Le banche europee rimborseranno nella prossima settimana 12,5 miliardi di euro alla Banca centrale europea che fra novembre 2011 e febbraio-marzo 2012 ne aveva messi a disposizione ben 1.010,721 miliardi in prestiti triennali al modico e più che conveniente tasso di interesse dell’1%. Finora, sottolinea una nota dell’istituto centrale di Francoforte, presieduto dall’ex vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa ed ex governatore di Bankitalia, Mario Draghi, sono stati rimborsati 224,8 miliardi. L’operazione denominata Ltro, ossia “Long term refinancing operation”, è stata voluta da Draghi e dal direttivo della Bce per aiutare le banche europee che si erano trovate improvvisamente colpite da una crisi finanziaria e patrimoniale. Ciò era dovuto sia ad investimenti andati a male a causa della crisi finanziaria scoppiata in America nel biennio 2007-2008. Sia a causa di speculazioni vere e proprie che avevano visto le banche della zona dell’euroimpegnate in una vera e propria rincorsa delle modalità operative delle banche anglo-americane. Certo questo era avvenuto in misura minore a quanto fatto dai colossi di Wall Street e della City londinese ma era stato sufficiente a moltiplicare gli effetti della crisi finanziaria in Europa trasformandola in economica. Per talune banche poi, in particolare quelle francesi e tedesche le difficoltà, tanto per usare un eufemismo, erano derivate dalla eccessiva esposizione nell’acquisto di titoli pubblici greci. Un impegno che non era stato motivato soltanto dall’apparente convenienza dei titoli di Atene ma anche dalla strategia di colonizzarne l’economia acquisendone le imprese strategiche. Tanto per dirne una, prima della crisi greca scoppiata nel febbraio del 2011, Deutsche Telekom possedeva il 25% della principale azienda greca del settore. Niente insomma si fa per niente, non esistono filantropi o amici e allora le difficoltà delle banche tedesche e francesi sono derivate dallapropria voracità. Niente commiserazione quindi se non fosse che i problemi patrimoniali e finanziari delle banche europee hanno comportato serie conseguenze per i cittadini e le imprese che, in buona parte, si sono viste tagliare il credito. Per rimediare, almeno a parole a questo “inconveniente”, la Bce di Draghi ha messo in piedi questa operazione vincolandola, sempre a parole, alla concessione di credito appunto alle imprese e alle famiglie. Nel primo caso per aiutarle ad investire nell’innovazione tecnologica e quindi sostenere la crescita economica generale. Nel secondo caso per dare soldi alle famiglie per sostenere i consumi e quindi rilanciare la domanda interna. Il classico modello dell’effetto moltiplicatore keynesiano che, purtroppo, in questa occasione, almeno nella realtà italiana, è rimasto lettera morta. Niente o pochissimo credito per le une e le altre. Il credit crunch, almeno in Italia, ma anche nelle altre realtà, tranne forse la Germania, è una realtà. Le banchehanno infatti preferito usare quei soldi per ricapitalizzarsi e disporre di più risorse per affrontare il futuro che si presenta incerto. La crisi generale dell’Unione europea dipende anche da questo. Da una Bce che si è preoccupata poco e niente di controllare come quei soldi venivano investiti ed ora l’economia dell’eurozona è praticamente ancora ferma.Filippo Ghira
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