IL MISTERO DELL’ ACQUA PROFONDA
 











La maledizione del capolavoro è l’interprete che lo possiede, per i suoi occhi nel caso delle arti visive, per trasferirla sul pubblico nel caso di un dramma, perché un’opera di compiuta bellezza è di tutti e perciò di nessuno. Così è sempre un atto di prevaricazione volerla incasellare in una lettura piuttosto che in un’altra. Nel caso de La Donna del Mare di Ibsen, di scena per una sola sera al Teatro Eliseo, avere cercato di strutturare l’opera secondo canoni storici è forse nociuto più della flebile interpretazione della protagonista. Così la larga parentesi iniziale, inventata dal regista, con tre personaggi in scena, uno dei quali rappresenta Eleonora Duse in cerca del maestro per un estremo saluto, e di un suggello, quasi volesse farsi consegnare Ellida, la protagonista, per un per sempre, relativo quanto l’attività umana, fosse pure della più grande diva del suo tempo, e fare comparire poi nel finale la stessa diva prossima alla suapersonale dipartita in quel di Pittsburg, è certo una trovata che più che chiudere a cerchio l’opera, la conchiude in un rigore soffocante, che toglie al capolavoro quell’alone di mistero e quella libertà cui la protagonista anela per tutti gli atti della commedia. Ellida e il mare: elemento amniotico, binomio naturale in questa donna ondina che cerca la libertà dell’acqua profonda e che si è costretta, dopo il matrimonio con il vedovo dott. Vangel e la convivenza astratta con le sue figlie, a vivere nella palude senza sbocco di un fiordo. E che tuttavia passa le sue giornate al largo, lasciandosi permeare dalla carezza delle onde, nuotando inesausta per ore, in compagnia del suo mistero. Un mistero che l’allontana dal mondo ristretto di un matrimonio accettato senza troppo entusiasmo e non consumato, un mistero collegato al mare, con il quale ha suggellato le nozze con un bel marinaio, legando le due fedi e affidandole alle profondità delle acque: un giuramento eterno. Poi lui erapartito e la voce del porto aveva diffuso di un naufragio nel quale aveva perso la vita. Ed Ellida entrava in acqua e nuotava finché nelle orecchie non sentiva rimbombare l’eco di parole d’amore non più ascoltate, perché lei aveva spezzato quel giuramento. Il mare racconta il suo bisogno assoluto di libertà che sconfina nel bisogno d’amare. Un sentimento che la unisce con corde invisibili a tutti gli altri personaggi, prigionieri di sé, dei mostri che vivono appena al di fuori dalle certezze del fiordo. “ La donna del mare “, testo edito nel 1888, è un’opera tutta percorsa da una tensione poetica trascinante, sul piano della struttura compositiva ha momenti di straordinaria suggestione, scanditi quasi da un ritmo lirico con il quale Ibsen affronta tematiche come la libertà e il bisogno di scegliere in funzione di essa il proprio destino, la presa di coscienza della personalità umana, specialmente nella donna, oggi come allora attualissimi. Quando Ellida, che lo ha sempre come temuto,si ritrova di fronte redivivo l’uomo con il quale aveva stretto il patto nuziale, che pretende di averla per sé per diritto prioritario, il sentimento dell’attesa immanente che permea il dramma trova il suo naturale sfogo in una certezza: Ellida non lascerà il dottore e le sue figlie per gettarsi fra le braccia del marinaio, e la sua decisione è determinata dalla libertà che le consente il secondo marito di scegliere. Lo spettacolo al Teatro Eliseo ha la regia di Claudio Jankowski, che utilizza il libero adattamento e la drammaturgia sul testo messi a punto da Maria Letizia Compatangelo. Le scene semplici ed eleganti che riproducono un’ambientazione liberty sono di Eva Meucci, assieme ai costumi che ripropongono l’epoca. In scena Anna Maria Cittadini, e Alessandro Bellico con la partecipazione di Stefano Abbati e Alioscia Vaccaro e con i giovani Veronica Boscarello, Alessia Carbonaro, Silvia Capizzi, Federico Pastore, Simone Ruggiero e Emma Paoletti. Franzina Ancona









   
 



 
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