L’Italia ha collocato ieri Btp triennali per 3,32 miliardi di euro, a fronte di una domanda pari a quasi 1,3 volte l’offerta e Btp a 15 anni per 2 miliardi di euro con una domanda sempre di 1,3 volte tante. Come per l’asta di martedì, il Tesoro è stato obbligato ad offrire maggiori rendimenti per invogliare gli investitori, molti dei quali erano rimasti perplessi dopo il declassamento operato dalle principali società di rating sulla affidabilità e solvibilità dei nostri titoli di Stato sul lungo termine. Ma i titoli di martedì erano ad un anno e la domanda è stata di appena 1,5 volte rispetto all’offerta. In tempi normali sarebbe stata di 2-2,5 volte il che la dice lunga dello scarso entusiasmo di cui l’Italia gode in questo periodo. Non ci aiuta né il debito pubblico al 127%, uno dei più alti al mondo, né la riduzione del disavanzo al 3%, ottenuta con l’aggravio della pressione fiscale, trsmite Iva e Imu, che ha accentuato una recessione che si èriflessa negativamente sulle entrate fiscali e contributive. E che inoltre, diffondendo povertà, è la premessa per un ulteriore peggioramento della situazione. Anche Fitch, la terza società di rating dopo Moody’s e Standard&Poor’s, si era accodata nel ribassare il giudizio sull’Italia. Un giudizio che in questo caso aveva risentito del risultato delle elezioni politiche che hanno registrato il successo di una forza tra l’euroscettico e l’eurocontrario come il Movimento 5 Stelle di Grillo. Per avere acquirenti il Tesoro e il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli (nella foto con Monti) sono stati costretti ad offrire condizioni più onerose ma che devono tenere conto della concorrenza dei Bonos spagnoli, con i quali è stata messa in piede una vera e propria “guerra tra poveri”. Il rendimento dei Btp è salito al 4,67% contro il 4,71% dei Bonos, mentre lo spread con i Bund tedeschi si è attestato rispettivamente a 321 e 328 punti. Martedì lo spread Btp-Bund era a 310 ma sitratta comunque di un effetto non preoccupante che risente dello stato di quasi bonaccia finanziaria nei confronti dei titoli italiani. Uno stato di relativa calma che non è stato aggravato dalle dichiarazioni di Beppe Grillo al quotidiano tedesco Handelsblatt, nella quale il comico sosteneva che di fatto l’Italia è già fuori dall’euro e che le banche tedesche e francesi non aspettano altro che monetizzare i Btp in portafoglio per poi lasciare l’Italia al suo destino di bancarotta. Dichiarazioni che potranno pure creare nervosismo e confusione ma che, non avendo il Movimento 5 Stelle responsabilità di governo, lasciano il tempo che trovano. Certo che è curioso prendere atto che nonostante le grandi difficoltà finanziarie dello Stato italiano, nonostante l’instabilità politica che potrebbe durare mesi, non sia ancora partita una massiccia speculazione contro i titoli di Stato. In altri tempi questa situazione di incertezza avrebbe costituito un invito a nozze per i nemicidell’Italia. Più che la possibile attivazione dell’Esm, il fondo permanente salva Stati autorizzato a comprare titoli a lungo termine sul mercato secondario ed in grado di vanificare una speculazione al ribasso, hanno pesato valutazioni più politiche con la strategia di lasciare un po’ di respiro ad un esecutivo che, teoricamente, si dovrebbe dimettere ma che potrebbe pure rimanere in carica a gestire l’ordinaria amministrazione e creare il clima adatto per mettere in s-vendita le azioni delle imprese ancora sotto controllo pubblico come Eni, Enel e Finmeccanica. E’ questo insomma il metro di giudizio per capire quanto sta succedendo. Qualcosa comunque si muove. Fitch, la società franco-statunitense, la terza per importanza nel settore del rating, ha declassato i titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti. La CDP, controllata dal Tesoro con il 70% delle azioni, detiene in portafoglio il pacchetto di controllo dell’Eni (26,37%) e della Snam (29,99%) che l’Eni è stata costretta avenderle in seguito alle pressioni esercitate dalla finanza anglofona. Pressioni che, con la scusa di creare un gestore unico indipendente che offrisse a tutti gli operatori del gas pari possibilità di accesso, puntavano in realtà a scippare la Snam dal controllo dell’Eni che permetteva al gruppo guidato da Paolo Scaroni di essere l’unico gruppo mondiale dell’energia, presente in tutta la filiera sia del petrolio che del gas, dalla ricerca alla distribuzione. Un passaggio di azioni che il governo in carica non ha avuto alcun problema a sostenere. L’attacco alla CDP da parte di Fitch rappresenta quindi l’avvio delle grandi manovre di primavera per spingere od obbligare lo Stato italiano a realizzare questa nascita di un gestore indipendente e vanificare gli effetti degli accordi che l’Eni aveva realizzato con Gazprom. Una operazione che verrà presentata come necessaria per fare cassa e per ridurre il debito pubblico.Filippo Ghira
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