Il film e ancora un’opera d’arte?
 











"Ho tratto spesso un insegnamento importante da un film stupido", dichiaro una volta Ludwig Wittgenstein.
Dobbiamo allora restare indifferenti di fronte all’invadenza di film senza qualita? E magari anche violenti o sconci?
Il rapporto dei filosofi con le immagini e duplice. Da un lato, c’e una sfiducia profonda in qualcosa che appare allo sguardo come una lusinga. Dall’altro, c’e una fiducia illimitata in qualcosa, l’immagine appunto, che appare come una forma di liberazione dagli schemi del reale. In effetti, l’immagine puo dar luogo a usi benefici e fecondi; oppure malefici e sterili. Il vero problema, evidenzia lo studioso francese Jean-Jacques Wunenburger, e quello di determinare, per ogni tipo d’immagine, "la linea di demarcazione tra verita e illusioni, liberta e alienazione". Ogni rappresentazione per immagini puo essere alienante. O, al contrario, puo liberare creativita.
La denuncia della funzione corruttrice delle immagini, deiloro effetti nocivi, e un atteggiamento assai ricorrente. Gia Platone denuncia l’illusione di verita insita nelle immagini: perche simulano una realta fittizia. Le immagini fingono il vero. Anziche predisporre l’anima a ricercare essa stessa la verita. Inoltre, esse agitano le passioni e spengono la coscienza critica. Le immagini finiscono dunque per rafforzare false credenze e pregiudizi.
La proliferazione delle immagini nella societa dei media falsa il nostro rapporto con la realta stessa. Perche tutto il reale diventa immagine. Avverte Wunenburger: "La relazione con l’immagine si riduce sempre piu a un’attivita di consumo, che annichila la partecipazione soggettiva dello spettatore, al quale vengono a mancare tanto il tempo della critica quanto il tempo del sogno". Lo sguardo bombardato dalle immagini rischia di diventare cieco. Un’etica delle immagini e dunque urgente. In particolare per le immagini in movimento che realizzano la "settima arte", il cinema. Non si tratta di faredel moralismo. Ne di porre estrinseci paletti all’espressione artistica. Le vie della censura sono tramontate. Non fosse altro perche sono cambiate le modalita di fruizione dei film. Il pubblico/spettatore non e una massa indistinta. E assai differenziata al suo interno; per eta e per varieta di approcci al mondo. La sala cinematografica non e piu il luogo privilegiato dell’esperienza di visione. E sparito il rito della fruizione cinematografica; che prevedeva accese discussioni con gli amici di scelte, valori, giudizi; un confronto serrato tra gusti e predisposizioni alla visione di generi specifici. La sala ha perso la sua aurea: quella soglia verso il mondo dei sogni si e dissolta. Il cinema e oggi fruito in altri luoghi, in Rete soprattutto e in forme nuove. Talvolta frammentarie.
Da questa constatazione muove l’analisi del semiologo Dario Edoardo Vigano, docente alla Pontificia Universita Lateranense e direttore del Centro Televisivo Vaticano, nel libro "Etica del cinema" (LaScuola editrice). L’autore, in maniera originale, focalizza l’attenzione sulla "relazione tra l’istanza narrante e lo spettatore, sulla possibilita di cooperazione nel testo e la previsione di uno spazio vuoto, lo spazio della libera responsabilita dello spettatore". E quest’attenzione verso la coscienza del pubblico a distinguere il buon cinema da quello cattivo. La forma del film etico e quella interrogativa: "E la domanda a garantire la liberta dello spettatore di produrre autonomamente risposte, di costruire la propria responsabilita spettatoriale (umana) sulla base degli input che il testo offre alla sua coscienza". Non c’e etica senza liberta, e non c’e liberta se ci sono solo risposte.
Il primo capitolo tratta la censura. Vigano evidenzia i limiti di un approccio puramente giuridico. E difficile definire il concetto di "buon costume". Lo dimostrano due casi emblematici: "La ricotta" (1963) di Pier Paolo Pasolini e "Ultimo tango a Parigi" (1972)di Bernardo Bertolucci.Vilipendio e oscenita, sono le accuse rivolte ai due autori. Ne le cose vanno diversamente in altri Paesi. Negli Stati Uniti il film di Roberto Rossellini "Il miracolo" fu vietato perche giudicato blasfemo dalla commissione statale di censura di New York. Nel 1952 la Corte suprema dichiaro che i film erano protetti dalla liberta di espressione sancita dal Primo emendamento. Successive sentenze chiarirono che i film potevano essere censurati solo se accusati di oscenita, definita tuttavia in modo vago e restrittivo. Nel sistema cinematografico hollywoodiano l’impegno per una regolamentazione e una revisione trova il maggior contributo non tanto nello Stato quanto nell’industria stessa. Il riferimento era il Codice Hays: un sistema di auto-censura cinematografica composto di una serie di principi etici e di specifiche indicazioni che regolano cio che si puo far vedere, dire e raccontare nel cinema americano. La televisione l’ha fatto proprio ed e diventato un modello per altri Paesi. Laproliferazione dell’industria del porno dimostra quanto inefficace siano le vie della censura.
Il secondo capitolo delinea una possibile "etica del cinema". Definita, utilizzando suggestioni di Hans-Georg Gadamer e Paul Ricoeur, come "la modalita attraverso la quale il dispositivo filmico costruisce un sapere attraverso il vedere". Un film e un’opera d’arte quando, nel dirci qualcosa, ci mette "a confronto con noi stessi". E ci fa scoprire qualcosa che e nascosto. Il cinema e uno sguardo profondamente rivelatore. In questo, etica ed estetica convergono. Perche lo sguardo non soltanto e forma propria del vedere dell’uomo. Bensi anche luogo di ascolto libero e responsabile, esercizio di relazioni: "laboratorio del giudizio morale". Per realizzare, direbbe Ricoeur, "la prospettiva della vita buona, con e per l’altro, all’interno di istituzioni giuste".
Con questa prospettiva, il terzo capitolo indaga esempi di cinema in grado di aprire domande su questioni vitali. Come quellebioetiche: dalla giustificazione morale dell’aborto, alla fecondazione assistita; dalle biotecnologie all’eutanasia e al trapianto d’organi.
Il cinema ha saputo mettere in scena le grandi sfide della vita e della morte. Per lo storico Francesco Casetti, lo sguardo del cinema "ha avuto sia una valenza esplicativa sia una valenza regolativa; esso e riuscito a proporre e insieme un poco a imporre". Lo spettatore fa esistere il testo nel momento stesso in cui inizia a interagire con esso nei modi piu diversi. E in questa relazione multiforme che emerge la questione etica. Lo spettatore deve lasciar agire la propria liberta responsabile e consapevole in relazione al discorso che il film sviluppa. Deve articolare la propria azione interpretativa senza che il testo ne prefabbrichi una per lui.
Film sull’eutanasia, come "Mare dentro" (2004) di Alejandro Amenabar, o sull’aborto, come "Il segreto di Vera Drake" (2004) di Mike Leigh, dissimulano il proprio punto di vista. Coinvolgonoemotivamente lo spettatore "al punto da spingerli a una forzata adesione alle scelte dei protagonisti, alle visioni etico-antropologiche degli autori". Altri film invece, come "Million dollar baby" di Clint Eastwood e "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni" di Cristian Mungiu, suggeriscono ipotesi, contraddizioni, incertezze. Mai chiuse in un punto di vista univoco o predeterminato.
E con ricchezza di sfaccettature che il cinema dovrebbe guardare e mostrare le grandi questioni dell’esistenza. Racconti, proposte di relazione tra testo, contesto e spettatore, rimarca Vigano, "aprono al gioco della liberta responsabile dello sguardo, nella consapevolezza che una scelta, di adesione o meno, e sempre esercizio di crisi, di taglio, di presa di posizione". Esercizio di liberta e per questo pedagogia del faticoso mestiere di essere uomo.
Il cinema e capace, insomma, di offrire anche sguardi diversi, rispettosi dinanzi a questioni problematiche. Dinanzi a tali opere, lo spettatore ha differentisuggestioni, da esplorare, da esaminare; ma esse non lo costringono a un’adesione forzata. "Non esiste questione - conclude Vigano - che non abbia diritto di essere raccontata e messa in scena purche cio non avvenga attraverso l’insincerita, la superficialita o, peggio ancora, con finalita surrettizie che portano alla manipolazione ideologica". Cioe all’inautenticita dell’arte. Pasquale Rotunno










   
 



 
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