Capitalismo e Socialismo
 











Nei contesti più drammatici della disoccupazione e recessione non si perde occasione di ribadire l’insuperabilità del sistema capitalistico, la sua superiorità su tutte le alternative rivoluzionarie teorizzate e tentate fino ad ora ed invariabilmente naufragate, di sottolineare presunte potenzialità “taumaturgiche”, storicamente avvalorate, del capitalismo di resistere ad ogni contingenza negativa, superare i “disastri” delle misure politiche redistributive ed assistenziali, di ogni perturbazione politica del “sano”, libero giogo economico.
Oltre l’orizzonte del capitalismo si vede, si vuol vedere, pensare il vuoto di ogni possibile alternativa.
Il capitalismo è assurto, nel quadro pregiudiziale del discorso borghese, a nuovo dogma, paradigma assoluto di verità; contestabile esclusivamente su un piano puramente ideale quanto astratto, completamente sganciato dal reale come dalla razionalità. Un modo per prevenire, gelare ogni contestazione,proposito di rivolta.
Quando nessun ricambio appare possibile non rimane che la resa, la sottomissione alla classe antagonista.
Ma è proprio vero che la storia, la ragione pratica, ha innalzato, premiato, benedetto il capitalismo su ogni altro sistema economico-politico? Quale altro? La scienza economica definisce capitalismo l’organizzazione produttiva fondata sull’investimento di risorse in attività, agricole e industriali, con l’impiego di manodopera salariata, onde realizzare un profitto, un valore superiore a quello dei beni immessi nel processo produttivo. Da questo punto di vista non siamo mai usciti dal capitalismo.
Abbiamo conosciuto solo esperienze autoritarie, dittatoriali, immancabilmente fondate negli angusti limiti della prospettiva capitalistica. La verticalizzazione dei rapporti sociali e produttivi, il comando, la gerarchia e, di riflesso, la soggezione, mercificazione del lavoro ad ogni livello, è stata sempre la regola. L’espressione “capitale” derivando dallatino “capita”, traducibile in “gregge” chiarisce l’organizzazione sociale e produttiva del capitalismo come greggificazione dell’umanità.
Abbiamo conosciuto solo ed esclusivamente parentesi castigatoria nelle fasi più problematiche di credibilità della finzione democratica.
Le esperienze totalitarie del novecento, il socialismo reale e il socialismo nazionale, non fanno eccezione, non sono stati che un inganno per continuare a ripetere e addirittura ingigantire l’oppressione di sempre, continuare a sottrarre, in un terribile abbaglio ideologico, ricchezza ai suoi produttori, accumularla e ingigantirla nelle mani di un corpo parassitario di lestofanti e burocrati, nel potere di pochi privilegiati sulla vita di tutto il corpo sociale degradato in una condizione di assoluta minorità.
Nel socialismo reale, espressione della pianificazione economica stabilita e gestita unilateralmente da un manipolo di burocrati, naufraga addirittura ogni margine di autonomia personale e digruppo.
Tutto diventa volizione insindacabile dello stesso manipolo di burocrati: produzione, occupazione, investimenti, informazione radiotelevisiva, editoria, movimento spaziale interno ed esterno, emigrazione ed immigrazione, possibilità di continuare negli studi post-obbligo scolastico, residenza, alloggio del nucleo familiare.
Mentre nella democrazia reale la ricchezza usurpata alla collettività dei produttori diventa oggetto di oligopolio e programmazione economica e, almeno nei paesi più industrializzati e tecnologicamente avanzati, può resistere, almeno nei più ingenui, la finzione di un possibile indirizzo e controllo della società sulla programmazione economica (in realtà stabilito dall’equilibrio tendenzialmente instabile tra i principali soggetti economici del mercato oligopolistico, dalle manipolazioni dell’informazione operate dagli stessi), nel socialismo reale il capitale (ricchezza sottratta alla comunità operante) si concentra e accumula nelle mani di un solosoggetto, lo Stato, non come libera organizzazione del popolo sul territorio, potere disegnato dalla volontà generale, ma Stato nell’accezione storica di potere sovraordinato, diviso dai suoi destinatari, atto ad irreggimentare, indirizzare, sfruttare il popolo come carne da “spremere” ed eventualmente macellare. Un unico centro di potere, gli esponenti di un solo partito politico, una formazione di burocrati istituzionali di alto livello e grande potere, tali da configurarsi come una nuova classe sociale o, per meglio dire, riproposizione, dal passato remoto, di una casta.
Volendo, comunque, la situazione nei paesi a democrazia reale non è molto diversa da quelli a socialismo reale. Una pressione finanziaria (spesa pubblica) pari alla metà del prodotto interno lordo o addirittura superiore, è una forma di collettivizzazione o pianificazione nel senso che il discorso economico è affidato sostanzialmente alla casta politica.
Questo è vero soprattutto in Italia che registra la piùalta pressione finanziaria in Europa e, guardando al passato, come non riflettere che l’Italia di Mussolini sia stata decisamente più comunista dell’attuale Cina di Jinping che lascia il 70% del prodotto interno lordo al settore privato?
L’abbaglio di un presunto socialismo che radicalizza le tipologie strutturali dell’oppressione, pedissequamente ricalcate dal sistema borghese, nel pregiudizio ”scientifico – messianico” di una rinnovazio umana, maturata in una condizione di assoluta soggezione al capitalismo, al totalitarismo nella sua massima versione.
L’oligopolio si converte nel monopolio di ogni possibile produzione, di beni come di servizi; il multipartitismo parlamentare in monopartitismo; l’offerta diversificata in ogni punto vendita in offerta standardizzata.
Il socialismo reale non è l’alternativa al capitalismo ma una sua variante degenerata e, per alcuni aspetti, una retrocessione al passato remoto monarchico e feudale.
Una degenerazione che, in quanto tale,l’ha condannato al fallimento, obbligato a crollare sulle sue stesse gambe.
Ma se il capitalismo assoluto, travestito da comunismo, ha riconosciuto la sua sconfitta, sull’onda degli insuperabili disastri sociali al suo interno, il capitalismo oligopolistico, travestito da democrazia, ha solo la faccia tosta di non riconoscere le sue infinite più colpe, responsabilità umane ed ambientali, l’arroganza di scaricare all’estero, dalla sua casa in quella di altri, nei paesi più fragili, gli effetti più devastanti del sistema.
I disastri del capitalismo oligopolistico sono incommensurabilmente più gravi; continua a reggersi solo sull’infamia, piegando alla sua logica di potere, accumulazione capitalistica, popoli e nazioni, la più gran parte, costringendo tutti quelli che può alla “libera” competizione diseguale sul mercato globale, al libero confronto produttivo, commerciale, perfettamente equivalente ad un’ipotetica, “democratica” gara di velocità tra un povero in bicicletta e unricco al volante della sua Ferrari. La sconfitta può essere solo da una parte, la stessa parte; la vittoria invariabilmente dall’altra. Tutto è scontato, preordinato fin dall’inizio, ma si finge di non saperlo, di non comprendere la spirale di regressione economica nei paesi poveri, parallela al trend crescente nei paesi ricchi, e in una finta ignoranza, sbandierata innocenza, dichiarato solidarismo, appronta organismi internazionali dagli intenti diametralmente opposti a quelli dichiarati.
Quando la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale concedono finanziamenti agevolati ai paesi poveri il 90% del finanziamento torna subito, come un’eco, nei paesi del “paradiso” capitalistico, nelle sue affidabili banche, sul conto dell’élite indigena “compradorizzata”, trasformando l’interesse del 10 su 100 in quello del 100 per 100.
La prassi ormai secolare dell’usura internazionale: ad ogni scadenza gli interessi si trasformano in capitale, lo ingigantiscono e di anno in anno,facendo crescere fino all’inverosimile il capitale (mai giunto a destinazione) e il suo costo.
Il capitalismo oligopolistico ha fatto molto più danni e drammi del capitalismo monopolistico. La differenza consiste è solo nel metodo: mentre il secondo provoca e sconta i suoi disastri al suo interno, il primo riesce a farla franca rubando, depredando, massacrando popoli e paesi, la più gran parte del genere umano, obbligando i poveri alla competizione diseguale del mercato globale.
Sopravvive parassitariamente, trasformando interi continenti in lager o, più precisamente, in pattumiera, considerando il business dei rifiuti, smaltiti nel terzo mondo in cambio di armi, denaro, viveri. Dai dati raccolti dall’Agenzia internazionale per il lavoro dell’ONU sono almeno 15 milioni gli uomini che nel mondo lavorano senza salario in condizione di schiavitù.
I bambini costretti a lavorare con orari e condizioni igieniche che ne compromettono gravemente la salute, sono oltre 200milioni. Ognianno muoiono per fame milioni di persone, di cui ventiseimila bambini sotto i cinque anni.
Ottocento milioni le persone soffrono la fame, più di due miliardi di malnutrizione. Nel corno d’Africa la malnutrizione riguarda l’ottanta per cento della popolazione, in maniera talmente grave da far perdere i capelli, fino alla calvizie, le unghie e, talvolta, perfino il primo strato di pelle ai bambini. Quale genocidio più grande di questo? Un accidente o non piuttosto il portato di un’ideologia, una precisa visione e organizzazione politica?
Mai la Terra nei millenni storici ha registrato tante morti e devastazioni come oggi. Sostenere la superiorità del capitalismo, considerando il livello del reddito nazionale nei paesi più industrializzati, è un assurdo: la produzione non è più nazionale ma internazionale; mentre i guadagni restano interni, i costi sono esterni nella libera contrattazione al ribasso del fattore lavoro sul mercato globale, nell’appropriazione delle risorse economichein ogni parte del globo terrestre con guerre di liberazione dalle autorità nazionali che ancora resistono all’imperialismo globale, subito sostituite da personale compradorizzato.
L’ONU in questo contesto è congeniale all’oppressione. Il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza consente ai suoi membri permanenti di guadagnare l’immunità giudiziaria internazionale, la libertà di compiere impunemente qualsiasi crimine e, per converso, di elevarsi a tutore dell’ordine, della “sua” pace, di fare guerra agli infedeli del capitale e di trascinarli in catene nei “suoi” tribunali.
Capitalismo è privilegio di pochi fondato sullo sfruttamento, sulla rapina di molti, moltissimi.
La democrazia reale può reggersi solo facendo morte, lutto nel mondo, perpetuando l’ordine infernale nella minaccia dell’esclusiva detenzione di armi atomiche, pregiudicando possibili intese tra paesi sfruttati.Giovanni Luigi Manco










   
 



 
01-02-2016 - Perché gli Stati Uniti hanno deciso di distruggere il FMI?
08-11-2015 - Per gli italiani 8mila euro di tasse all’anno
02-11-2015 - Corte dei Conti contro l’8 per mille. "Pochi controlli, favorisce la Chiesa"
22-06-2015 - La stretta usuraia: eliminare il denaro contante
05-03-2015 - Un`Italia senza rappresentanza
27-02-2015 - Le Borse Ue guardano alla Germania: spread sotto quota 100 punti
16-02-2015 - Gli aiutini di Draghi alle banche usuraie
15-02-2015 - Cooperative, Guidi promette più controlli. Ma i tagli di Renzi fanno saltare revisioni
10-02-2015 - La mina derivati sull’Italia: esposta tre volte più della Germania
09-02-2015 - Tsipras smorza i toni: "L’accordo sul debito ci sarà". Juncker e Berlino lo gelano
04-02-2015 - Varoufakis da Draghi: "Incoraggiato". Tsipras: "Lavoriamo per accordo accettabile"
30-01-2015 - Sanatoria capitali al via: ecco il modello per aderire
19-01-2015 - La crisi raddoppia il patrimonio alle dieci famiglie più ricche di 20 milioni di italiani
14-01-2015 - “L’eurozona? Insostenibile. Tsipras valuti anche l’uscita dall’euro”
11-01-2015 - Ecco il piano Ue sulla flessibilità investimenti fuori dal Patto e meno tagli a chi fa le riforme

Privacy e Cookies