La democrazia secondo Monti
 











È da qualche settimana, ormai, che il Foglio ragiona, con articoli e contributi vari, sull’ipotesi che la discesa (pardon, salita) in politica di Monti rappresenti soprattutto l’affacciarsi di un "nuovo" concetto di democrazia: ossia «l’idea di una democrazia depoliticizzata, messa in una certa misura al riparo dal vento dell’opinione pubblica, affidata a un’élite tecnicamente robusta e rigorosamente selezionata», per dirla con le parole del professore della Luiss Giovanni Orsina, l’ultimo in ordine di tempo ad essersi pronunciato sul tema sul quotidiano di Ferrara.
Nel nostro piccolo, questa "novità", o meglio che questo potesse essere uno scenario plausibile, lo avevamo già segnalato ben prima della "salita" in campo dell’ex tecnico Monti e con una certa preoccupazione. Ed è stato lo stesso Professore a fornirci la chiave per questa interpretazione con la sua semplice (si fa per dire) partecipazione, ormai storica e che è proseguita anchementre ricopriva il ruolo di presidente del Consiglio, al Gruppo Bilderberg e alla Commissione Trilaterale.
L’uno e l’altra, infatti, non sono solo (anche qui, si fa per dire) élite più o meno ristrette e supersegrete, lobby degli uomini più potenti del pianeta, che si riuniscono a porte più o meno chiuse in località esclusive e blindate. Sono essenzialmente filosofie o, per meglio dire, ideologie politiche ben precise, con un programma molto ambizioso ma altrettanto chiaro che lorsignori stanno tentando, con certosina pazienza (e con tutti i mezzi...), di concretizzare. E mai come ora sono stati così vicini dal realizzarlo, se non altro in virtù degli incarichi che ricoprono i loro "affiliati" (ci sono presidenti del consiglio, giornalisti, amministratori delegati di banche, multinazionali, ministri ecc) attraverso i quali possono esercitare senza troppe difficoltà la propria influenza su parlamenti, istituzioni e opinione pubblica.
Qual è questo programma politico? E’ prestodetto: «I Bilderbergers sono in cerca dell’era del post-nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali. Sarebbe a dire, un’economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderbergers si concentrano su di un "approccio maggiormente tecnico" e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale». (i neretti sono nostri). Sembra il ritratto di Monti, no? Eppure queste sono parole di William Shannon (morto ormai 24 anni fa), giornalista del New York Times, ambasciatore in Irlanda sotto la presidenza Carter e naturalmente membro del Gruppo Bilderberg.
Tradotto: si tratta di «un abile e coordinato sforzo per prendere il controllo e consolidare i quattro centri di potere: politico, monetario, intellettuale ed ecclesiastico grazie alla creazione di una potenza economica mondiale superiore ai governi politicidegli stati coinvolti» secondo la sintesi che ne fece nel 1979 l’ex governatore repubblicano Barry Goldwater. Ancora più esplicite le valutazioni contenute nel Rapporto della Commissione Trilaterale elaborato nel 1975 da tre suoi illustri membri (Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki) e che suscitò aspre polemiche: si denunciavano gli «eccessi della democrazia» (gli autori ce l’avevano con i movimenti di protesta dell’epoca) e il «sovraccarico del sistema decisionale» all’origine della crisi economica (sic!), per poi avanzare la proposta di un radicale cambiamento: meno intervento statale; più poteri ai governi e meno ai parlamenti (già sentita?); meno democrazia diretta.
In poche parole, per loro stessa ammissione i membri della Trilateral e del Gruppo Bilderberg si candidano ad essere i padroni del mondo, i costruttori di un «nuovo ordine mondiale» (parola di David Rockfeller, fondatore della Trilateral), al quale i paesi ricchi sono invitati a partecipare, unendo ipropri sforzi per promuovere la "stabilità" del pianeta attraverso la diffusione del modello economico dominante.
Il paradosso è che per avvicinarsi all’obiettivo Monti ha dovuto togliersi i panni del tecnico e indossare quelli del politico. Con tutte le conseguenze del caso.Romina Velchi









   
 



 
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