di Berlusconi che dopo aver decretata come finita l’esperienza negativa del governo Monti, anche a seguito degli attacchi ricevuti in sede europea, si è parzialmente corretto sostenendo che non si ri-candiderà a Palazzo Chigi se Monti accetterà di essere il candidato di un vasto raggruppamento di centro-destra moderato da contrapporre alla sinistra. Questa nuova disponibilità a fare un passo indietro accontentandosi di un semplice seggio da parlamentare ha avuto un seguito ieri alla Camera con il sì del centrodestra al decreto legge sullo Sviluppo. In realtà si è trattato di un sì parziale e di una approvazione tirata per i capellicon una percentuale di voti ridicola che denota il malumore di tutti i partiti verso l’attuale governo e la paura di essere puniti alle elezioni per aver avallato l’introduzione dell’Imu. I voti a favore sono stati infatti appena 261 e i contrari 55. Mentre 131 sono stati gli astenuti e 183 gli assenti. La commedia è continuata a Bruxelles dove Berlusconi è giunto ieri per partecipare al vertice del Partito popolare europeo che tradizionalmente precede il Consiglio europeo. Il Cavaliere è stato accolto dal gelo di buona parte dei colleghi che un tempo erano obbligati a tenerlo in ben altra considerazione e che ora dicono di non sopportare più le sue tirate “populistiche”. Per tutti ha parlato il presidente dell’Eurogruppo e primo ministro lussemburghese, Jean Claude Juncker che alla domanda cosa pensasse della presenza di Berlusconi, ha replicato di chiedere a lui cosa ne pensasse di essere a Bruxelles.Più chiaro di così… Più diplomatico è apparso il presidente dellaCommissione Ue José Manuel Barroso che ha spiegato di aver parlato “molto francamente” a Berlusconi" dell’importanza per l’intera Europa di avere un’Italia forte stabile e che prosegua sulla strada delle riforme avviata da Monti, la quale finora ha prodotto buoni risultati. E Berlusconi ha subito capito l’antifona invitando Monti a candidarsi ufficialmente. Monti, da parte sua, dopo aver incassato pure l’appoggio del Fondo monetario internazionale,ha cercato di spargere tranquillità. Qualunque sarà l’esito delle elezioni italiane, ha assicurato, ci sarà in Italia un governo che si collocherà nella linea tradizionale di un forte appoggio all’integrazione europea, perché questo è nel nostro interesse nazionale. Filippo Ghira Supervisione bancaria da marzo 2014 Mario Draghi può dirsi soddisfatto per i nuovi poteri che verranno affidati alla Banca centrale europea. Il meccanismo di vigilanza e supervisione sulle banche europee sarà infatti operativo dal 1 marzo del 2014. Iministri delle Finanze dei 27 Paesi membri dell’Unione hanno trovato un compromesso su una bozza di accordo nella quale viene riconosciuto il ruolo della Bce come responsabile del funzionamento del meccanismo che agirà in stretta collaborazione con le autorità di supervisione nazionale. Quindi con le singole banche centrali. La parola passa ora al Consiglio europeo, dove i capi di Stato e di governo non potranno che essere d’accordo nell’andare avanti. Ovviamente l’istituto presieduto dall’ex vicepresidente europeo di Goldman Sachs dovrà tenere separate le funzioni abitualmente svolte per gestire e indirizzare la politica monetaria da quelle di supervisione. Svolgerà quindi una attività di controllo su tutte le banche dei 17 paesi dell’Eurozona ma anche di quelle dei Paesi che decideranno di aderire al meccanismo. Ma Gran Bretagna, Svezia e Repubblica ceca hanno già fatto sapere che resteranno fuori. Restano in ballo gli altri 7 membri dell’Unione. E’ stato calcolato che sarannocirca cento gli istituti di credito che dall’1 marzo 2014 saranno monitorati dalla Bce. Banche con attività patrimoniali e finanziarie pari ad almeno 30 miliardi di euro o che abbiano un bilancio superiore al 20% del Prodotto interno lordo nazionale. I Paesi che non hanno adottato l’euro e che parteciperanno comunque al meccanismo di vigilanza bancaria avranno pieno e uguale diritto di voto all’interno del consiglio di vigilanza della Bce, che verrà creato dentro l’istituto di Francoforte. Per Mario Draghi l’accordo è un passo importante per la stabilità dell’unione monetaria ed economica europea e nell’ottica di una maggiore integrazione del sistema bancario europeo. Nel suo bollettino mensile, la Bce sostiene che la solidità dei bilanci bancari sarà un fattore chiave per agevolare sia un’adeguata offerta di credito all’economia sia la normalizzazione di tutti i canali di finanziamento. A giudizio di Angela Merkel, il fatto che i ministri delle Finanze della zona euro si sianomessi d’accordo su un quadro giuridico così complesso e per definire un meccanismo comune di vigilanza bancaria rappresenta un fatto di un valore inestimabile. Una svolta che per la Germania implica una accettazione della linea tedesca del rispetto delle regole e dell’adozione di un sistema operativo che sia vincolante per tutti.Andrea Angelini
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