Scomparsa di un esule militante e umanista
 







di Silvana Silvestri




Non abbiamo dimenticato Jules Dassin, il regista di La città nuda, Mai di domenica, Topkapi, che, esiliato dagli Usa decise di vivere in Grecia, visse poi a Parigi per allontanarsi dalla dittatura (e ne restano tracce nel nome pronunciato sempre alla francese) per poi fare ritorno ad Atene con la compagna di lotta Melina Mercouri. Militante fino al suo ultimo giorno, esule dal maccartismo, la sua morte è avvenuta il 31 marzo ad Atene a 96 anni per complicazioni influenzali, mentre era in cura per una frattura all’anca. Non lo abbiamo dimenticato perché ne abbiamo scritto varie volte su queste pagine, l’ultima in occasione di un incontro eccezionale con i suoi film di cui alcuni mai distribuiti in Italia o inediti, al Festival del cinema europeo di Lecce del 2003 dove si tenne una sua personale e lo si ascoltò in collegamento video, perché le sue condizioni di salute non permettevano per cautela l’attraversamento del breve tratto di mare. Chi ha partecipato aquell’appuntamento conserva il ricordo di una grande personalità, una sferzata di giovinezza. Negli ultimi anni era quasi totalmente impegnato per la Fondazione Melina Mercouri, a riportare in Grecia i marmi del Partenone venduti dai turchi agli inglesi ed esposti al British Museum e che infine saranno nella nuova sede del Museo che verrà inaugurata tra due mesi.
Ha vissuto varie vite Dassin e in luoghi diversi: un americano a Parigi, a Roma, ad Atene....ma il suo nome sarà legato per sempre al noir, ragazzo del 1911 che frequentò le scuole nel Bronx, esordì nel ’36 come attore nell’Yiddish Proletarian Theater, figlio di un barbiere ebreo ucraino che conosceva tanto bene i meccanismi delle metropoli e le diseguaglianze della società da metterle in scena in modo inaudito nei suoi film più famosi: Forza bruta (’47) film carcerario antiautoritario scritto da Richard Brooks, interpretato da Burt Lancaster, La città nuda (’48), camera a mano portata per le strade, due opere in cui latradizione del documentarismo americano si fa largo per raccontare la ferocia della metropoli e il disagio sociale (e c’è da dire che prima di questi film aveva già realizzato sette film, quasi tute commedie). Di genere noir sono ancora I corsari della strada (’49) e I trafficanti della notte (’50) ambientato a Londra. Si trattava semplicemente, raccontava, di raccontare la realtà dentro i limiti del genere noir, che lui stesso contribuì a ricodificare con una ferocia degna della situazione del dopoguerra: il maccartismo lo colpì inserendolo nella lista nera, denunciato da Dmytryck come comunista di fronte alla commissione per le attività antiamericane e lui restò in Europa per il resto della vita, tranne che per brevi viaggi, sperimentando poi altre forme di violenza e censura politica. Non si può dimenticare quelle che subì in Francia, dove avrebbe dovuto girare L’ennemi public n. 1 e che poi girò Verneuil, si disse, per pressioni politiche contro di lui. E sceso in Italia si scontròcontro la nostra censura ben collegata con gli Usa: gli fu proibito un film da Flaiano sul colonialismo italiano in Africa, e intervenne poi direttamente Claire Bloom Luce per impedirgli di lavorare in Italia, dove con Brancati aveva un progetto su «Mastro Don Gesualdo». Il ministro Scelba lo bloccò dicendo che non era il caso di fare dell’Italia una colonia di esiliati americani. È proprio un film degli anni del maccartismo che avrebbe voluto girare negli ultimi anni e, tra gli altri, non ha potuto fare. L’incontro con Melina Mercouri al festival di Cannes fu fatale per tutti e due, lui presentava Rififi, il noir preferito di Truffaut, lei Stella di Kakoyannis. Inizia un sodalizio più che personale, politico, culturale. Lei era già il simbolo di un paese, appartenente a una famiglia della grande borghesia di destra, il nonno sindaco di Atene, si era addirittura iscritta alla Scuola di teatro Nazionale. Quando compare sullo schermo è già stata Medea e Clitennestra. In quegli oscurianni cinquanta, è un simbolo di emancipazione: Dassin le offrirà Mai di domenica, ma è lui che scopre un mondo sconosciuto e vitale, e in particolare l’ambiente del rembetiko, del bouzouki, i bassifondi che hanno dato tanto materiale alla musica greca e che arriveranno agli spettatori grazie alla musica del maestro Manos Hadjidakis, musica misteriosa della malavita arrivata agli Oscar con la canzone «I ragazzi del Pireo» che aprì la strada alle musiche di Teodorakis. Melina sarà la sua attrice anche drammaticamente in Fedra, affascinante avventuriera in Topkapi (’64) che fece ottenere un Oscar a Peter Ustinov. Melina Mercouri diventa il grande simbolo della lotta alla dittatura e, di nuovo esule, Dassin accompagna la moglie a Parigi, a Londra, dove erano i centri della resistenza per poi tornare definitivamente in Grecia dopo la caduta dei colonnelli. Il ricordo di quegli anni esiste in un film mai uscito neanche in Grecia, The Reharsal del `74, girato in un deposito di New York,ricostruzione dei fatti del Politecnico di Atene in cui furono uccisi 40 studenti, con Laurence Olivier grande amico del regista. La vita, diceva, lo ha portato a vivere in Grecia, ai greci con i suoi film ha scritto lettere d’amore. Ma confessava che avrebbe voluto fare ancora un film sulla misteriosa New York.de Il Manifesto









   
 



 
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