Un pachiderma lanciato nel paese della tolleranza
 







di Thomas Martinelli




Per fare l’albero ci vuole un fiore. Accorciando il testo di Rodari musicato da Sergio Endrigo e Luis Bacalov, la filastrocca racchiude perfettamente il divertente film animato Ortone e il mondo dei Chi. Diretto da Jimmy Hayward e Steve Martino (entrambi in Blue Sky Studios, supervisionati dalla 20th Century Fox, già su Robots), il lungo cartoon è tratto dall’omonima favola pedagogica del Dr. Seuss. Morale della storia, ribadita più volte, è che «una persona è importante, per piccola che sia», ma lo svolgimento è tutt’altro che didascalico.
Con un lungo piano-sequenza all’inseguimento di un riccio-seme trasportato dolcemente dal vento si finisce fra le attente zampe d’elefante del protagonista. Animale nobile d’animo e capace di intravvedere un altro mondo possibile in quel fiore che tiene con cura, Ortone si abbandona a una fantasia che si rivela reale, ma anche viceversa. E mentre in rima baciata la voce narrante (quella di Carlo Valli inItalia) ci guida e ci allieta fra dimensioni diverse, il film ci trasporta continuamente fra due livelli spaziali contingenti: quello della giungla geograficamente improbabile (mai visto pachidermi e canguri nello stesso habitat libero) e quello minuscolo che popola il fiore. È la città di Chi non So, popolata da esserini indefinibili ma ben definiti, con tanto di sistema sociale, ordinamento politico, famiglie e celebrazioni. Retto dal Sindachì, carica ereditaria trasmessa da padre in figlio, il leader di questo minimondo ha qualche problema nell’affermare la propria autorevolezza. Il che può essere rischioso per tutti quando è in pericolo l’esistenza stessa del proprio pianeta condiviso e che sta tutto nella proboscide di un essere grande quanto l’universo.
È questione di punti di vista, ma qualunque siano le dimensioni o le forme, l’incapacità di accettare una concezione diversa non può che portare al disastro. Così la pragmatica e autoritaria Cangura (doppiata da VeronicaPivetti), che rintuzza il proprio piccolo nel tascone e lo fa studiare alla scuola privata affinché non si inquini con idee strane, contrasta la visione idealistica di Ortone (in italiano Christian De Sica, in inglese Jim Carrey) in nome della realtà. «Se non puoi vedere, sentire o toccare qualcosa, allora non esiste» sentenzia la marsupiale fuoriluogo, determinata ad aizzare il popolino bruto dei macachi fino ad estreme conseguenze giustizialiste e fascistizzanti contro il buon elefante. Ma come l’Amleto di Shakespeare, Ortone sa di sicuro che ci sono più cose in cielo e in terra di quanto la scienza ufficiale non possa spiegare, e anche i piccoli amichetti - cangurino compreso - ci credono. Anche perché fra pachiderma e Sindachì c’è un canale di comunicazione, viatico che risolve infine tutte le crisi aperte.
Versatile, veloce, istrionico e poetico, Ortone è gustosamente spettacolare e credibile. Animazione curata e dinamica, scrittura, citazioni che vanno dalle anime giapponesia Kubrick, e colonna sonora (unica caduta la canzoncina melensa consolatoria che i produttori Usa e loro emuli sono convinti sia necessaria) ci conducono in questa convergenza cosmica. Il principio di relatività è ben evidenziato dal divertente montaggio alternato causa-effetto, cosicché ogni movimento brusco del buon bestione ha ricadute travolgenti sul popolo delle bestioline. Così il travagliato attraversamento del ponticello precario in corda e legno sopra lo strapiombo da parte del peso massimo si ripercuote nella bocca del Sindachì, sotto i ferri del dentista. Oltre la globalizzazione.de Il Manifesto









   
 



 
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